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Carmen Story - Carmen

Regia:Carlos Saura
Vietato:No
Video:General Video, San Paolo Audiovisivi
DVD:Universal
Genere:Drammatico - Musicale
Tipologia:Spazio critico
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto da un racconto di Prosper Merimée
Sceneggiatura:Carlos Saura
Fotografia:Teodoro Escamilla
Musiche:Teresa Nieto, brani della "Carmen" di Georges Bizet
Montaggio:Pedro Del Rey
Scenografia:Teresa Nieto
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Antonio Gades (Antonio), Laura Del Sol (Carmen), Paco De Lucia (Paco), Marisol (Pepa Flores), Cristina Hoyos (Cristina), Stella Aruzo, Jose' Antonio Benitez, Enrique Esteve, Jose' Gavino, Juan Antonio Jimenez (Juan), Ernesto La pena, Jose' Luna Tauro, Sebastian Moreno (Escamillo), Rocio Nacarrette, Antonio Quintana, Fernanda Quintana, Carmen Villa, Jose' Yepes, Pepe Giron, Ana Yolanda Gavino
Produzione:Emiliano Piedra
Distribuzione:Cineteca Lucana
Origine:Spagna
Anno:1983
Durata:

100’

Trama:

"Maitre de ballet" di grande fama, Antonio, accompagnato dall'amico e musicista Paco, crede di avere scoperto, girando per la scuole di danza della città, la sua futura Carmen, la danzatrice di "flamenco" destinata ad essere l' "étoile" dell'omonimo, grande balletto che Antonio vuole mettere in scena. La giovanissima donna entra così a fare parte del corpo di ballo di Antonio. Sotto la guida della più esperta e bravissima Cristina, Carmen si rivela allieva docile, paziente e tenace. Ma Antonio, mentre è sinceramente infervorato nella sua opera di creatore, si innamora pazzamente della sua nuova ballerina, essendone ricambiato. Fra prove di balletto, lezioni individuali ed una intesa apparentemente intensa e perfetta, passa un po' di tempo, finchè esce di prigione Juan, il sin qui ignorato marito di Carmen. Anche se questa non lo ama più, non ama più nemmeno il suo maestro. Juan sarebbe anche disposto, per denaro, a scomparire per sempre, ma, durante una serrata e drammatica danza a due, Antonio "uccide" per gelosia il rivale. Non è che un gioco ed una rappresentazione simbolica e una sfida, ma allorchè la fatua Carmen viene sorpresa da Antonio con un componente del balletto nel magazzino dei costumi, il ballerino, furente e lucido, la uccide.

Critica 1:Direttore di gran fama trova una nuova ballerina per l'allestimento del suo nuovo balletto su Carmen. Se ne innamora. La ragazza prima lo ricambia, poi si stanca. Quando si vede tradito, la uccide. Film balletto più vicino al celebre racconto di Prosper Merimée che alla partitura di Georges Bizet. Non una trasposizione, ma un film d'autore secco, irresistibile, con due ballerini magici.
Autore critica:
Fonte criticaFonte: Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Prima Carmen, che precede l'invasione dei nostri schermi di questo personaggio, provocata dalla liberalizzazione dei diritti d'autore dell'opera di Bizet. Delizierà gli amanti dell'innovazione quanto quelli della tradizione: proprio agli eredi di questa tradizione, come il coreografo-ballerino Antonio Gades, come il celebre chitarrista di flamenco Paco de Lucia e come la stessa protagonista-rivelazione Laura del Sol si deve infatti il piacere procurato dalia visione del film. Poiché questa Carmen non guarda tanto all'opera di Mérimée e di Bizet, quanto all'operazione di messa in scena di un balletto da parte di Gades.
Saura filma tutto ciò con splendida fluidità, anche se sembra prediligere le angolature alla All That Jazz di Bob Fosse piuttosto che quelle di una più originale e forse autentica visione iberica. Dove lo si segue meno (confermando così il discorso su una certa sua crisi d'ispirazione) è quando egli cerca d'introdurre i propri temi, quali la fusione fra realtà e finzione. La sua idea di far accadere agli attori veri, ed al loro regista, quel che succede alla Carmen della tradizione, è non soltanto un procedimento risaputo e abusato, ma avviene nel film di Saura con un'artificiosità che può anche infastidire. Anche perché se Gades è grande coreografo e ballerino, non necessariamente sa essere altrettanto grande attore cinematografico. Ma il ritmo, la sensualità ed il mestiere dei protagonisti bastano ad assicurare a questa Carmen un loro spazio privilegiato nella memoria dello spettatore.
Autore critica:Fabio Fumagalli
Fonte critica:rtsi.ch/filmselezione
Data critica:

17/11/1983

Critica 3:Negli anni del dopoguerra, diciamo fino a tutti gli anni Cinquanta, è fiorita in Italia, com'è noto, la moda dei film-opera. Un sottofilone di questa produzione era costituito dalle cosiddette opere-parallele (Carmine Gallone gran specialista), cioè dai film che raccontavano storie di artisti lirici i quali nella loro vita privata ripetevano fatalmente gli eventi - amore e morte, soprattutto - dell'opera che portavano in scena.
Ora questa Carmen Story può essere definita, in prima istanza, un balletto-parallelo. Una storia di ballerini, cioè, che nella loro vita privata ripetono fatalmente gli eventi - amore e morte - del balletto che stanno mettendo in scena. Le cose però, stavolta, sono un po' più complicate. Carlos Saura, dopo aver lavorato con soddisfazione insieme al ballerino-coreografo Antonio Gades per Bodas de sangre (…), ricostituisce il
sodalizio per questa Carmen. Tra le due fatiche, due pellicole non conosciute da noi, Dulces Horas (1981) e Antonieta (1982). Con Gades - e con lo stesso produttore d'allora, Emiliano Piedra - si torna alla formula del film-balletto, o meglio del «balletto-da-fare»; con qualche differenza. Se in Bodas de sangre «si partiva da un balletto rifinito in tutti i suoi aspetti da Antonio Gades - è Saura che parla - e io mi limitavo a tradurre in cinema ciò che vedevo, in Carmen, al contrario, Gades e io abbiamo cominciato da zero... il film servì di prova e di base all'omonimo balletto, poi rappresentato dalla compagnia di Gades». «Balletto-da-fare», si diceva, nel senso in cui Pirandello chiamava «commedie-da-fare» i suoi copioni del teatro-nel-teatro. La fase delle prove, quella della faticosa e progressiva messa-in-scena, dell'assemblaggio e dell'edificazione dei diversi elementi che concorrono a fare uno spettacolo; già, fin da Bodas de sangre, Saura aveva espresso il suo interessamento per il momento della prova, privilegiandolo su quello della recita.
Il dinamismo del racconto, la capacità unica di Saura (e del suo fotografo Teo Escamilla, la cui carriera cominciò proprio con questo regista: secondo operatore in La caza, passò a Cria cuervos come primo operatore) di esaltare l'espressione del corpo, la mobilità della cinepresa (nel seguire per esempio raso terra i passi dei ballerini), la capacità di restituire la grintosità e il «feeling», diremmo noi, degli artisti in attività, tutto ciò costituisce il pregio più evidente della pellicola. Che magari delude nel finale, col fatto di sangue «reale» (è il coreografo Antonio che accoltella la ballerina, non don José che fa la scena: o no?) abbastanza sorprendente. E piuttosto «piatto» sotto il profilo espressivo, con quell'ultima inquadratura banale dei compagni di lavoro che continuano tranquillamente a chiacchierare e a giocare a carte seduti ai tavoli.
Partiamo pure da qui. È davvero «reale» questa uccisione, avviene cioè nella diegesi del racconto? O non è piuttosto l'ultima azione del balletto in prova, com'era stata subito prima la sfilata in onore di Escamillo? (Come al solito allusiva, ellittica, con la gente in blue-jeans e solo il torero in costume, che del resto è un costume valido ai tempi di Carmen come ai giorni nostri). A parte il richiamo, nel gesto estremo, all'amplesso (in senso fisico, dico, non nei significati trasposti del coltello, della penetrazione ecc.), a parte soprattutto la probabile componente ironica - l'ironia serpeggia qua e là in tutta l'operazione, commista al torrido afflato drammatico - l'inquadratura finale dei pacifici giocatori di carte potrebbe sottolineare la finzione, stabilire che sono i compagni di lavoro del ballerino intenti a recitare i personaggi della Carmen.
Realtà, finzione. Il fatto è che tutto il film è una con-fusione di coppie di valori. Tutto è doppio, tutto si rispecchia in qualcos'altro, tutto si mescola in una inestricabile fascinosa dimensione. Lo specchio, che diventa una figura fondamentale, è tra l'altro un elemento dominante nel lavoro di questi ballerini, e dei ballerini in generale: spesso Antonio e gli altri si guardano nelle grandi specchiere della palestra, le loro immagini vengono riflesse in modo da costituire non soltanto immagini-guida ma anche dei «modelli fantastici». (…)
Ma in fondo Carmen Story non è neppure, o non solo, un film-balletto. È un film-film, proprio nel senso di cinema quintessenziato. Saura dice che la Carmen è la storia di un'ossessione, la «historia de una pasión devoradora»: ma lo è anche il rapporto fra Antonio e il balletto, fra Saura e il film. Gli specchi continuano a rimandarsi immagini riflesse; di fronte a questo film vanno a gambe all'aria i concetti della sintesi e del «secondo grado di lettura», della denotazione e della connotazione.
Il risultato lo possiamo chiamare davvero magico, in fondo la confusione delle coppie di valori di cui si è detto arriva ad una «terza dimensione» (anche in senso esoterico). Il critico musicale Giulio Confalonieri ha emesso un giudizio interessante sulla Carmen di Bizet: Carmen è lanciata così lontano nelle zone dell'immaginazione, nelle zone della geografia fantastica, nelle zone della fatalità e del destino, che ha tutti i caratteri del mistero e può benissimo giustificare certe dottrine esoteriche di reincarnazione degli spiriti, di medianità, di telepatia, di divinazione, di chiaroveggenza». Strano destino, se si vuole, per un'opera che è stata indicata come portabandiera del realismo nel teatro musicale, e che invece è una «massima concentrazione di pure funzioni musicali», così come il film di Saura è un concentrato di pure funzioni cinematografiche. Non è la prima volta che questo regista ha a che fare col rapporto realtà/finzione, vita/scena, col gioco di specchi: basta pensare a La caza, a Anna e i lupi, a Cria cuervos, a Los ojos vendados, a Mamà cumple 100 años. In Carmen Story il suo gongorismo attinge il suo trionfo.
La magia, l'incanto. Il «duende», si chiama in Spagna, incanto misterioso e ineffabile, qualcosa di immaginario che inquieta, che ha a che fare con gli spiriti folletti, oltre che con lo spirito della Spagna. «Antonio Gades conserva questo spirito popolare - ha detto Saura - questa forma e sincerità che emana dall'interno, qualcosa di irripetibile, di magico... Gades è posseduto dal 'duende'». In «Teoria y juego del duende» Garcia Lorca parla di «potere misterioso che tutti sentono e che nessun filosofo spiega». Duende è fra l'altro il titolo di uno spettacolo di Lindsay Kemp ispirato a Lorca. Al quale probabilmente questa Carmen sarebbe piaciuta.
Autore critica:Ermanno Comuzio
Fonte critica:Cineforum n. 232
Data critica:

3/1984

Libro da cui e' stato tratto il film
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