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Pasolini un delitto italiano -

Regia:Marco Tullio Giordana
Vietato:No
Video:Cecchi Gori Home Video
DVD:
Genere:Documentario
Tipologia:La memoria del XX secolo
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Ispirato al libro "Vita di Pasolini" di Enzo Siciliano
Sceneggiatura:Marco Tullio Giordana, Sandro Petraglia, Stefano Rulli
Fotografia:Franco Lecca
Musiche:Ennio Morricone
Montaggio:Cecilia Zanuso
Scenografia:Gianni Silvestri
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Toni Bertorelli (Ispettore Pigna), Massimo De Francovich (Faustino Durante), Claudio Amendola ("Trepalle"), Claudio Bigagli (Guido Calvi), Nicoletta Braschi (Graziella Chiarcossi), Victor Cavallo (Antonio Pelosi), Eduardo Cuomo (carabienere Guglielmi), Vittorio De Bisogno (Vincenzo Spaltro), Carlo De Filippi (Pino Pelosi), Krum De Nicola (Adolfo De Stefanis), Maurizio Di Carmine (Giuseppe Salme'), Enzo Marcelli ("Braciola"), Ivano Marescotti (Cliente Spaltro), Mimmo Mignemi (Brigaridere), Andrea Occhipinti (Furio Colombo), Umberto Orsini (alto magistrato), Biagio Pelligra (funzionario Questura), Antonio Petrocelli (Tommaso Spaltro), Rosa Pianeta (Maria Pelosi), Claudia Pozzi (giornalista Procura), Giulio Scarpati (Nino Marazzita), Raffaele Serao (appuntato Cuzzupe'), Francesco Siciliano (praticante agenzia)
Produzione:Claudio Bonivento per Numero Cinque - Vittorio e Rita Cecchi Gori per C.G.G. Tiger Cin.Ca
Distribuzione:Cecchi Gori Distribuzione
Origine:Italia
Anno:1995
Durata:

94’

Trama:

Il 2 novembre 1975, su di uno sterro ad Ostia vicino al mare, viene assassinato lo scrittore omosessuale Pier Paolo Pasolini. Poco prima della morte aveva invitato a salire sulla sua automobile un giovane balordo Pino Pelosi - incontrato alla stazione Termini di Roma, come afferma questi presto arrestato. Dalle prime, convulse indagini e sulla base delle dichiarazioni di Pelosi, sembrò chiaro che l'assassino era solo: Pasolini fu ucciso per i numerosi colpi infertigli con una rudimentale tavoletta raccolta sulla sabbia dello squallido luogo. Impadronitosi dell'automobile del morto, Pelosi passò sul corpo di questi fuggendo a Roma. In seguito, sulla versione sorsero non pochi dubbi: a parte l'eccesso di reazione da parte del giovane (richiesto di una prestazione particolare, a suo dire subito rifiutata), e l'arma usata (un legno sconnesso e fradicio), alcuni dettagli poco chiari o addirittura disattesi dagli inquirenti, fecero emergere gradualmente l'ipotesi che l'assassino non fosse affatto solo. L'ispettore Pigna indagò su amici (altri balordi di borgata): vennero interrogate le famiglie interessate (la cugina del poeta, Graziella Chiarcossi, e i genitori di Pino, i coniugi Rosa ed Antonio Pelosi), mentre si pensò pure al criminale intervento di estremisti violenti e alla eventualità di mandanti politici, poichè Pasolini si era fatto molti nemici e, forse, poteva essere diventato un individuo scomodo. In realtà nei suoi scritti più recenti aveva affermato che, pur non essendo in possesso di prove, "sapeva molte cose" nel campo della politica e del Potere. In sede di processo gli avvocati di Pelosi si basarono sulla minore età dell'imputato e sulla provocazione attuata dal poeta, ben noto omosessuale. Il Tribunale sentenziò una condanna "ridotta" confermata in Appello e in Cassazione, poichè le due istanze superiori evidenziarono che una complicità di terzi nel delitto era apparsa "improbabile", malgrado la scrupolosa ed attendibile perizia del professor Cancrini.

Critica 1:In un film come Pasolini - Un delitto italiano, dove tutti hanno nomi e cognomi veri, sarà forse uno dei pochissimi personaggi di fantasia a scendere dallo schermo per far riaprire le indagini sull’assassinio del poeta. L’immaginario ispettore Pigna, al quale Toni Bertorelli conferisce una dolente espressione tra impegno e amarezza, rispecchia infatti un autentico poliziotto che essendosi occupato del caso è disposto oggi a riparlarne svelando le colpevoli omertà degli inquirenti. Sicché la pellicola presentata ieri in concorso a Venezia, insieme con il libro omonimo scritto dal regista Marco Tullio Giordana, potrebbe contribuire a far luce sul mistero.
Frutto d’un complotto del potere per un ristretto fronte dell’opinione pubblica, per i più l’uccisione di Pier Paolo Pasolini fu un semplice delitto omosessuale. «E una storia di froci, punto e basta», afferma un commissario del film, che evidentemente aveva ordini di chiudere il caso. Ma occorre dire che, al di là della formulazione brutale, anche un fine letterato come Nico Naldini, cugino di Pasolini, nel suo recente libro “Il treno del buon appetito” (Guanda) si dichiara convinto della tesi minimalista. Di tutt’altro avviso l’americano Barth David Schwartz, che nell’imponente “Pasolini Requiem” (Marsilio) torna a puntualizzare tutti i legittimi dubbi sull’evento, del resto confermati da una sentenza di primo grado in cui lo sciagurato Pino Pelosi fu condannato a nove anni e sette mesi per aver ucciso Pasolini «in concorso con ignoti».
Proprio contro questa formula intervenne la Procura generale (nel film incarnata da un mefistofelico Umberto Orsini) impugnando la sentenza e respingendo i fatti in quello che ai tempi gli avvocati chiamavano «il porto delle nebbie». Giordana e i suoi sceneggiatori Rulli e Petraglia si sono attenuti agli atti processuali senza concedersi illazioni. Pasolini è un film all’opposto di JFK di Oliver Stone, del tutto scevro da ogni tentazione fantapolitica. Basti dire che i culmine drammatico è raggiunto nella scena (stupendamente recitata da Massimo De Francovich) in cui il perito di parte civile, Faustino Durante, illustra con pacata precisione l’assoluta impossibilità che la vittima sia stata ridotta in condizioni miserande da un solo avversario armato d’un pezzo di legno marcio.
Siamo nella tradizione del cinema civile di Francesco Rosi, dove tutto vuol essere come nella realtà, meticolosamente ricostruito, rigorosamente attendibile. Si va dall’arresto di Pelosi in fuga con l’Alfa Romeo della vittima sul lungomare di Ostia alla scoperta del cadavere, sottolineando la straordinaria emozione che il fatto suscitò nel Paese.
Consapevole dell’enormità della perdita, Giordana è ispirato nel mescolare documento e affabulazione, riportandoci gli angoscianti commenti a caldo di amici come Moravia e Bertolucci. E viene rispettata non solo la contrapposizione tra pasoliniani e denigratori, ma anche la dialettica che s’instaurò nel collegio di parte civile sul problema d’impostare o meno un processo politico. Per una scelta avallata da Graziella Chiarcossi, altra cugina di Pier Paolo, resa con intensa sensibilità da Nicoletta Braschi, prevalse la tesi tecnica, culminata nella generosa rinuncia degli eredi a qualsiasi risarcimento da parte del giovane reo confesso. Eppure Giordana sottolinea che la politica inquinata degli annidi piombo si rivelò nel tempo la chiave «alta» per interpretare ciò che era accaduto. Oggi che persino il senatore Andreotti riconosce la statura profetica del grande accusatore della Prima Repubblica, così tempestivamente fatto sparire di scena, questo film fiero e doloroso arriva inesorabile a chiedere giustizia.
Autore critica:Tullio Kezich
Fonte criticaIl Corriere della Sera
Data critica:

3 settembre 1995

Critica 2:Si riapre il caso Pasolini, ricominciano le indagini intorno alla fine dell'unico artista italiano moderno vittima d'una morte feroce e ambigua come tanti misteri del Paese? La notizia è stata data ieri mattina, durante la conferenza stampa di Pasolini un delitto italiano, il film di Marco Tullio Giordana che ricostruisce quella morte, da Nino Marazzita, allora e adesso tenacissimo avvocato della famiglia dello scrittore e cineasta: “Una riapertura delle indagini c'é. L'ho richiesta ancora una volta, depositando provocatoriamente il libro scritto da Giordana prima del film, segnalando il fatto nuovo: uno dei poliziotti assegnati all'epoca al caso, oggi in pensione, è venuto fuori, ha deciso di parlare, di fare i nomi delle persone che impedirono le indagini. Alla Procura di Roma sta per essere assegnato un pubblico ministero con nome e cognome che si assumerà la responsabilità, in condizioni storiche diverse e con una magistratura mutata, di ricominciare a investigare, di chiarire quella verità che non è mai stata trovata per deliberata volontà di non cercarla”. Alla Procura di Roma precisano che il sostituto procuratore designato dovrà innanzi tutto valutare se esistono oppure no gli estremi per riaprire il caso, poi si vedrà. “È un primo passo. Sono molto fiducioso”, dice l'avvocato Marazzita. Ma vent'anni dopo la morte di Pasolini resta un ricordo bruciante, un fantasma oscuro, un rimorso, così come la sua assenza rimane un vuoto immedicabile della cultura italiana. Sul delitto compiuto nella notte tra l'1 e il 2 novembre 1975 all'Idroscalo di Ostia da Pino Pelosi, diciassettenne che confessò d'avere ucciso da solo “per onore”, perché Pasolini pretendeva da lui prestazioni sessuali diverse da quelle di cui avevano pattuito natura e prezzo, e che la sentenza di primo grado poi riformata da altre due sentenze indicava come assassino “in concorso con ignoti”, ossia in complicità con altre persone, durante quasi vent'anni sono state condotte inchieste anche private, sono stati pubblicati libri e realizzati film pure in Inghilterra e in Germania. Tre i dilemmi: fu un crimine privato o un delitto politico, perché le indagini vennero condotte e subito bloccate con liquidatoria cialtroneria e fretta indecente, Pelosi era davvero il solo uccisore o altri erano con lui? L'ultimo interrogativo è il meno enigmatico. Chiunque abbia letto la perizia eseguita all'epoca dall'anatomopatologo professor Faustino Durante per incarico della famiglia Pasolini, chiunque abbia visto le fotografie allegate che compaiono con la rapidità di lampi crudeli anche nel film, non ha molto dubbi: quel corpo non può essere stato a tal punto straziato, massacrato, spappolato, pestato e devastato da uno solo. è questa la sola tesi sostenuta con certezza da Pasolini un delitto italiano, primo film italiano in concorso a Venezia, come dal libro di Enzo Siciliano “Vita di Pisolini” edito da Giunti a cui il film si ispira, come pure da “Pasolini Requiem”, la vasta biografia americana scritta da Barth David Schwartz appena pubblicata da Marsilio. Dice insomma il regista Marco Tullio Giordana: Pelosi non uccise da solo, le indagini vennero fatte malissimo e subito abbandonate per incuria, per pregiudizio contro gli omosessuali o per vantaggio di qualcuno; chi poi fossero gli altri uccisori (prostituti, sfruttatori di prostituti, fascistelli intenzionati a “dare una lezione”, criminali comuni) e se abbiano ucciso in conto proprio o altrui, soltanto la magistratura può appurarlo, deve chiarirlo almeno adesso, vent'anni dopo. Nel film tragico, sobrio, commovente e incalzante che racconta la morte, le pessime indagini e il primo processo a Pelosi, Pasolini appare soltanto nelle immagini del massacro, in fotografie o materiali televisivi d'epoca, nella lettura dei suoi versi o dei suoi articoli che processavano e condannavano con oltre vent'anni di anticipo quella leadership partitico-governativa italiana ora politicamente disfatta e giudiziariamente sotto inchiesta: giusta scelta, far interpretare Pasolini da un attore sarebbe stato insopportabile. La ricostruzione dei fatti è affidata a un mix sapiente di messa in scena e documenti cinetelevisivi del 1975, di bianconero e colore, di personaggi reali e di attori molto bravi: Massimo De Francovich e Toni Bertorelli sono eccellenti nelle parti del perito professor Durante e d'un poliziotto che vorrebbe fare il suo mestiere d'investigatore e ne viene impedito; Carlo De Filippi è Pino Pelosi, Nicoletta Braschi è la cugina ed erede di Pasolini Graziella Chiarcossi, Giulio Scarpati e Claudio Bigagli sono gli avvocati Marazzita e Calvi, Claudio Amendola è un altro poliziotto onesto; Adriana Asti, Umberto Orsini, Paolo Graziosi recitano bene per amicizia e affetto piccole parti.
Autore critica:Lietta Tornabuoni
Fonte critica:La Stampa
Data critica:

3 Settembre 1995

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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