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Due vite per caso - Due vite per caso

Regia:Alessandro Aronadio
Vietato:No
Video:
DVD:Medusa s.p.a.
Genere:Drammatico
Tipologia:Conflitti sociali, Disagio giovanile, Diventare grandi
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Alessandro Aronadio, Marco Bosonetto(Il film è liberamente ispirato ai fatti del G8 di Genova del 2001)
Sceneggiatura:Alessandro Aronadio, Marco Bosonetto
Fotografia:Mario Amura
Musiche:Louis Siciliano
Montaggio:Claudio Di Mauro
Scenografia:Stefano Giambanco, Daniela Manzo
Costumi:Nicoletta Ercole
Effetti:
Interpreti:: Lorenzo Balducci, Ivan Franek, Isabella Ragonese, Sarah Felberbaum, Teco Celio, Monica Scattini, Rocco Papaleo, Riccardo Cicogna, Ivano De Matteo, Roberta Fiorentini, Antonio Gerardi, Niccolò Senni, Giuliano Ghiselli, Andrea Purgatori, Tatti Sanguineti, Filippo Sandon
Produzione:A-Movie Productions
Distribuzione:Lucky Red
Origine:Italia
Anno:2009
Durata:

88’

Trama:

Hai poco più di vent'anni e la tua vita è un supermercato di possibilità infinite, basta allungare la mano e scegliertene una. Dicono. Però una sera di pioggia la tua auto ne tampona un'altra, quella di due poliziotti in borghese, e tu finisci in questura perché non sei stato buono mentre loro ti pestavano. E da quella sera la tua vita non è più la stessa. Anche se frequenti il solito pub, l'Aspettando Godard, e ti metti con la barista più carina, anche se hai un amico che riesce sempre a sdrammatizzare tutto e una famiglia che ti vuole bene. La rabbia continua a scavarti dentro, a dirti che della tua vita non hai scelto un bel niente. E che sei stufo di aspettare. Oppure la stessa sera di pioggia la tua auto frena in tempo e non tamponi i poliziotti. La tua vita non è sconvolta dalla violenza. Continui a curare le piante nel vivaio dove lavori e a farti ridere in faccia dal padrone quando gli chiedi un aumento. Frequenti il solito pub, forse ti piace la barista, ma ti metti con una cliente del vivaio, una ragazza di buona famiglia. Nessuno se ne accorge, neanche il tuo migliore amico, che sdrammatizza sempre tutto, ma qualcosa non smette di scavarti dentro, di dirti che della tua vita non hai scelto un bel niente. E che sei stufo di aspettare

Critica 1:Prima o poi Carlo Giuliani e Mario Placanica dovevano essere raccontati per immagini. Meglio ci abbiano pensato il regista/sceneggiatore Alessandro Aronadio (classe '75) e lo sceneggiatore/scrittore Marco Bosonetto ('70), piuttosto che un Marco Tullio Giordana con un Rulli o un Petraglia alle tastiere del pc. Perché Due vite per caso è subito film sulla contemporaneità: culturale, sociale, cinematografica. Su questo cancro diffuso dell'instabilità del pensiero, della precarietà del lavoro, del tremolante decadimento delle certezze politiche, dove la questione generazionale diventa fondamentale. Una fenditura tesa di scrittura che vede il protagonista Matteo (Lorenzo Balducci) diviso specularmente in due, modello Doppia vita di Veronica kieslowskiana, grazie all'episodio casuale del tamponamento di una macchina della polizia in borghese ferma in mezzo alla strada in una notte di pioggia.
Dalla sequenza madre dell'incidente, Due vite per caso si monta, si smonta e si rimonta più volte. Una linea di narrazione che non demarca e non si chiude, che ritorna continuamente su se stessa per deflagrare in un simil G8 di Genova, istantaneo, fugace, metaforico all'osso, dove è possibile riconoscere un Matteo manifestante e un Matteo carabiniere, con un estintore teatralmente diventato sampietrino e il colpo di pistola mortale che rimane lo stesso.
Ribellione e conservazione, movimento e stasi, indisciplina e ordine, il cinema italiano per una volta sa accoppiare con consapevolezza di sguardo e senza eccessivi manicheismi, coppie di significati antitetici. Sia la vita del carabiniere, un filo più sfigata e piccolo borghese di quella del vivaista precario ma scopaiolo, sia quella del suo doppio, non vengono mai deviate sul facile stereotipo. Il protagonista, il Matteo rivoltoso alla pari del Matteo carabiniere, si ferma sempre un attimo prima rispetto ai fatti accaduti e riflette, spesso osservando il vuoto, l'ineluttabilità del destino, la paralisi della coscienza. Non a caso, in una sequenza tanto guascona, quanto lirica, il professore di filmologia (Tatti Sanguineti) si sofferma sull'analisi del fermo immagine, che a sua detta non può essere la morte del cinema, proprio mostrando la corsa verso destra e verso il mare di Antoine Doinel, sul finale de I 400 colpi , conclusa con uno dei fermo immagine più sconvolgenti della storia. La rabbia strozzata di Truffaut non è citazione ruffiana, ma elemento del discorso complessivo di Due vite per caso , tassello significante di un mosaico cinematografico basato prima di tutto sul "come" mostrare il narrato, prima ancora dell' impellente "cosa".
Chiosa storico-politica: certo che per i 30/40enni di oggi, quel G8 di Genova ha veramente spezzato le gambe, ha davvero fatto morire i sogni all'alba. Il declino di una generazione non tanto per gli impeti rivoluzionari, ma per quella lenta erosione della fiducia nel prossimo, per quel tracotante incedere del dubbio, non per essere i soliti paludati esegeti della moderazione, che su quella piazza genovese sono morte due persone.
Autore critica:Davide Turrini
Fonte criticaLiberazione
Data critica:

7 maggio 2010

Critica 2:Matteo e Sandro guidano velocemente in una piovosa notte romana. Sandro si è ferito al pollice e Matteo lo sta conducendo al pronto soccorso, ma per un malfunzionamento dei freni, tamponano l'auto di due poliziotti in borghese che per pronta risposta li fermano, li perquisiscono e li colpiscono violentemente. Una volta rilasciati dalla questura, i due vorrebbero ottenere giustizia in tribunale ma un avvocato gli consiglia il patteggiamento per evitare ulteriori problemi. Il segno di quell'esperienza resta però dentro Matteo, facendo crescere in lui una rabbiosa frustrazione che si attutisce solo quando incontra Sonia, cameriera del locale Aspettando Godard. Ma cosa sarebbe successo se in quella stessa notte d'aprile Matteo avesse frenato in tempo?
Quando i principi della fisica dinamica si intrecciano con quelli della drammaturgia, il cinema si diverte a costruire universi paralleli che esplorano l'infinita potenza del caso sulle nostre vite. Sdoppiare l'esistenza dei personaggi e biforcare i sentieri del racconto sono pratiche che hanno affascinato tanto i grandi autori come Kieslowski o Resnais, quanto la commedia brillante (con Sliding Doors a far da calco permanente). Se ne serve anche Alessandro Aronadio per la sua opera d'esordio: un duplice sdoppiamento che da una parte ci racconta la “doppia vita di Matteo” e dall'altra incrocia esistenzialismo giovanilista e film d'attualità.
Delle due identità del film è sicuramente la prima la più debole, che accusa il peso di personaggi e situazioni troppo caricate e troppo poco definite (la violenta arroganza dei due poliziotti, la figura del losco gestore di origine ceca) e del blando citazionismo da giovane cinéphile (il fermo immagine di Antoine Doinel ne I quattrocenti colpi che ricorre con funzione preparatoria). Il reale, invece, fa ingresso più silenziosamente, un poco alla volta, attraverso una crescente presenza di notiziari che riportano situazioni della cronaca italiana più recente e illustrano il vero sostrato del film. Gli stupri, i linciaggi, gli scontri di piazza costituiscono il contesto che negli ultimi dieci anni ha fatto sviluppare all'Italia una coscienza schizofrenica che ha trovato pronta risposta nel giustizialismo personale e nell'odio comunitario. Il tentativo di Aronadio è quello di tematizzare questa schizofrenia da un punto di vista normalmente invisibile agli occhi dei media, quello dei ventenni, e di ricongiungere le due antitesi in una situazione molto vicina a quella dei fatti del G8 di Genova.
Ricongiungimento tragico quindi, anche se apparentemente pacificato nel suo non prendere una posizione netta (o meglio, nel prenderle entrambe). In realtà, anche se nel contesto filmico restano figlie della stessa rabbia giovanile, è difficile che alla fine restino dubbi anche solo per un attimo sull'identità della vittima e quella del carnefice.
Autore critica:Edoardo Becattini
Fonte critica:MyMovies
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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