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Generazione rubata (La) - Rabbit Proof Fence

Regia:Phillip Noyce
Vietato:No
Video:
DVD:Buena Vista
Genere:Avventura
Tipologia:Diritti dei minori, Infanzia di ogni colore, Le diversità
Eta' consigliata:Scuole elementari; Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Dal romanzo di Doris Pilkington Garimara
Sceneggiatura:Doris Pilkington, Christine Olsen
Fotografia:Christopher Doyle, Brad Shield
Musiche:Peter Gabriel
Montaggio:Veronika Jenet, John Scott
Scenografia:Roger Ford
Costumi:Roger Ford
Effetti:
Interpreti:Everlyn Sampi, Tianna Sansbury, Laura Monaghan, David Gulpilil, Ningali Lawford, Myarn Lawford, Deborah Mailman, Jason Clarke, Kenneth Branagh; produttore: Laura Burrows, David Elfick, Kathleen McLaughlin, Phillip Noyce, Christine Olsen, Emile Sherman, Jonathan Shteinman, Jeremy Thomas, John Winter
Produzione:Australian Film Commission - Hanway - Lotteries Commission of Western Australia - Olsen Levy - Rumbalara - ScreenWest - Showtime Australia - South Australian Film - The Australian Film Finance Corporation
Distribuzione:Buena Vista
Origine:Australia
Anno:2002
Durata:

94’

Trama:

Tre ragazzine, Molly Black, la sorella più piccola e la cuginetta, sono state strappate dalle braccia delle loro famiglie.
É stata loro negata l'identità e sono stata trascinate a 1.500 miglia di distanza dal luogo dove sono nate, un paesino dell'Australia.
Ora la loro determinazione e tenacia le fa tentare la grande fuga alla ricerca del recinto per i conigli che, seguendolo, le porterà a casa.
Dal romanzo di Doris Pilkington Garimara.

Critica 1:Phillip Noyce è uno dei tanti australiani di Hollywood: autore discontinuo, non privo di un talentaccio spettacolare (ricordiamo Ore 10: calma piatta, dove «inventò» Nicole Kidman, e due robusti thriller come Giochi di potere e Il collezionista di ossa ). Con La generazione rubata torna nella natia Australia, e fa il colpaccio. Il film è bellissimo, e sottrae all'oblio un capitolo rimosso della storia australiana: l'usanza, all'inizio del '900, di sottrarre alle famiglie aborigene i bambini mezzosangue, per lo più figli di donne native e di uomini bianchi. I coloni inglesi puntavano ad ottenere, in questo modo, la « pulizia della razza» : il funzionario interpretato (benissimo) da Kenneth Branagh spiega, in una sequenza esemplare, come nel giro di tre-quattro generazioni i tratti aborigeni possano sparire e i meticci possano essere riassorbiti nella comunità anglosassone. Una forma di razzismo «paternalista», che comporta però la terribile violenza psicologica inferta a quei bambini strappati alle madri e rinchiusi in «colonie» simili a lager. E' quanto è successo, nel 1931, alla madre della scrittrice Doris Pilkington, al cui libro il film si ispira; ed è quanto succede, nel film, alle piccole Molly, Daisy e Gracie (due sorelle e una cuginetta), rapite dai bianchi e trascinate in un centro di raccolta a 1.500 miglia da casa. Molly, la più grande, è però una bambina tosta: decisa a ritornare dalla mamma, fugge trascinandosi appresso le due piccole e comincia una lunga marcia verso casa. Basterà seguire la «rabbit proof fence», la siepe anti-conigli che dà il titolo originale al film: una siepe che è uno dei paradossi della storia australiana, i coloni l'avevano eretta negli anni '30 per tagliare in due il continente e separare le terre devastate dai conigli (da loro importati, e moltiplicatisi a milioni per l'assenza di predatori) da quelle coltivate. Inutile dire che l'apparato razzista che ha rapito Molly, Daisy e Gracie non può accettare la loro fuga. Inizia la caccia all'uomo, pardon, alla bambina: poliziotti a cavallo e scout esperti nel seguire le tracce si sguinzagliano sulle orme delle tre piccole. Non vi diremo se ce la fanno: il film è anche un'emozionante austro-western, con una forte carica di suspence. Andatelo a vedere, consigliatelo a parenti e amici: vivrete la singolare esperienza di una lezione di storia accoppiata ad un grande senso dello spettacolo, il tutto risolto nell'encomiabile misura dell'ora e mezza di proiezione. Everlyn Sampi, Tianna Sansbury e Laura Monaghan sono le tre piccole aborigene: sono una più bella e più brava dell'altra. Da citare, fra gli apporti tecnici, la musica di Peter Gabriel e la fotografia, misteriosa e surreale, di Christopher Doyle.
Autore critica:Alberto Crespi
Fonte criticaFilm TV
Data critica:



Critica 2:
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Critica 3:
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