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Yankees - Yanks

Regia:John Schlesinger
Vietato:No
Video:Mgm Home Entertainment (Mini Scudi)
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:La guerra, La memoria del XX secolo
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Colin Welland
Sceneggiatura:Walter Bernstein, Colin Welland
Fotografia:Dick Bush
Musiche:Richard Rodney Bennett
Montaggio:Jim Clark
Scenografia:Harry Cordwell
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Lynn Carol (Annie), William Devane (John), Kenneth Drury (Jock), Ann Dyson (Ivy), Lisa Eichhorn (Jean Moreton), June Ellis (Mrs. Shenton), Richard Gere (Srg Matt Dyson), Pearl Hackney (Zia Maud), Harriet Harrison(Anna figlia di Helen), Simon Harrison (Tim),Joan Hickson (Mrs. Moody), Paul Luty (Ted the Barman),Tony Melody (Jim Moreton), Wendy Morgan( Mollie), Helen Palmer (Enid moglie di Ted), Vanessa Redgrave (Helen), Rachel Roberts (Clarrie Moreton), Martin Smith ( Geoff Moreton), Arlen Dean Snyder (Henry), Derek Thompson (Ken), Chick Vennera (Srg Danny Ruffelo), Philip Whileman (Billy Rathbone)
Produzione:Joseph Janni Lester Persky Productions - A Cip Filmproduktion per United Artists
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Gran Bretagna
Anno:1979
Durata:

141’

Trama:

Nel 1943, per aiutare gli inglesi nel caso di arrivo dei nazisti sulle rive del Tamigi e per predisporre lo sbarco in Normandia, gli Stati Uniti inviano in Gran Bretagna grossi contingenti di soldati. Fra i nuovi arrivati e le genti del posto (soprattutto ragazze) non tardano a stabilirsi legami d'affetto. Helene - pur non dimenticando il marito Peter già in guerra ed il figlio complessato Tim - si lega al capitano John, a sua volta sposato con Ann ed in attesa di divorzio. Anche i sergenti Danny e Matt fanno coppia fissa con Mollie e Jean Moreton. Ma mentre fra Danny e Mollie l'amore scoppia senza problemi più tormentata e la relazione fra l'altra coppia, complicata dal fatto che Jean è l'eterna fidanzata di Ken, ora in guerra a Burma.

Critica 1:In una cittadina del Lancashire, in Inghilterra, verso la fine del 1943, mentre affluiscono i soldati USA per lo sbarco in continente, s'intrecciano tre storie d'amore dal melanconico esito. La cornice val più del quadro. La ricostruzione ambientale dell'Inghilterra in guerra e la bravura degli attori fanno aggio sulla materia narrativa, sentimentalmente sciropposa, anche se firmata da Colin Welland e Walter Bernstein.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Sulla base di una sceneggiatura ben costruita, Schlesinger ci dà un quadro della vita quotidiana inglese negli anni della guerra e dei rapporti contraddittori tra i "nativi" e i soldati americani, puntando su un'ottima ricostruzione d'ambiente e un finissimo lavoro d'attori. Grande tensione sentimentale e "civile".
Autore critica:
Fonte critica:film.spettacolo.virgilio.it
Data critica:



Critica 3:Tutto il film è costruito attraverso la successiva accumulazione di particolari esplicativi e le tre storie (a margine delle quali non vanno dimenticati i bellissimi episodi concernenti i genitori di Jean e il doloroso adattamento del figlio di Helen) si sviluppano, seppure con diversa preminenza, parallelamente. Già dal soggetto si evidenzia immediatamente l'usualità, la banalità quasi, delle situazioni cinematografiche proposte. Ci sono qui tutti i tratti connotanti i film di amore e guerra: l'incontro di due culture diverse, i sensi di colpa e di responsabilità verso altre persone (il fidanzato e il marito assenti, la famiglia lontana), la separazione temporanea e quella definitiva, il lieto fine in extremis.
Nell'incrocio delle sue storie (e nella conseguente moltiplicazione delle possibilità narrative) Yankees può funzionare da summa dei luoghi canonici di film quali Addio alle armi, Tempo di vivere tempo di morire, Il ponte di Waterloo, Sayonara. Lo stesso dicasi per quanto riguarda i nodi drammatici e spettacolari del film e le scelte stilistiche attraverso le quali vengono risolti: l'incontro casuale e l'apparente disimpegno di Mollie e Danny, tipica coppia felice di supporto alla coppia protagonista più tormentata, il veglione di capodanno (con tanto di Valzer delle candele, boogie woogie, rissa razziale - per sottolineare la cui ovvietà vale la pena di anticipare una caustica battuta di 1941, «Vorrei ringraziare tutti i cari militari che mi hanno aiutato a fare di questa una memorabile serata. Forse in futuro potremo anche invitare truppe negre per una bella rissa razziale» -, litigio e riappacificazione) a fare da centro spettacolare del film, l'opportuna morte di Ken, la ancora più opportuna morte della mamma di Jean e il repentino oblio di questa davanti al messaggio d'amore di Matt, la sequenza conclusiva infine, condotta con un esemplare montaggio alternato, con la sfilata delle truppe in partenza, la pausa ansiosa alla stazione, la corsa sul filo dei secondi e, all'ultimo
minuto e ovviamente all'ultima curva dei binari, l'avvistamento, il riconoscimento e le promesse gridate dalle due coppie. A sottolineatura degli effetti drammatici, sentimentali o semplicemente ottici (ad esempio, l'insistenza di Schlesinger sul verde brillante della campagna inglese o sui suoi scorci di disteso paesaggio) una musica che non perde mai di vista l'impatto emotivo che deve sostenere e utilizza anch'essa senza pudori di sorta i luoghi comuni musicali dell'epoca, boogie, cadenze militari e l'immancabile Glenn Miller. Quindi, tra donne inglesi circondate dal proverbiale, roseo splendore della carnagione, dei capelli, dei sorrisi, e soldati americani abbronzati, vitali e franchi, tra pub, porcellane, vecchie filosofe concilianti, biciclette e tazze di tè, tra un incontro, un concerto, un ballo e un funerale si consuma una storia che, senza essere nè melodramma nè commedia, sembra a prima vista niente di più che un nostalgico, ben confezionato retro. E chiaro, solo a una primissima, superficiale e magari snobistica occhiata. Schlesinger infatti gioca ironicamente e, mettendo in opera uno snobismo infinitamente più raffinato, si diverte ad assemblare elementi triti dell'immaginario cinematografico per rinvigorirli attraverso una costruzione sottilmente complessa. La calibrata precisione di ogni inquadratura ed effetto (anche del più «facile» di questi, l'effetto nostalgia) fa sì che questo film d'amore, senza smentirsi come tale e senza ritirarsi aristocraticamente davanti alle più semplificate emozioni che di per sè comporta, divenga un quadro estremamente articolato di rapporti sociali e umani diversi.
Sintetizzando il punto di partenza dei suoi film, Schlesinger ha detto una volta: «Qualcuno deve far fronte a una situazione attraverso la quale è costretto a compromettersi». Tutto il film è infatti una sottilissima analisi degli atteggiamenti individuali e collettivi di fronte a una precisa necessità di assunzione di responsabilità. Individuali: la quieta determinazione femminile che porta a confermare o a sconvolgere le proprie posizioni, senza cedimenti di fronte ai rimpianti (dall'irrevocabile scelta di vita della mamma di Jean, all'esperienza accettata, vissuta e conclusa di Helen, alla testarda e inequivocabile decisione di Jean), a confronto con la più esitante attitudine maschile, con l'accomodante e tacita mediazione del padre di Jean, con il rifiuto di Ken all'assunzione di una responsabilità anche solo cognitiva, con l'arretramento di Matt di fronte all'incertezza; non c'è dubbio che Schlesinger dia la palma del coraggio e della coerenza alle donne, come non c'è dubbio che privilegi la caotica vitalità degli uomini americani rispetto alla circospezione degli uomini inglesi. Collettive: la tradizionale mobilitazione morale del popolo inglese in occasione della IIa guerra mondiale e l'altrettanto tradizionale spirito libertario delle truppe americane cedono questa volta il passo a una ben più difficile e quotidiana responsabilizzazione, quella determinata dall'impatto, conoscenza e necessità di convivenza di due culture diverse. Solo che qui, a differenza che nella maggior parte dei film del genere, l'America non sta di fronte all'impenetrabilità filosofica degli orientali, all'irruenza emotiva dei latini o all'ironica decadenza dei francesi, ma deve fare i conti con i «fondatori», con i portatori di storia e di tradizioni. Qui le donne non sono señorite, gheishe o perdute amanti, ma reali portatrici di cultura. E il nodo, la sostanza del film risiede tutta in questo scambio; l'impatto tra le differenze non è più il pretesto narrativo su cui impostare ed eventualmente sciogliere la storia d'amore, ma, al contrario, è il reale soggetto, cui gli intrecci amorosi offrono materia di esemplificazione. In pratica Schlesinger ribalta con sottile destrezza i rapporti narrativi abituali ai soggetti come il suo e proprio per questo, forse, non arriva mai nè al melodramma nè alla commedia, perchè persegue un intento che, per non uscire dalla suggestione della fiction, richiede l'intersezione calibratissima di elementi descrittivi che travalicano il soggetto manifesto e contribuiscono quindi a controllare il pathos degli effetti di volta in volta sentimentali o satirici. Infatti, se ripensiamo un po' più attentamente alla successione iconica del film, ci rendiamo conto della ricchezza dei piani puramente ambientali (attraverso i quali, magari, si dipana la sintesi di un intero rapporto) e dell'insistenza della macchina da presa a riprendere in primo piano, in lente carrellate o in fulminee successioni di dissolvenze, oggetti e particolari comportamentali. In questo senso è esemplare (e forse il punto stilisticamente più alto del film) la sequenza della cena in casa di Jean; qui gli oggetti la fanno veramente da padroni, nell'essenza mitologica (ma quanta ricchezza sostanziale!) delle scatolette di Matt e nell'anacronistica ma irrinunciabile preziosità delle porcellane e delle suppellettili della casa, nel gesto ricco e distratto con cui Matt depone le posate in una satura rinuncia al cibo e in quello povero e attento (e questo lento zoom sulla mano di Rachel Roberts è sicuramente l'attimo più bello del film) con cui la mamma di Jean arrotola lo spago che legava la torta. Torta iperrealista, americana al cento per cento, da società del consumo vistoso e volgare, che si trova a fare da ironico «messaggero d'amore».
Ci rendiamo conto, in pratica, che del film d'amore tradizionale rimangono solo proprio le sequenze ad effetto (tanto accuratamente evitate, di solito, dal cinema attuale), avvolte da una minuziosa ragnatela di momenti analitici, in mezzo ai quali la storia di Jean, Matt, Mollie e Danny diventa esplicazione simbolica, fantasia cinematografica (non è certo un caso che la storia dei quattro cominci in un cinema gloriosamente pieno - con due poltrone vuote, però, proprio quelle dietro alle ragazze). Allora, forse Yankees non è un film d'amore. Lo è, in realtà, anche se tende a smentire sottilmente le proprie apparenze, secondo un'inusuale commistione di vecchio e nuovo, una commistione delle cadenze ripetute del classico cinema di genere e dei tempi metaforici e delle sequenze allusive di un cinema più meditativo. Cinema hollywoodiano e cinema all'europea, quindi autoanalisi, sintesi esemplare dell'esperienza narrativa polivalente di Schlesinger. L'esperienza dell'impatto tra due culture (e quindi tra due modi di fare e, soprattutto, di sentire il cinema) è qui di prima mano, vissuta dallo stesso autore che ce la sottopone senza invadenza o esasperazioni, ma, appunto, raccontando il cinema. E, tra tutto il cinema raccontato in questo film, c'è anche una storia d'amore «alla Schlesinger», ed è, ovviamente, quella di Helen e John. Tratteggiata con delicatissimo equilibrio (ed illuminata dallo splendido colpo d'ala del viaggio in Irlanda), per quanto scelga anch'essa la strada della narratività e dell'effetto tradizionale, questa storia scorre e si dipana soprattutto su impressioni sfumate e su dati appena abbozzati, riportandoci la disperazione discreta e lo spirito di vita di uno dei rari film d'amore dell'ultimo decennio, Domenica maledetta domenica. Un titolo questo che non poteva non ritornare, perchè è il parente più prossimo di questo film e perchè magari racchiude il seguito ideale della storia del figlio di Helen.
Autore critica:Emanuela Martini
Fonte critica:Cineforum n. 194
Data critica:

5/1980

Libro da cui e' stato tratto il film
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