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Ballata dei lavavetri (La) -

Regia:Peter Del Monte
Vietato:No
Video:Cecchi Gori Home Video
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Migrazioni
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:dal romanzo "Il polacco lavatore di vetri" di Edoardo Albinati
Sceneggiatura:Sergio Bazzini, Peter del Monte, Dominik Wieczorkowski
Fotografia:Pasquale Mari
Musiche:Dario Lucantoni
Montaggio:Roberto Missiroli
Scenografia:Anna Maria Donatella Sciveres
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Stefano Burczyk, Victor Cavallo, Marco Lucarelli, Kim Rossi Stuart
Produzione:P.F.A. Films Video
Distribuzione:Mikado
Origine:Italia
Anno:1998
Durata:

94'

Trama:

Alla fine degli anni Ottanta una famiglia polacca arriva a Roma in attesa di ottenere il visto per il Canada. Per la sopravvivenza quotidiana, tutti si ingegnano in piccole attività. Il capofamiglia, Janusz, lava i vetri delle macchine insieme al fratello Zygmunt e al figlio Rafal. Helena, la sua nuova compagna, e la figlia Justyna vengono assunte per lavori domestici da una famiglia. Improvvisamente Janusz scompare senza lasciare traccia di sé. Di fronte a questo episodio, Zigmunt si dà all'alcool e, mentre vagabonda sotto i ponti, vede apparirgli il Papa che gli parla e lo rimprovera. Un altro polacco da tempo a Roma, Pawel, fa entrare Rafal, giovane e introverso, in un giro di piccola delinquenza. Durante uno di questi "lavoretti", esplodono contrasti e violenza, e Rafal finisce con l'uccidere un boss napoletano. Justyna, mentre torna a casa di sera, viene avvicinata da alcuni ragazzi che le offrono un passaggio. Quando capisce le loro vere intenzioni, Justyna scappa ma cade a terra e muore. Poco dopo ad uno dei suoi inseguitori, il più giovane ed addolorato, riappare in cielo sopra Castel Sant 'Angelo. Intanto Rafal si è rifugiato a casa di una prostituta conosciuta tempo prima. Le deruba un po' di cose e poi va via. Zigmunt, sempre nell'ebrezza dell'alcool, sogna di essere a casa, in un locale dove si mangia e si balla allegramente.

Critica 1:Alla fine degli anni '80, giunta a Roma per un'udienza del Papa, una famiglia polacca si ferma e, in attesa di un visto per il Canada, s'industria per sopravvivere: gli uomini come lavavetri, le donne come domestiche. La morte accidentale del capofamiglia, discordie interne, contatti con la violenza e l'illegalità la sfaldano. Dal romanzo Il polacco lavatore di vetri di Edoardo Albinati, adattato liberamente dal regista con Sergio Bazzini e Dominik Wieczorkowski. Rifiutata l'opzione della denuncia sociale (l'immigrazione straniera in Italia, colta nella sua fase iniziale dell'Est europeo; la disgregazione di un gruppo familiare in un contesto nuovo; la descrizione dell'intolleranza, esplicita o indiretta, dell'italiano medio verso gli immigrati stranieri, parallela al loro sfruttamento, tutti temi presenti nel film), Del Monte ha scelto la chiave del grottesco fantastico, onirico, surrealistico di tipica derivazione dalla letteratura e dal cinema polacco.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Lavavetri. Quanti ne incontriamo ogni giorno ai semafori delle nostre città, ed é difficile reprimere un senso di fastidio o di insofferenza, specie quando ti senti “aggredito” (o hai la macchina pulita). Sono polacchi, albanesi, pakistani, egiziani, serbi, tunisini... Umiliati e aggressivi: nelle loro facce c'é la rabbia di chi é di transito verso altri paesi, perché di quel lavoro non si può vivere. É a loro che Peter Del Monte ha dedicato La ballata dei lavavetri (fuori concorso), anche se il regista di Piso Pisello premette: “I temi sociali non mi hanno mai interessato, ma filmare gli occhi di Agata Buzek é stata per me una rara occasione di piacere”. Sarà per questo che il film, liberamente tratto dal racconto di Edoardo Albinati “Il polacco lavatore di vetri” rielaborato con Sergio Bazzini, si distacca quasi subito dal realismo tipico di queste storie di emigrazione per giocare la carta di una visionarietà quasi zavattiana, etica e stralunata. Scelta rischiosa forse non proprio nelle corde del “minimalista” Del Monte. Il quale, a due anni dal notevole Compagna di viaggio, pare muoversi con qualche incertezza di stile nella respingente (sul piano commerciale, si intende) materia. Siamo sul finire degli anni Ottanta. A Roma per un'udienza dal Papa, una famiglia polacca non risale sull'autobus in partenza per Radom. Ospitati dall'ambiguo Pawel, i “clandestini” si barcamenano come possono: l'ex operaio Janusz insieme al fratello ubriacone Zygmunt e al figlio Rafal lavano vetri ai semafori sul Lungotevere, Helena e la figlia Justyna vengono prese come cameriere presso una famiglia borghese. L'idea é di fermarsi pochi mesi, in direzione Canada. Ma un giorno Janusz, dopo aver gettato nel Tevere una sua foto che lo ritrae operaio, scompare. Suicidio? Omicidio? Una resa dei conti? Voglia di eclissarsi? Avrete capito che l'assenza del capofamiglia fa precipitare la situazione. Ed é qui che il film prende un'altra strada. L'alcolico Zigmunt comincia a “vedere” Papa Wojtyla che gli parla da un ponte vestito di bianco; il taciturno Rafal viene introdotto in un giro balordo e finisce con l'uccidere un trafficante napoletano di cavalli e scrofe; Pawel si ritrova a vagare nudo per Roma come il Sordi di Un giorno in pretura; la eterea e soave Justyna (sembra uscire da un dipinto di Piera della Francesca) é presa di mira da due “coatti” che la portano sull'Appia con l'intenzione di violentarla. Nel finale inatteso vediamo addirittura la ragazza e il suo cane volare letteralmente sopra Castel Sant'Angelo, come angeli di Chagall in libera uscita, verso un mondo migliore... Peter Del Monte firma un film inconsueto e nàif, che maneggia materiali fuori moda, come l'allucinazione mistica, l'enigma del quotidiano, l'affondo surreale/grottesco. E però l'assenza di un reale controcanto italiano alla vicenda, con l'eccezione della viziata bambina borghese, crea nello spettatore un senso di distacco e di estraneità. Ma gli interpreti Agata Buzek e Olek Mincer sono bravi, Kim Rossi Stuart nel ruolo dello scorticato Rafal parla a monosillabi e dunque é credibile come polacco, mentre Victor Cavallo si produce alla Fregoli in sei piccoli ruoli di contorno, ovviamente tutti sgradevoli (quando gli faranno rifare una parte da buono?)
Autore critica:Michele Anselmi
Fonte critica:l’Unità
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:Polacco lavatore di vetri (Il)
Autore libro:Albinati Edoardo

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