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Cuore di cane -

Regia:Alberto Lattuada
Vietato:No
Video:Deltavideo
DVD:
Genere:Grottesco
Tipologia:Letterature altre
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal romanzo omonimo di Michail Bulgakov
Sceneggiatura:Alberto Lattuada
Fotografia:Lamberto Caimi
Musiche:Piero Piccioni
Montaggio:Sergio Montanari
Scenografia:Vincenzo Del Prato
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Mario Adorf (Ivan Arnol'dovic B.), Pia Attanasio (Pelageja Ivanovna),Violetta Chiarini (Vjazemskaja), Eleonora Giorgi (Zian Bunijna), Vadim Glowna (Schwonder), Whisky il cane (Bob), Adolfo Lastretti (Giudice Istruttore), Franco Mazzieri (l'oste), Elena Mercury (Natasa), Rena Niehaus (Zoja), Giuliano Petrelli (Sarovkjam), Cochi Ponzoni (Poligraf Bobikov), Enzo Robutti (il commissario),Gina Rovere (Dar'ja Petrovna), Amerigo Tot (portiere), Max Von Sydow (Filipp Filippovic)
Produzione:Filmalpha (Monaco) - Corona Cinca - Mario Gallo e Alberto Lattuada
Distribuzione:Istituto Luce – Cineteca Nazionale
Origine:Italia
Anno:1976
Durata:

113’

Trama:

Il prof. Philip Philippovic Preobrazenskii e il suo assistente Ivan Bormental, dopo lunghi studi sui rapporti tra la vita animale e quella umana, applicano le esperienze fatte su di un cane randagio, Bobi, cui trapiantano organi vitali di un funzionario moscovita morto da tre ore. Con loro stessa meraviglia, ottengono un soggetto umanoide che, dopo diverse avventure e prese di coscienza parziali, pretenderà l'iscrizione all'anagrafe come Poligraf Poligrafovic Bobikov. Uomo esternamente, cane nei sentimenti e in certi atteggiamenti, Bobikov fraternizzerà con il comunista convinto Schvonder, capo del comitato del palazzo; metterà in serio imbarazzo i suoi antirivoluzionari e borghesi scienziati; si attaccherà alla domestica Zina e tenterà di fidanzarsi con la compagna Zoja. Quando le sue azioni e i suoi ricatti minacciano la tranquillità di Philip e Ivan, i due scienziati lo opereranno nuovamente, riportandolo alla condizione di cane randagio.

Critica 1:In Russia, dopo la rivoluzione del '17, professore trapianta in un cane gli organi di un uomo. L'essere strano combina tanti guai che lo scienziato decide di ritrasformarlo nell'animale che era prima. A. Lattuada ha dilatato un po' troppo la satira della borghesia e della burocrazia russa di cui parla l'omonimo romanzo (1925) di Michail A. Bulgakov, ma ha ottenuto da C. Ponzoni un'interpretazione vitale e pregnante. E anche un film dell'orrore. Raffreddato.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:(…) riscrivendo la sceneggiatura assieme a Mario Gallo (un primo trattamento era stato fatto con Ivo Perilli), Lattuada riesce in primo luogo, partendo da un testo tortuoso ed ellittico, ad operare la ricomposizione di una vettorialità, di una causalità narrativa che è il segno distintivo delle sue riduzioni da opere letterarie; in secondo luogo, a sfruttare la disponibilità " teorica " di ogni testo scritto a diventare «cinema» e ad assicurarne la rappresentabilità secondo le linee «razionali» di una poetica continuamente presente. Inoltre - e qui siamo al centro di uno dei motivi più riconoscibili di Lattuada - le sensibili deviazioni (personaggi, dialoghi, interi episodi) rispetto al romanzo di Bulgakov hanno la funzione di piegarne l'esemplarità alla significazione di convincimenti e tesi personali, esplorando analiticamente, ancora una volta,
il territorio polimorfo e ambiguo della ragione.
Di solito il testo di Bulgakov è letto in maniera metaforica, come se vi fosse corrispondenza tra la crescita accelerata del cane-uomo ad opera del prof. Preobrazenskij e la trasformazione forzata verso il comunismo che la società russa subisce dopo la vittoria della rivoluzione. Lattuada conserva il significato simbolico della analogia, anzi la intensifica mettendo in bocca a Preobrazenskij la denuncia esplicita del fallimento: «Questo è ciò che si ottiene quando invece di procedere secondo le leggi di natura e il loro ritmo, si accelera il passo artificialmente. Risultato: Bobikov, un farabutto ingovernabile». Ma nel momento in cui la scienza registra la propria sconfitta («La scienza non riesce ancora a trasformare le bestie in uomini») il film ne recupera la parte più profonda, meno legata alle modificazioni storiche e culturali: la facoltà raziocinante. Quando si vede confermata l'impossibilità di trasformare il cane in un essere umano, sanzionando così l'apparente fallimento di un'operazione tutta " di testa ", il professore ricorre proprio alla «razionalità» della scienza per ripristinare lo stato iniziale attraverso un'operazione chirurgica analoga alla precedente: l'«uomo» viene riportato alla condizione di «cane».
«Natura non facit saltus, scientia tamquam facit saltus» afferma convinto Preobrazenskij: la scienza, come sistema chiuso di leggi e di pratiche, vede riconosciuta la propria funzione riuscendo a trasformare un cane in un uomo, ma si vede addirittura assegnare un ruolo onnipotente ricomponendo uno stato di natura che appariva irrimediabilmente perduto. La conoscenza della chimica, della fisiologia e dell'anatomia, confluite operativamente nella pratica chirurgica, fondano la superiorità di Preobrazenskij di fronte ai risultati empirici del dottor Frankenstein o del vecchio rabbino costruttore del Golem; in fondo la differenza tra la scienza e l'empirismo sta proprio in quella piccola ampolla contenente l'ipofisi del cane che il professore, dopo l'operazione, tiene gelosamente e fiduciosamente custodita nel suo armadio: è la possibilità di tornare indietro. Anche in questo caso Lattuada, nel solco della «poetica della razionalità», afferma il primato del procedimento - qui addirittura potenziato dalla possibilità di effettuarlo in direzione inversa - sulla bontà e la qualità del risultato. E che sia in gioco non solo la scienza ma più in generale il concetto di «razionalità» è testimoniato dalle parole di Preobrazenskij all'inizio del film, di fronte al disordine provocato dal nuovo ordinamento sociale: «Il caos non è nelle cose, ma nelle teste». Per Preobrazenskij non esiste una «irrazionalità del reale», ma unicamente l'incapacità a guidarlo, a coordinarlo, a modificarlo; la protesta del professore contro i bolscevichi parte non da un generico atteggiamento conservatore, ma dalla riaffermazione della capacità di trasformare il reale mediante un intervento su di esso, a patto però che sia garantita a questa azione la strumentazione idonea e la possibilità di sorvegliarne razionalmente il decorso. E i volti perplessi e sconcertati di Schwonder e dei suoi compagni, nell'ultima sequenza, di fronte a Bobikov tornato cane, esprimono un misto di impotenza e di ammirazione per le facoltà scientifiche, al limite della stregoneria, di ristabilire uno stato originario che sembrava ormai irrecuperabile e umanamente impensabile.
Tuttavia è proprio Preobrazenskij il responsabile principale del fallimento, non essendo capace di uscire dalla logica scientifica e precludendosi così la comprensione dei diversi livelli cui va articolandosi la crescita della sua creatura. Mentre continua ad annotare scrupolosamente sul suo taccuino i progressi evolutivi di Bobikov, quest'ultimo compie le sue prime incursioni in un mondo di cui non conosce abitudini e norme ma di cui va scoprendo gradualmente le sensazioni, i piaceri, i dolori. L'attrazione per un giovane omosessuale, la gioia con cui organizza una festa con gli amici, il pianto per il rifiuto della bella Natala, la felicità per l'amore ricambiato di Zoja sono dimensioni istintuali che Preobrazenskij ignora o che, se venutone a conoscenza, tenta di reprimere in nome di un formalismo (esatta dizione, buone maniere, eleganza, pulizia) di cui si va mano a mano rivelando la natura reazionaria. Preobrazenskij rimprovera ai rivoluzionari la disorganizzazione con cui costruiscono il nuovo ordinamento sociale, questi ultimi rinfacciano al professore la severità nel censurare il comportamento di Bobikov. Preobrazenskij pecca per eccesso di ragione e mancanza di sentimento, i bolscevichi per eccesso di disordine e difetto di razionalità. Chi ne fa le spese è Bobikov, frutto della scienza e vittima dell'istinto, risultato della medicina e creatura della vita.
Assieme alla ragione, come sempre, Lattuada rende significante il dato della finzione. Una finzione, in primo luogo, dentro il racconto filmico, che lo carica di una forza simbolica trasgressiva rispetto alle convenzioni che regolano i rapporti tra i personaggi e assicurano la credibilità delle situazioni. Una funzionalità che la finzione gioca rispetto agli eventi e che Lattuada aveva già espresso anni prima (…) e che riformula ora con particolare attenzione alla componente scenografica: «In un primo tempo avevo pensato che fosse possibile armonizzare gli " esterni " dal vero (in qualche città dell'Est europeo) con la scenografia degli " interni " costruiti a Cinecittà. Ho discusso a lungo con l'architetto Del Prato e sono arrivato alla conclusione che per dominare lo stile del film - forma e colore - mi fosse indispensabile un unico, grandioso palcoscenico. Il palazzo Kalabuchov, così, la via Precist'enka e il quartiere adiacente sono stati interamente costruiti a Cinecittà. In questo modo la neve è caduta " tecnicamente " a nostro comando. Una visione " reale " di Mosca, del resto, avrebbe rischiato di far perdere l'equilibrio a quei rapporti di forma e di colore che tendono a rendere vagamente favolistico lo sfondo dell'azione ». (Intervista a «Il Tempo», 1 febbraio 1976).
Ma Cuore di cane, come nota Turroni, «è anche un film dell'orrore». La caduta della coda, i volti stupefatti del professore e del suo assistente di fronte alle trasformazioni del corpo del cane, le zampe «umane» che escono dalla culla terrorizzando Zina, il corpo di Bobikov fasciato come una mummia che procede lentamente e a quattro zampe nella stanza scura e silenziosa fino ad alzarsi davanti allo specchio: tutti questi momenti sono testimonianza di un lavoro che Lattuada conduce sui modelli dei «generi» (in questo caso l'iconografia dell'horror) funzionalizzandone le potenzialità espressive e innestandoli sul tronco della sua storia.
Autore critica:Claudio Camerini
Fonte critica:Alberto Lattuada, Il Castoro Cinema
Data critica:

7-8/1981

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:Cuore di cane
Autore libro:Bulgakov Michail

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