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Quattro passi tra le nuvole -

Regia:Alessandro Blasetti
Vietato:No
Video:Mondadori Video, 20th Century Fox Home Entertainment (Il Grande Cinema)
DVD:
Genere:Commedia
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Piero Tellini, Cesare Zavattini
Sceneggiatura:Giuseppe Amato, Alessandro Blasetti, Aldo De Benedetti, Piero Tellini, Cesare Zavattini
Fotografia:Vaclav Vich
Musiche:Alessandro Cicognini
Montaggio:Mario Serandrei
Scenografia:Virgilio Marchi
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Gino Cervi (Paolo Bianchi), Giuditta Rissone (Clara Bianchi), Adriana Benetti (Maria), Guido Celano (Pasquale fratello di Maria), Giacinto Molteni (Matteo), Aldo Silvani (Luca padre di Maria), Margherita Seglin (Luisa madre di Maria), Silvio Bagolini (suonatore di tromba sulla corriera), Oreste Bilancia (il droghiere di Campolo), Gildo Bocci (contadino sulla corriera), Paolo Bonecchi (viaggiatore), Arturo Bragaglia (il viaggiatore nervoso), Anna Carena (la maestra sulla corriera), Ada Colangeli (Anna la contadina), Pina Gallini (signora Clelia), Aristide Garbini (Giovanni il benzinaio), Lauro Gazzolo (controllore sul treno), Luciano Manara (il settentrionale sulla corriera), Armando Migliari (sor Antonio il Capostazione), Virgilio Riento (viaggiatore corriera), Carlo Romano (Antonio autista corriera), Umberto Sacripante (suonatore girovago), Mario Siletti (fattorino della corriera), Enrico Viarisio (compagno di viaggio)
Produzione:Giuseppe Amato per Cines
Distribuzione:Cineteca Nazionale
Origine:Italia
Anno:1942
Durata:

94’

Trama:

Paolo Bianchi, un commesso viaggiatore sposato con figli, incontra in treno una ragazza sedotta da un uomo che l'ha poi abbandonata. Ritorna dai suoi genitori in campagna ma ha timore di confessare loro la sua sventura e prega lo sconosciuto di accompagnarla e di presentarsi - soltanto per qualche ora - come suo marito. Il giovane, mosso a pietà dall'angoscia della ragazza, acconsente ma l'artificio non regge. Il marito improvvisato dopo poche ore di vita irreale, costruita dal sogno e dalla pietà, se ne torna alla sua casa e alla vita di ogni giorno, riuscendo però a far perdonare la figlia dai genitori.

Critica 1:Commesso viaggiatore, sposato, accetta di fingersi marito di una ragazza incinta che ha paura di tornare dai suoi, gente di campagna e all'antica. Il trucco viene scoperto, ma lui riesce a far perdonare la ragazza-madre. Sceneggiato da De Benedetti, Zavattini e Amato, è garbato e incisivo nella prima parte, un po' convenzionale e dolciastro nella seconda. Fu considerato con Ossessione e I bambini ci guardano uno dei film che anticiparono il neorealismo postbellico. Rifatto 2 volte, come Era di venerdì 17 (1956) e Il profumo del mosto selvatico (1995).
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Se non proprio Blasetti, a liquidare il mito del duce-padre ci penseranno le dure repliche della storia. Il consenso al regime aveva raggiunto il suo apice con l'impresa d'Etiopia. Da lì era iniziata la fase calante, accentuata dalle prime «imprese», nella seconda guerra mondiale, del regio esercito, che rivelarono la retorica e la falsità sottese agli otto milioni di baionette. In tale situazione non deve stupire che «Quattro passi tra le nuvole» costituisca una svolta radicale rispetto ai precedenti film del regista (basti pensare, tanto per restare in tema di figure virili, a Gino Cervi, attore prediletto di Blasetti: dopo essere stato eroico ufficiale di marina in Aldebaran, invincibile soldato in Fieramosca, beffardo amico del popolo in Salvator Rosa, re folle, ma non privo di una sinistra grandezza in La corona di ferro, eccolo ora commesso viaggiatore in dolciumi. Tuttavia, la svolta verso i toni dimessi e quotidiani non era frutto della delusione provata da Blasetti per «l'inganno fascista» ma, piuttosto, un segno dei tempi.
Il regista, in realtà, non fece una scelta d'autore, ma in un certo senso fu scelto, e accettò di mettere la sua professionalità al servizio del film. Lui stesso, del resto, conferma di essere arrivato a «Quattro passi tra le nuvole» in modo casuale. Era reduce da una serie di progetti, appartenenti per lo più al filone in costume, andati a vuoto: un film su Francesca da Rimini; una rievocazione dei «Vespri siciliani»; una riduzione della Figlia di Iorio, da lui scartata e infine Harlem che doveva esaltare le virtù dei nostri emigrati e fu poi diretto da Gallone. Dopo tante iniziative abortite, Peppino d'Amato, d'accordo con Freddi gli sottopose una rosa di copioni, tutti respinti, fino a che gli «capitò tra le mani» quello di Quattro passi tra le nuvole. Il regista lo scelse, essendo «ben lungi dal pensare - sono parole sue - di star facendo un film che si sarebbe inserito nella corrente neorealistica».
Si tratta di un film di viaggio, ma non è un viaggio verso la rinascita, come i precedenti di Blasetti. E ciò non solo perché in Quattro passi tra le nuvole non c'è proprio niente di epico e tanto meno di celebrativo, ma soprattutto perché Paolo Bianchi non viaggia dalla periferia di una città qualunque a un non precisato posto di campagna, bensì sogna di viaggiare: la dimensione onirica, del resto, è richiamata anche dal titolo.
Ma c'è di più, il film si apre e si chiude in due momenti cronologici identici (un mattino e quello successivo), nello stesso luogo e nella medesima situazione: già ciò ci induce a dubitare che il protagonista abbia solo sognato.
Il dubbio diviene quasi certezza se pensiamo che le due parentesi urbane che racchiudono il film sono estremamente realistiche, mentre il viaggio in campagna è palesemente ricostruito, fittizio: un sogno, appunto.
La messa in scena ha qui un'importanza decisiva, ed altrettanta ne ha nel farci comprendere che lo sguardo di Blasetti sul rapporto conflittuale città/campagna è mutato. Il realismo dell'inizio e del finale si scontrano con l'«artificialità» pressoché esibita del mondo rurale che è ulteriormente rafforzata dalla teatralità delle situazioni e della recitazione sopra le righe. Se dunque la città è luogo del reale, la campagna lo è dell'irreale; alla coppia oppositiva città-campagna si sostituisce il binomio realtà-finzione.
Il cittadino non entra in contatto con un ambiente che lo rigenera ma soltanto con un mondo fittizio, arcadico nel vero senso della parola. E l'Arcadia - dice il film - non esiste, è pura finzione, messa in scena, o meglio il sogno di un commesso viaggiatore frustrato.
Blasetti liquida l'ipotesi ruralista e approda a una totale assenza di certezze: poiché se la salvezza non può venire dalla campagna, tanto meno potrà nascere nella cupa, oppressiva, alienante città.
Un pessimismo tanto radicale riflette i tempi bui della guerra ed è in particolare sintomo dello smarrimento della società italiana di fronte al grande processo avviato dall'urbanizzazione e dall'abbandono delle campagne.
Fenomeno cui Blasetti aderisce col «massimo di partecipazione affettiva».
Autore critica:Gianfranco Gori
Fonte critica:Alessandro Blasetti, Il Castoro Cinema
Data critica:



Critica 3:
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Libro da cui e' stato tratto il film
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