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Toro (Il) -

Regia:Carlo Mazzacurati
Vietato:No
Video:Cecchi Gori
DVD:
Genere:Commedia
Tipologia:Il lavoro, Migrazioni
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto: Umberto Contarello, Carlo Mazzacurati, Sandro Petraglia, Stefano Rulli
Sceneggiatura:Umberto Contarello, Carlo Mazzacurati, Sandro Petraglia, Stefano Rulli
Fotografia:Alessandro Pesci
Musiche:Ivano Fossati
Montaggio:Mirco Garrone
Scenografia:Leonardo Scarpa
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Diego Abatantuono (Franco Montagner), Roberto Citran (Loris), Marco Messeri (Tantini), Marco Paolini (Danilo), Ugo Conti (Antonio), Boris Dvornik (Marko), Zoltan Gera (Sandor), Alberto Lattuada (Giovanni Colombani), Paolo Maria Veronica (Nocchi), Roberto Zamengo (Tiziano)
Produzione:Officina Cinematografica - Penta Film
Distribuzione:Cecchi Gori
Origine:Italia
Anno:1994
Durata:

108’

Trama:

Licenziato dopo nove anni di lavoro in un allevamento di bovini pregiati, Franco Montagner, non riuscendo ad ottenere la liquidazione, si introduce di notte nell'azienda e decide di risarcirsi con Corinto, un toro da riproduzione. Con l'amico Loris, che ha un allevamento di vitelli, decide di andare a vendere il toro in Ungheria, dove Franco conosce il responsabile di una grossa cooperativa zootecnica, Sandor. Caricata l'enorme quanto mite bestia sul camion, devono superare problemi: al confine croato per i profughi di guerra, ai quali Marko, un capostazione generoso, vuole donare la carne del toro; quindi il camion che si rompe, con sosta in una fattoria dove un cordiale patriarca li ospita. Alla frontiera con l'Ungheria manca il certificato sanitario: i due incontrano un dinamico faccendiere italiano, Tantini, ed un ragazzo che in cambio del giubbone di Franco li fa traversare clandestinamente. Mentre Franco aspetta invano Loris con l'animale, nevica: alla fine li trova intirizziti dopo un guado gelido, accanto ad un fuoco. Il toro ha la febbre. Franco si adira con Loris, ma la vista di un immensa mandria li placa: è la zona di Sandor. Questi, anche se il post comunismo lo ha esautorato, accetta di fare da mediatore con un allevatore inglese, Ross, che però scopre che il toro è rubato. Ricomincia il calvario dell'animale, che deve anche subire i frizzi di Tantini ed i suoi amici, contattati in uno squallido night sul lago Balaton e usciti ad ammirare il prodigioso bovino. Loris difende, furente, l'animale, che ha anche un'infezione ad una gamba. Dopo una visita in una chiesina di campagna dove c'è un funerale ed una vecchietta che, vedendolo piangere, consola Franco, questi viene accompagnato da un tizio presso una cooperativa che ospita i due ed offre loro l'acquisto del toro in cambio di trecento vitelli, con i quali tornano in patria.

Critica 1:Mazzacurati conferma i buoni risultati di Un'altra vita, primo film della maturità artistica, con questa commedia dolce-amara dove si narra del viaggio di due amici verso l'est europeo. Vincitore del Leone d'Argento a Venezia e premio come miglior attore non protagonista a Roberto Citran. Franco viene licenziato da un'azienda che alleva bovini e per risposta ruba Corinto, il miglior toro. È però un toro particolare, da fecondazione artificiale. Convince l'amico Loris, molto perplesso a dire il vero, ad andare in Ungheria per venderlo. La cosa non è facile e dopo alcuni incontri di varia umanità i due dovranno ridimensionare il loro progetto. Buone le musiche di Ivano Fossati.
Autore critica:
Fonte criticamymovies.it
Data critica:



Critica 2:Il toro di Carlo Mazzacurati, con Diego Abatantuono e Roberto Citran uno più bravo dell'altro, è per metà riuscito, per metà no. Racconta un ambiente singolare e interessante, di rado o mai visto prima al cinema: una stazione di monta taurina con il suo campione Corinto, toro da riproduzione straordinario che vale un miliardo; le migrazioni dei bovini attraverso i confini da un Paese europeo all'altro, così simili a quelle degli uomini in fuga o deportati dalla guerra; le vaste imprese o le cooperative minori di allevamento del bestiame, l'analogia naturale tra persone di diverse nazioni e lingue che fanno lo stesso mestiere. Racconta uomini che conosciamo purtroppo bene, quelli che dopo anni di lavoro d'improvviso vengono licenziati, neppure riescono a farsi liquidare equamente, restano assediati dal bisogno di soldi e dall'assenza di futuro, neanche arrivano una sera a divertirsi ma soltanto a litigare tra loro: sono lavoratori, e di rubare, trafficare, commerciare, inventare, arrangiarsi non sono capaci. Per furore, rancore, urgenza e speranza, Abatantuono licenziato tenta un'impresa impossibile: ruba il toro prezioso, insieme con Citran lo caricano su un camion e partono per andare a venderlo in Ungheria. Nel viaggio incontrano i profughi del caos sanguinoso dell'ex Jugoslavia, una famiglia contadina ospitale, gente rifiutata e senza risorse quanto loro, il cambiamento postcomunista, il cinismo degli sfruttatori di catastrofi anche italiani, la sfortuna: quando il tentativo pare disperatamente fallito arriva la soluzione, uno scambio, il toro prodigioso contro trecento vitelli che consentiranno ai due di costruirsi una nuova attività. Parabola eloquente, e non nichilista. Momenti molto belli: il ritrovarsi di colpo circondati dal candore impenetrabile e misterioso della nebbia e della neve, l'enigma sconcertante delle lingue incomprensibili, le mandrie sterminate di bovini sulla pianura ungherese, la faccia di Abatantuono sconfitto che in una chiesa quasi prega, quasi piange. La parte del film che segue i due amici è bella e riuscita, anche se le loro personalità restano appena abbozzate e la loro impresa illogicamente strutturata; la parte sull'Est europeo risulta approssimativa, sommaria, nutrita di espedienti narrativi facili davvero troppo soliti (la festa di nozze, il locale notturno d'albergo). Forse per fretta o altro, il solido talento di Mazzacurati nel raccontare storie non è stato servito da una scrittura adeguata.
Autore critica:Lietta Tornabuoni
Fonte critica:La Stampa
Data critica:

4/9/1994

Critica 3:(…)Il soggetto de Il toro risplende per originalità nel conformismo del cinema italiano quotidiano: a tal punto che viene da chiedersi come l'autore sia riuscito a trovare i quattrini per questa storia dell'operaio di un allevamento di tori (Abbatantuono, in uno dei suoi ruoli più misurati, e quindi migliori) che, improvvisamente quanto ingiustamente licenziato, non trova di meglio - per ottenere quel minimo di giustizia che nove anni di rispettabilissimo lavoro comanderebbero - che rubare il toro di monta più prestigioso della ditta (Corinto: quinto al mondo, valore un miliardo). E convincere l'amico allevatore di vitelli (la bella testimonianza, silenziosa ed umanissima offerta da Roberto Citran) ad accompagnare lui ed il toro fino in Ungheria, dove lui conosce "qualcuno".
La sceneggiatura - secondo merito de Il toro - trasforma allora quella che avrebbe potuto essere l'ennesima, sgangherata carnevalata sul toro ed i suoi attributi, in una tragi-comica road-movie, che attraversa l'Europa delle tante sofferenze quotidiane, dall'ex-Jugoslavia a quell'Est ancora alla ricerca di quei valori che il tanto atteso Ovest doveva trasmettere alla caduta del comunismo. Ogni occasione, ogni individuo affrontati dalle vicissitudini dei nostri due diventano allora l'occasione per un esame attento, mai pedante, velato al tempo stesso di umorismo e di riflessione, su questa geografia (umana, sociale, politica) della nostra epoca: il licenziamento e la disoccupazione, i legami famigliari, l'incontro con un capostazione che si arrangia come può per alleviare la fame dei profughi jugoslavi parcheggiati da mesi sui binari (e per i quali l'immenso Corinto rappresenterebbe migliaia di bistecche), i contadini della pustza piuttosto che gli italiani all'estero e l'arte di arrangiarsi (al night come nei traffici: ed è da ammirare come Mazzacurati impedisce al personaggio del maneggione di Marco Messeri di degenerare nella commediaccia), è tutta questa mappa di comportamenti che Il toro affronta con umanità e sensibilità, la stessa mescola sapiente di sarcasmo e di pietà che contraddistingue la recitazione di Abatantuono. (…)
Autore critica:Fabio Fumagalli
Fonte critica:rtsi.ch/filmselezione
Data critica:

20/10/4994

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

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