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Anni in tasca (Gli) - Argent de poche (L')

Regia:François Truffaut
Vietato:No
Video:Mgm/Ua Home Entertainment, Elle U Multimedia (Gli Scudi)
DVD:
Genere:Commedia
Tipologia:Diventare grandi, I bambini ci guardano, Il mondo della scuola - Bambini
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Suzanne Schiffman, François Truffaut
Sceneggiatura:Suzanne Schiffman, François Truffaut
Fotografia:Pierre William Glenn
Musiche:Maurice Jaubert
Montaggio:Yann Dedet
Scenografia:Jean-Pierre Kohut-Svelko
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Nicole Felix, Chantal Mercier, Jean-François Stevenin, Philippe Goldman, Georges Desmouceaux, Sylvie Grezel
Produzione:Films du Carrosse Simar
Distribuzione:Zari Film - Immagine
Origine:Francia
Anno:1976
Durata:

104'

Trama:

A Thiers, villaggio dell'Alvernia, quando l'anno scolastico è già oltre la sua metà, il Direttore della scuola media inferiore affida a una insegnante Julien Leclou, misterioso gitano, che nasconde la sua situazione domestica persino a Patrick, il ragazzetto che per primo l'avvicina. Il tredicenne Patrick, del resto, annaspa nei primi fervori sentimentali: si innamora della mamma di un compagno; riceve lezioni di gallismo da un ragazzo più grande e non ne sa approfittare; finisce per dare un maldestro bacio a una ragazzina quando si trova nella colonia mista d'estate. Altri bambini e bambine vivono i loro piccoli drammi: Grégory che cade dalla finestra e rimane incolume; Sylvie che si fa castigare per un capriccio e chiede aiuto al caseggiato; i fratelli Deluca che, decisi a guadagnarsi qualche spicciolo, rapano maldestramente un compagnetto. Il caso di Julien viene alla ribalta quando una dottoressa, incaricata di visitare gli alunni della scuola, scopre che il fanciullo viene abitualmente seviziato dalla madre e dalla nonna che finiscono in carcere mentre il Leclou viene affidato alla pubblica assistenza.

Critica 1:(...) Attraverso questi personaggi, che rispecchiano chiaramente Antoine Doinel e Victor de l'Aveyron, Truffaut torna alla sua riflessione sul conflitto tra società e natura, tra educazione e libertà, che era alla base del suo film più "ideologico", L'enfant sauvage. Così, quela che sembrava essere una semplice "cronaca collettiva" rivela la sua natura di "commedia sociale" e di rappresentazione "umanista" (come l'ha definita lo stesso Truffaut), dove si scoprono, tra le pieghe di quel "delicato equilibrio tra serietà e saggezza" che l'autore si era posto come principio ispiratore del suo lavoro gli interrogativi fondamentali di sempre. François Truffaut, "l'homme qui aimes les femmes et les enfants", nella sua presentazione al film, ha usato un'espressione bellissima: "il bambino inventa la vita". È questa l'emozione più forte che il suo film riesce a dare.
Autore critica:Vittorio Giacci
Fonte criticaCineforum n.166
Data critica:

luglio-agosto 1977

Critica 2:Film corale in cui Truffaut decide di rappresentare in termini volutamente leggeri, anche nei suoi aspetti più drammatici, la condizione dell’infanzia. Fra i diversi personaggi presenti nel film, due emergono in modo particolare, Patrick e Julien. Pur vivendo una realtà molto diversa sul piano sociale, piccolo borghese l’uno, sottoproletaria l’altro, i due sopportano una situazione familiare segnata da evidenti difficoltà: Patrick è orfano di madre e ha un padre invalido che deve accudire, Julien è orfano di padre e deve subire gli abusi e i maltrattamenti della madre.
La storia di Patrick è soprattutto una storia di crescita e formazione, che passa attraverso l’innamoramento e la scoperta della sessualità – vedi in particolare e su quest’ultimo motivo la scena della sala cinematografica. Privo della madre, il ragazzo cercherà di compensarne la mancanza attraverso il più classico dei transfert: innamorandosi della madre di un suo compagno. Le scene con Patrick e la signora Riffle sono fra le più riuscite dell’intero film, grazie anche al modo in cui Truffaut si affida ampiamente al montaggio degli sguardi e alle soggettive del ragazzino, evocandone così i confusi desideri. L’intreccio sentimentale di Patrick non potrà che chiudersi con un naturale scacco, ma avrà poi un suo più realistico prolungamento nell’epilogo del film e nel bacio che il bambino scambierà con un sua coetanea – dimostrando così di essere finalmente riuscito a distinguere tra l’immagine della madre e quella di una “amante”.
Ben diversa e segnata da un retroscena molto drammatico è la situazione di Julien, cui nessuna storia d’amore, per quanto impossibile, può venire a portare sollievo. Julien trascorre il suo tempo raccogliendo a terra oggetti abbandonati o perduti, vagabondando in un luna park dopo l’ora di chiusura, addormentandosi in posizione fetale davanti al portone d’ingresso della scuola. A causa della sua povertà e disperata situazione familiare – i maltrattamenti di cui è vittima – Julien è un emarginato, condannato a vivere come un piccolo clandestino. L’unico modo che ha per ribellarsi alle ingiustizie di cui è vittima sono i furti di cui si rende colpevole (in un evidente parallelo con l’Antoine Doinel de I quattrocento colpi). Julien è l’unica vera nota tragica del film, eppure Truffaut decide di mitigarla, di rappresentarla con un esplicito pudore. Mai entriamo nella casa delle torture in cui vive, mai vediamo le streghe che lo vessano – se non quando sono giustamente arrestate, in una sequenza girata come in un (falso) film verité – mai la macchina da presa si sofferma sulle ferite che segnano il suo corpo, neanche quando logica vorrebbe, come accade nella scena della visita medica ripresa interamente al di qua di una finestra.
Fra i tanti altri episodi presenti nel film vale la pena ricordare quelli relativi ai temi della difficoltà di comunicazione – la vicenda di Oscar, il bambino figlio di una ragazza francese e di un soldato americano, che non sapendo quale lingua parlare finisce con l’esprimersi solo fischiando – e del ruolo dell’educatore, incarnato soprattutto dal maestro Richet cui spetta il compito di pronunciare il discorso che sostanzialmente chiude il film e in cui ricorda ai suoi allievi che “la vita è dura ma anche bella” e li invita a diventare “forti” per potere comunque resisterle. Diventare forti, ma non duri per ricordare che la cosa più importante della vita è e deve essere l’amore: “Il tempo passa presto, anche voi un giorno avrete dei bambini. Beh, spero che li amerete e che essi vi ricambino. A dire il vero vi ameranno se voi li amerete (…) perché la vita è fatta così, non si può fare a meno di amare e di essere amati”.
Autore critica:Dario Tomasi
Fonte critica:Aiace Torino
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

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