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Sfida del samurai (La) - Yojimbo

Regia:Akira Kurosawa
Vietato:14
Video:Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede
DVD:
Genere:Avventura
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto da "Piombo e sangue" ("Red Harvest",1929) di Daniel Hammet
Sceneggiatura:Ryuzo Kikushima, Akira Kurosawa
Fotografia:Kazuo Miyagawa
Musiche:Masaru Sato
Montaggio:Akira Kurosawa
Scenografia:Yoshiro Muraki
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Toshiro Mifune (Sanjuro Kuwabatake), Eijiro Tono (Gonji), Takashi Shimura (Tokuemon), Kamatari Fujiwara (Tazaemon), Seizaburo Kawazu (Seibei), Susumu Fujita (Homma), Daisuke Kato (Inokichi), Tatsuya Nakadai (Unosuke), Yosuke Natsuki (figlio di Kohei), Akira Nishimura (Kuma), Ikio Sawamura (Hansuke)
Produzione:Tomoyuki Tanaka e Ryuzo Kikushima per Kurosawafilm - Toho
Distribuzione:Cineteca Nazionale
Origine:Giappone
Anno:1961
Durata:

110’

Trama:

In un piccolo villaggio due fazioni si combattono da lungo tempo. Un giorno giunge nel villaggio un samurai che, saputa la situazione, decide di offrire i suoi servigi ad una delle due parti. Ma la situazione è poco chiara e, ad un esame più attento, si accorge che dei due partiti non gli conviene scegliere né l'uno né l'altro. A poco a poco la situazione si fa più chiara. Il samurai si avvede delle ingiustizie che vengono commesse e prende le difese dei deboli: riesce a liberare una donna presa in ostaggio da uno dei due gruppi rivali. Poi cerca, con diverse astuzie, di indebolire i contendenti e infatti i combattimenti cominciano a farsi più rari. Quando vede avvicinarsi la conclusione dei suoi sforzi, i suoi avversari - perché ha finito per scegliere il campo in cui combattere - lo fanno prigioniero. Benché ferito il samurai riesce a fuggire e si prepara ad affrontare, in uno scontro decisivo, i suoi nemici. Tra costoro uno possiede una pistola, arma sconosciuta agli altri. Ciononostante non esita ad opporgli la propria spada e dopo uno scontro epico riesce ad abbatterlo. Nel villaggio torna la pace.

Critica 1:Nel XVII secolo un samurai vagabondo arriva in un villaggio insanguinato dalla guerra tra due clan e, con machiavellica strategia, diventa l'ago della bilancia, mettendo gli uni contro gli altri. Splendido film d'azione in chiave ironica e di ritmo snello, ma anche limpida parabola sulla cupidigia del denaro con risvolti ironici e una lontana parentela con Goldoni (Arlecchino servitore di due padroni) Yojimbo è il modello su cui Sergio Leone ricalcò Per un pugno di dollari e Walter Hill Ancora vivo. Ma, forse, all'origine di tutto c'è Red Harvest (Piombo e sangue, 1929) di Dashiell Hammett. Il titolo originale significa La guardia del corpo.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Yojimbo è un film fondamentale all’interno della filmografia di Akira Kurosawa. Ventunesimo di tentuno film, apre la terza e ultima stagione del maestro giapponese, ne conferma il talento visivo e narrativo, ma soprattutto rinnova la sua influenza a livello internazionale dato che, come è noto, questo film si pone come progenitore del western all’italiana (ma non solo).
Kurosawa è stato il primo regista nipponico a varcare con successo le frontiere del suo paese e a raggiungere gli schermi occidentali. La sua fortuna internazionale comincia con Rashomon, incoronato con il Leone d’oro a Venezia e con l’Oscar per il miglior film stranie o, e prosegue con I sette samurai, forse il suo film più visto e amato, da cui Hollywood trasse il fortunato remake I magnifici 7. Questi film portano alla ribalta internazionale il grande Toshiro Mifune, chiamato ad interpretare il samurai in diversi contesti e generi, fuori dal suo paese.
E’ chiaramente il Kurosawa epico quello più visto e richiesto, quello dei film ambientati nel passato, in mezzo a contadini e samurai, così esotici e “esportabili”. E tuttavia, chi ha avuto la fortuna di vedere la versione integrale de I sette samurai, o anche lo stesso Yojimbo, si sarà certamente accorto del particolare ritmo narrativo che Kurosawa impone alle sue opere, mai incentrato sulla sola azione (senza nulla togliere all’azione in quanto tale!), ma sempre su un complesso dispiegamento di sguardi sui caratteri, sulle motivazioni sul contesto storico-sociale.
In Yojimbo, ad esempio il samurai nobile ed eroico di un’epoca ancora caratterizzata dalla guerra tra i clan, lascia il posto ai ronin dell’epoca Tokugawa (1603-1867), un’epoca relativamente stabile in cui la nobiltà guerriera dei samurai non trova più una sua specifica collocazione sociale ed economica. I samurai hanno perso la fede nel loro codice (il bushido, accuratamente descritto attraverso delle massime nel libro Hagakure di Yamamoto Tsunetomo) e si aggirano, privi ormai di un Signore cui rendere i loro servigi, come semplici mercenari, guardie del corpo di ricchi mercanti o yakuza. I ronin dunque sono samurai che hanno perduto del tutto il loro fascin mitico e leggendario, ridotti al rango di comuni assassini. Una figura decisamente moderna e “realistica”, totalmente demistificata, prima certo che anche i killer a pagamento diventassero soggetti mitici, soprattutto nel cinema americano contemporaneo. Il protagonista Yojimbo, infatti, non ha più nemmeno un nome, ma solo un’età e una katana con cui difendersi.
L’altro aspetto fondamentale, rispetto ai film precedenti, è un certo gusto grottesco e parodico che a volte raffredda la materia narrativa. I cattivi, ad esempio, sono privi di fascino, dei semplici balordi che hanno conquistato con l’inganno e col numero un certo potere, ma presi uno alla volta, non sembrano costituire affatto una minacci (assai meno, comunque, dei banditi ritratti nei Sette samurai). E comunque, c’è da dire, Kurosawa non ha mai ceduto al fascino della rappresentazione del male, del “cattivo” che invece affascina noi occidentali, tanto da far diventare l’antagonista il vero protagonista, sempre più violento, cinico e caricaturale (penso ad esempio al Gary Oldman di Leon, o ai personaggi dei film di Tarantino). Yojimbo è l’unica mente agile in mezzo ad una barbarie diffusa, che riesce ad oscurare, o comunque a rendere non immediatamente chiari, gli scopi e la morale del protagonista: sembra agire a volte più per provocare il caos o affermare la propria superiorità che non per proteggere i deboli, come avveniva ne I sette samurai. E’ stato precisamente questo aspetto che Sergio Leone ha saputo cogliere e amplificare nel creare il personaggio dello Straniero interpretato da Clint Eastwood nella fortunata “trilogia del dollaro”, inaugurata nel 1964 con Per un pugno di dollari.
Ciò che ancora oggi colpisce di questo film è, inoltre, l’estrema modernità dello stile di ripresa e di montaggio di Kurosawa, con le carrellate tipicamente western (quella iniziale, ad esempio, con la tipica scena dello straniero che arriva in città), la rapidità delle scene d’azione, la capacità di caratterizzare un personaggio e inserirlo in un certo ambiente o paesaggio, abilità che non può non ricordare John Ford. Ma anche la profonda umanità, caratteristica di tutto il suo cinema, che si cela in fondo ad ogni sua opera, anche in quelle più ciniche e amabilmente dissacranti come questa.
Mifune e Kurosawa riprenderanno lo stesso personaggio e la medesima epoca l’anno successivo in Sanjuro.
Autore critica:Vittorio Renzi
Fonte critica:centraldocinema.it
Data critica:



Critica 3:L’idea è di quelle che segnano la storia dell’immaginario narrativo mondiale: un samurai sconosciuto arriva in un paese insanguinato dalla lotta tra due bande rivali e vende i suoi servizi, alternativamente, ora all’uno ora all’altro dei due contendenti, fino alla distruzione totale di tutti e al ristabilimento della pace. Kurosawa con questo Yojimbo, noto anche come La guardia del corpo (e infatti Lawrence Kasdan lo omaggiò nella sceneggiatura del film con Kevin Costner) si offre decisamente verso degli scenari western, anche se certamente l’ambientazione rimane quella del Giappone del XVII secolo. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, dove il protagonista Toshiro Mifune vinse il premio come migliore attore, La sfida del samurai è un film allo stesso tempo duro e crudele, ma anche ironico e divertente. È evidente sin dall’inizio il carattere di “parabola” della storia, con lo straniero senza nome che arriva, approfittando della situazione di faida in corso, e fa esplodere la miccia già accesa nel paese. Sanjuro, il samurai motore della storia, appare come un personaggio cinico e crudele, pronto solo ad approfittare del caos per farsi pagare dal maggior offerente. Ma in realtà la sfida del samurai alla fine risulterà qualcosa di più dell’iniziale “commercio molto redditizio”. E proprio quando il samurai si darà da fare per aiutare una giovane donna rapita, e quindi emergerà il suo nascosto animo da vero cavaliere, si ritroverà catturato e torturato da una delle due bande. Solo allora la sua battaglia uscirà fuori dalla “logica del commercio”, per diventare qualcosa di personale ed assoluto, fino al ristabilimento finale della pace. Il film ebbe in Giappone un enorme successo, al punto che ne venne fatto un sequel, Sanjuro, diretto dallo steso Kurosawa. Quello che Kurosawa non si sarebbe mai immaginato, lui che ammirava il western di Ford e il cinema di genere americano (ma qualcuno insinua anche la letteratura... sospettando che l’idea sia stata rubata dal romanzo hard boiled di Dashiell Hammett, Piombo e sangue) è che un giovane sceneggiatore italiano, Sergio Corbucci, vedesse il film e ne fosse così affascinato da proporre all’amico regista, Sergio Leone, di farne un vero western. (…)
Autore critica:
Fonte critica:dvd.it
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

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