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Ivan il Terribile - Ivan Groznyi

Regia:Sergej Michailovic Ejzenštejn
Vietato:No
Video:General Video, Skema, Colors Company, San Paolo Audiovisivi
DVD:
Genere:Storico
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Sergej Michailovic Ejzenštejn
Sceneggiatura:Sergej Michailovic Ejzenštejn
Fotografia:Andrej Moskvin, Eduard Tisse'
Musiche:Sergei Prokofiev
Montaggio:Esfir Tobak
Scenografia:Isaak Spin'el
Costumi:Leonid Naumov
Effetti:
Interpreti:Nikolaj Cherkasov Ivan Iv, Lyudmila Tselikovskaya Anastasia, Serafima Birman Boiarina Starickaja, Mikhail Nazvanov Principe Andrej Kurbskij, Michail Zarov M. Skuratov, Amvrosi Buchma Aleksei Basmanov, Mikhail Kuznecov Fedor figlio di Aleksej Bosmanov, Pavel Kadocnikov Vladimir Andreevic figlio di Boiarina Starickaja, Andrei Abrikosov Principe Fedor Kolycev, Aleksandr Mgebrov Arcivescovo Pimen, Maksim Michajlov Protodiacono, Pavel Massl'skij Re Polacco, Vsevolod Pudovkin Nikolaj, Il fanatico, Erik Pyr'ev Ivan da bambino, A. Rumnyov Straniero, Semyon Timosenko Ambasciatore di Livonia
Produzione:Mosfilm - Coks
Distribuzione:Cineteca Nazionale - Ficc
Origine:Urss
Anno:1944
Durata:

100'

Trama:

In un' ambientazione suggestiva e ieratica viene narrata per sommi capi la storia del prima grande Zar della Russia. Dalla sua incoronazione alle beghe intestine che sembrano travolgerlo. Ma lo zar prende nuovo vigore ed impone con la forza il proprio volere; sconfigge i nemici interni ed esterni in clamorose vittorie ed inizia l' unità di quella che diverrà la grande Russia.

Critica 1:Incoronato zar nel 1547, Ivan (1530-84) promette di unire tutta la Russia, entra in conflitto con i boiardi di cui vuole limitare il potere e con la zia che avvelena la zarina. Ivan si ritira in convento. Presentato alla fine del 1944, è la prima parte di Ivan Groznyi la cui seconda parte, nota col titolo La congiura dei boiardi, fu terminata nel febbraio 1946 e condannata nello stesso anno dal Comitato centrale del Partito Comunista dell'URSS e distribuita in pubblico solo nel settembre 1958. Tornato a Mosca, Ivan entra in conflitto con l'amico Fedor Kolitchev, diventato pope metropolita col nome di Filippo e schierato con i Boiardi. Euphrosinia, zia di Ivan e madre dell'inetto Vladimir, che i bolscevichi vorrebbero come zar, prepara un attentato, ma Ivan sostituisce a se stesso il giovane che così viene ucciso da un sicario inviato da sua madre. Nella seconda parte, inseparabile dalla prima, Ejzenstejn inserì una lunga sequenza a colori (in Agfacolor, bottino di guerra). La terza parte non fu mai girata: doveva raccontare la vittoria finale di Ivan, ormai diventato il Terribile. Nella cineteca di Mosca erano conservate 2 sequenze inedite (20 minuti circa), una delle quali (L'infanzia di Ivan) doveva servire di prologo alla prima parte. Può essere letto a diversi livelli: storico, politico, psicologico, estetico, allegorico. Ivan è Ivan. E Stalin. E un re di Shakespeare. E un eroe di opera wagneriana. E la rievocazione spesso in bilico sul ridicolo perché la sua natura è sublime di una situazione storica che rimanda a quella del presente, elevata ad archetipo eterno. Integralmente e genialmente staliniano, terribilmente reazionario e, insieme, autenticamente rivoluzionario. Fotografia di Edvard Tissé (esterni) e Andrej Moskvin (interni). Musica di Sergej Prokof'ev.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Ivan Groznyj è la prima parte del dittico che Eizenštejn preparò all'inizio del 1941. Quando tutto era pronto per le riprese, l'Unione Sovietica fu invasa (in giugno) dalle armate tedesche. La Mosfilm si trasferí nel Kazakhstan, ad Alma,Ata, dove il film entrò in lavorazione nel febbraio del 1943. Un anno e otto mesi dopo (ottobre 1944), l'intera opera poteva considerarsi pressoché compiuta. Nell'inverno Ejzenštejn girò ancora alcune sequenze (fra cui una a colori) che, nei suoi intendimenti, sarebbero in parte servite a spezzare in due la seconda parte, in modo da comporre una trilogia sull'opera di Ivan Vasilevic (1533-'84), colui che per primo, nella storia della Russia, assunse titolo (Tzar) e poteri cesarei. Ma le cose andarono diversamente. La prima parte fu montata rapidamente e presentata (circa un'ora e tre quarti di proiezione) il 30 dicembre del 1944. Il 1945 trascorse invece nel montaggio della seconda parte, mentre si attendeva una decisione per l'eventuale terza parte. Nel febbraio del 1946, terminato il lavoro, Ejzenštejn fu colpito da un attacco cardiaco. Sul film, intanto, si addensavano sospetti e critiche, che sarebbero culminati, il 4 settembre, in una risoluzione di condanna emessa dal Comitato Centrale del Partito. Se ne vietò la circolazione. Solo dodici anni dopo (agosto 1958) il divieto fu tolto e la seconda parte di Groznyi (che in Italia avrebbe assunto il titolo La congiura dei boiardi) ebbe pubblica diffusione. Il regista era morto da dieci anni.
Come Aleksandr Nevskij, Ivan Groznyj nasceva nell'ottica del recupero della tradizione russa e della necessità dell'unione di tutte le forze con contro il nemico. Ejzenštein si impegnò con una passione e uno scrupolo, se possibile, ancora maggiori. Ristabilire un contatto con la tradizione ffu da lui sentito come un obbligo verso la sua stessa cultura. E fu nuovamente alla cultura figurativa che soprattutto si rivolse. Ricordando la fatica sostenuta nel piegare la materia (e gli attori) alla sua idea del Rinascimento russo, accennò - curiosamente - all'ispirazione che gli era venuta da El Greco e della pittura giapponese, ma in effetti i modelli erano a lui più vicini. Basterà citare due quadri di Viktor Vasnetzov (1848-1926), il primo come modello diretto, il secondo come stimolo intellettuale, legato alle polemiche esplose contro la “dissacrazione” del patrimonio culturale della nazione russa, quando ancor l'ideologia dell'internazionalismo proletario e gli sperimentalismi dell'avanguardia non erano stati eliminati dalla scena sovietica. Nel primo una grande composizione verticale di acri, campeggia la figura dello tzar Ivan Vasilevic, inquadrata dal basso, la testa lievemente, lo sguardo sospettoso rivolto di sbieco a chi osserva, la barba lunga e affilata. È il Cercasov del film. Nel secondo quadro - enorme tela che Vasnetzov dipinse fra il 1881 e il 1898 - dominano, avanzando imponenti a cavallo, quei “Bogatiri”, figli del popolo, che la leggenda aveva innalzato al ruolo mitico di eroi difensori della terra natale (e che un'opera del 1936 aveva messo alla berlina, provocando la clamorosa reazione del vecchio poeta bolscevico Demian Bednyj: un caso celebre negli annali letterali sovietici).
Ivan doveva inserirsi nella schiera di questi eroi. Senza, però, tradire la storia. “Non nascondere nulla, non sorvolare su nulla, non togliere nulla, delle sanguinose passioni che agitano quella formidabile, impressionante e splendida immagine romantica, che noi abbiamo voluto rievocare intera di fronte agli occhi del mondo.” Il film si apre sulla cerimonia in cui Ivan è incoronato tzar. Sicuro di sé, il giovane sostiene lo sguardo dei boiari. È contro di loro che dovrà combattere, per ridurre un potere che non solo si oppone al suo ma che mette a repentaglio l'integrità della patria russa, sottoposta alle scorrerie dei tartari in Oriente e alle invasioni svedesi e lituane a nord, polacche a Occidente. Il fulgore della cerimonia, la ritualità sfarzosa che il regista sottolinea con la lentezza dei gesti e l'imponenza dell'apparato scenografico, offrono immediatamente la chiave figurativa (e, per estensione, ideolologica) del film. La cupa magnificenza della storia segnerà la vicenda di Ivan, e la giustificherà: tutto ciò che contribuisce alla grandezza della Russia va accolto con venerazione. Il popolo è con Ivan, contro i boiari: delle loro angherie di padroni troppo soffre e ne vuol testimoniare allo tzar. E soprattutto è con lui la tzarina Anastasia, il cui amore lo sorreggerà nelle prime, decisive prove. Occorre rendere inoffensivi i tartari che tengono Kazan. Ivan accerchia la città e la espugna. Rientrato a Mosca, cade gravemente malato. Crede di essere in procinto di morire. Chiama intorno a sé i boiari, vuole da loro il consenso per l'ascesa al trono del figlio Dimitri. Eufrosina Staritzkaja si oppone, per patrocinare la causa del proprio, inetto, figlio Vladimir. Anastasia si rende conto che nulla si può contro l'ostinazione e gli interessi dei boiari. Solo il principe Kurbskij è dalla sua parte, perché è appassionatamente innamorato di lei e non gliene fa mistero, nemmeno dinanzi a Ivan agonizzante. Ma lo tzar, miracolosamente, guarisce. Riprende il controllo della situazione. Invia Kurbskij in Livonia alla testa di un esercito, tenta di respingere i tartari dalla Crimea. Non riesce e deve di nuovo far fronte a una congiura, questa volta più insidiosa, della Staritzkaja. Costei veglia Anastasia malata, e le impedisce di accorrere da Ivan, furente per rovesci subiti. Più tardi, quando è lo tzar a venire nella stanza di Anastasia, la boiarina versa il veleno in una coppa piena d'acqua e attende. Anastasia incita Ivan a non cedere (si è saputo ora che Kurbskij ha tradito, passando al nemico). Ivan le porge la coppa. Anastasia è uccisa dal perfido inganno della Staritzkaja. Nella stessa cattedrale dove era stato incoronato tzar, Ivan veglia ai piedi del catafalco di Anastasia, mentre un monaco legge i versetti del salmo di Davide. E lì lo raggiungono altri messaggeri di sventure (gli amici lo hanno abbandonato, il popolo di Mosca aizzato da Nikolaj, un predicatore fanatico, si sta ribellando). Ivan sembra sconfitto. Decide di abdicare. Tuttavia, in questo gesto si nasconde non una resa ma una smisurata fiducia in se stesso. Il popolo verrà a chiamarlo un giorno. Allora egli potrà, forte di un potere assoluto, compiere la sua opera per la grandezza della Russia. Si ritira in un monastero. Solo e disperato. Il popolo, finalmente, comprende. E va da Ivan: una fila lunghissima di moscoviti di ogni condizione si snoda sulla neve, a perdita d'occhio. Da una finestra del convento, Ivan, il profilo nero stagliato sul fondo bianco, più che guardare si offre alla vista dei suoi fedeli.
L'eroe, il suo popolo, i suoi crudeli nemici: ogni figura ha la statura “eroica” che la storia impone. I personaggi occupano la scena - solenni o biechi, afflitti o severi - con grande evidenza. Tutti i movimenti che compiono (i più ieratici e i più convulsi), tutte le inquadrature che li comprendono e li seguono comunicano la forza dell'idea da cui il film deriva.
Autore critica:Fernaldo Di Giammatteo
Fonte critica:100 film da salvare, Mondadori
Data critica:



Critica 3:
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Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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