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Figli - Hijos - Hijos

Regia:Marco Bechis
Vietato:No
Video:Cecchi Gori
DVD:Cecchi Gori
Genere:Drammatico
Tipologia:La memoria del XX secolo
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Marco Bechis, Lara Fremder
Sceneggiatura:Marco Bechis, Lara Fremder
Fotografia:Fabio Cianchetti
Musiche:Daniel Buira, Jacques Lederlin
Montaggio:Jacopo Quadri
Scenografia:Caterina Giargia, Paolo Polli
Costumi:Caterina Giargia
Effetti:
Interpreti:Carlos Echevarria (Javier Ramos), Julia Sarano (Rosa Ruggeri), Stefania Sandrelli (Victoria Ramos), Enrique Pyneyro (Raul Ramos), Evita Ciri (Alessandra)
Produzione:Vittorio Cecchi Gori e Amedeo Pagani
Distribuzione:Cecchi Gori
Origine:Italia
Anno:2001
Durata:

100’

Trama:

Argentina, dicembre 1977. Durante la dittatura militare due gemelli, maschio e femmina, vengono separati alla nascita. Milano, gennaio 2001. Javier Ramos, un giovane benestante, riceve la visita di Rosa, una ragazza argentina che gli ha spedito numerose e-mail e che sostiene di essere sua sorella gemella. Javier non le crede ma, attanagliato dal dubbio, la segue a Barcellona. Qui i due incontrano l'ostetrica che riferisce su come si sono svolti i fatti. Al momento della loro nascita, lei era riuscita a mettere in salvo la bambina, mentre i coniugi Ramos, fingendo una gravidanza della moglie, aveva portato via il maschio. Javier convince Rosa a fare l'esame del DNA. Mentre anche i coniugi Ramos arrivano a Barcellona e hanno una violenta discussione con Rosa, il test del DNA dice che tra Rosa e Javier non ci sono legami parentali. Loro non sono fratelli, ma lui è comunque figlio di desaparecidos: Ramos infatti a quei tempi era pilota militare sugli aerei che gettavano nel vuoto i dissidenti. Javier torna in Italia dai genitori. Poi, come fa per passione e sport, sale sull'aereo e si getta col paracadute e sembra che stavolta precipiti nel vuoto. Buenos Aires, marzo 2001. Javier e Rosa marciano per le strade della città. Fanno parte di un gruppo di giovani, figli dei desaparecidos, che protestano contro il fatto che un generale della dittatura sia in libertà.

Critica 1:A parte una leggera perplessità sulla scelta della trasferta barcellonese, 'Figli' è un film quasi perfetto: misurato e intenso a un tempo, capace di produrre emozione senza estorcerla, realistico ma ricco di risonanze simboliche. Una questione di stile. Pur raccontando la forte vicenda con partecipazione, Bechis sceglie contemporaneamente il ruolo di un osservatore esterno. (...) Accurata anche la colonna sonora, che alterna lunghe pause di silenzio con un crescendo di percussioni culminanti nella (e motivate dalla) sequenza finale. Stefania Sandrelli è convincente nella parte di una madre italiana in ambasce. Molto bravi i giovani protagonisti: Carlos Echevarria, già visto come un aguzzino in Garage Olimpo, e Julia Serano.
Autore critica:Roberto Nepoti
Fonte criticala Repubblica
Data critica:

2/2/2002

Critica 2:Secondo le informazioni fornite dall’associazione Nonne di Plaza de Mayo, alla fine degli anni ’70 erano circa cinquecento i bambini sottratti dopo la nascita ai desaparecidos argentini. Di circa la metà non si è saputo più nulla e solo settantadue di loro sono stati individuati con certezza. Adesso hanno tra i venti e i venticinque anni. Sessantotto hanno deciso di vivere con i parenti dei genitori naturali e solo quattro sono rimasti nelle famiglie acquisite, di solito quelle di ufficiali della dittatura militare.
Parte da qui il film di Marco Bechis Figli/Hijos: o meglio, si ricollega al progetto del film precedente, Garage Olimpo, cercando di sviscerare un’altra pagina nerissima della storia argentina. A dire il vero le due pellicole dovevano essere ancora più legate e Bechis, che gira preferibilmente in continuità (ovvero rispettando la successione narrativa delle singole sequenze) pensava di realizzarle insieme utilizzando gli stessi attori. Poi esigenze produttive e la mancanza di una sceneggiatura unitaria hanno reso impraticabile l’operazione, sulla carta molto interessante. Restano tuttavia alcuni tratti comuni. Ad esempio l’ossessione della ricerca espressa attraverso la sensibilità dei protagonisti al richiamo dei legami familiari. I quali danno l’idea del forsennato desiderio di sopravvivere alla contingenza politica (in Argentina si vorrebbe definitivamente chiusa la riflessione sulla dittatura di Videla), recuperando le radici di una comunità (quella dei vari associazionismi legati al fenomeno della desaparicion, prima ancora di quella di un popolo) nata da una tragedia collettiva. Una madre che cerca una figlia (Garage Olimpo), una sorella che cerca un fratello (Figli/Hijos): in quest’ultimo caso, scrive Adriano Sofri introducendo la sceneggiatura dei film, "la ferita dei figli è anche la ferita dei fratelli: di una sorella che cerca un fratello. Un’Antigone della sepoltura e del disseppellimento. All’ostetrica coraggiosa spetta il ruolo del pastore Polibo con il piccolo Edipo". La storia di Rosa sulle tracce di Javier, il presunto fratello, procede seguendo il formarsi di una reciproca identità, attraverso tappe psicologicamente molto dolorose: la sintonia generata dal coinvolgimento nella stessa drammatica esperienza; il viaggio metaforico da Milano a Barcellona per scoprire la verità incontrando l’ostetrica e sottoponendosi all’esame dei DNA; la conoscenza fisica dell’altro, che in questo caso non è altro da sé, raffigurata nella bella sequenza del disvelamento, a letto, dei propri corpi. L’esame genetico dà un risultato negativo ma alla fine del film vediamo ugualmente Javier sfilare a Buenos Aires insieme a Rosa e a molti "Hijos". Il legame di sangue, vero o presunto, non è più significativo perché conta la radice comune che lega Javier alla storia degli altri. E il discorso si può ampliare: da Javier allo spettatore, idealmente chiamato a partecipare a quella manifestazione che cerca di far emergere orrori che riguardano tutti.
Le radici, dunque, e il rimosso. Non a caso il libro di Marco Bechis si intitola Filmare la violenza sotterranea. Nella metafora c’è naturalmente un dato oggettivo ed è lo stesso regista a suggerirlo in un passaggio dei testo: "(...) l’Argentina del 1978 durante i mondiali di calcio, trecento campi di concentramento sotterranei e migliaia di giornalisti di tutto il mondo a seguire una partita". Con Garage Olimpo e Figli/Hijos il regista italo-cileno, nato e vissuto per vent’anni in Argentina, sembra quasi voler risarcire il nostro debito di verità denunciando la cecità degli occhi del mondo (un mondo complice, purtroppo) oggi come allora. E subito dopo facendo riemergere le tracce dell’orrore, gli indizi e la sporcizia della Storia. La sua sfida giustifica molte scelte estetiche e ideologiche. I prigionieri incappucciati e bendati di Garage Olimpo o l’atteggiamento di Javier, che all’inizio di Figli/Hijos si ostina a non voler sapere/vedere. I primi alla cecità sono costretti: in quanto oppositori politici, avevano come grande colpa proprio quella di avere guardato troppo, e con lucidità, nel cuore del regime. Il secondo è invece reso cieco dalla capacità di mimetizzazione del male. In questo senso Stefania Sandrelli e Enrique Pineyro, rispettivamente madre e padre di Javier, sono straordinarie maschere dell’orrore reiterato, burocratizzato, inconsapevole.
Anche l’opacità della fotografia di Figli/Hijos (ottimo l’operatore Fabio Cianchetti) si pone come filtro e ostacolo allo sguardo, che fatica ad andare oltre la nebbia, il freddo palpabile o l’umidità dell’inverno brianzolo (splendida la sequenza che mostra Javier e il padre in barca, a pesca) o di quello assai più impenetrabile che ottenebra le coscienze.
Autore critica:Mauro Gervasini
Fonte critica:Segnocinema n. 112
Data critica:

11-12/2001

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



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