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Cantando sotto la pioggia - Singin'in the rain

Regia:Stanley Donen ; Gene Kelly
Vietato:No
Video:Mgm Home Entertainment
DVD:
Genere:Musicale
Tipologia:La musica, Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Betty Comden, Stanley Donen, Adolph Green, Gene Kelly
Sceneggiatura:Betty Comden, Stanley Donen, Adolph Green, Gene Kelly
Fotografia:Harold Rosson
Musiche:Nacio Herb Brown
Montaggio:Adrienne Fazan
Scenografia:Randall Dyell, Cedric Gibbons
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Cyd Charisse , Jean Hagen Lina Lamont, Gene Kelly Don Locwood, Millard Mitchell, Rita Moreno, Donald O'connor Cosmo Brown, Debbie Reynolds Kathy Selden
Produzione:Arthur Freed per la M.G.M.
Distribuzione:Istituto Luce
Origine:Usa
Anno:1952
Durata:

100'

Trama:

Un film muto in corso di lavorazione viene modificato con l'inserimento di numeri musicali. La diva che lo interpreta è dotata di una voce sgradevole ma viene però doppiata da un'attricetta sconosciuta.

Critica 1:Probabilmente il più bel musical della storia del cinema, affettuoso e spiritoso nel rievocare un'epoca perduta, ma che gli autori conoscono benissimo. Grandi numeri musicali, le incredibili gambe di Cyd Charisse, l'abilità acrobatica di Gene Kelly e la comicità semplice di Donald O'Connor. Ovviamente indimenticabile il numero che dà il titolo al film.
Autore critica:Francesco Mininni
Fonte criticaMagazine italiano tv
Data critica:



Critica 2:Se c’è un’immagine che riassume il musical della MGM, è quella di un euforico Gene Kelly che, rientrando a casa a piedi, viene sorpreso da un acquazzone. Non che questo a Kelly dispiaccia, anzi: egli balla nella strada deserta, davanti alle opulente vetrine dei negozi, piroetta sotto una grondaia, danza un tip-tap nel rigagnolo e infine, con gioioso abbandono infantile, sguazza nella gigantesca pozzanghera che allaga mezza strada. Quando un poliziotto incuriosito e vagamente sospettoso gli si avvicina per chiedergli conto del suo comportamento, Kelly non può che rispondere, semplicemente: “Sto solo cantando e ballando sotto la pioggia”.
La tradizione del musical, considerato come un mondo fiabesco e irreale in cui la normalità quotidiana è temporaneamente sovvertita e orchestre invisibili accompagnano persone normali che esprimono normali emozioni in maniere poco ortodosse, giunse alle estreme conseguenze nelle realizzazioni del filone prodotte da Arthur Freed. Cantando sotto la pioggia rappresenta il punto culminante di questa scuola cinematografica. Anche se non si stacca completamente dalle vecchie e collaudate formule del musical che si basavano sul pretesto dell’allestimento di uno spettacolo teatrale (cinematografico, in questo caso), questo film riesce a non essere impastoiato dalle regole della razionalità. Persino l’ambiziosa sequenza di “Broadway Melody” viene presentata come una fantasticheria dei suoi creatori ad uso e consumo di un produttore.
In Cantando sotto la pioggia, come in tutti i musical migliori, il comportamento dei personaggi segue una logica propria: le canzoni e le coreografie sono riservate ai momenti di irrefrenabile esuberanza, di follia amorosa e via dicendo, quei momenti in cui tutti vorrebbero probabilmente mettersi a cantare e a ballare se solo ne fossero capaci, se solo non temessero le reazioni dei passanti e se avessero a portata di mano l’orchestra e il coro della MGM!
Il numero che dà il titolo al film ne costituisce anche il momento migliore, pur essendo di per sé semplicissimo. Sul versante opposto abbiamo invece il sontuoso numero di “Broadway Melody”, vicenda che ripropone in sintesi la storia di una ascesa fulminante nel mondo dello spettacolo, realizzato con dovizia di costumi, di fondali e di comparse. A dare mordente al tutto c’è anche una fascinosa apparizione di Cyd Charisse nella parte della donna ideale del protagonista.
La sceneggiatura di Betty Comden e Adolph Green - che già avevano collaborato al primo grande successo registico di Gene Kelly e Stanley Donen, Un giorno a New York (On the Town, 1949) - è forse la più divertente e la più acuta che sia mai stata scritta per un musical cinematografico: fatte salve le iperboli comiche, l’immagine che essa offre di Hollywood all’epoca dell’avvento del sonoro ha il sapore della vita vissuta. E’ un tuffo nostalgico nel passato, un’affettuosa rievocazione del mondo cinematografico degli Anni Venti. Indimenticabile è la figura di Lina Lamont, la svampita regina del muto che storpia le vocali, con grande frustrazione del suo insegnante di dizione. E indimenticabile è anche la sequenza d’apertura in cui il suo co-protagonista, l’”amoroso” Don Lockwood ricorda a beneficio del pubblico la propria ascesa verso il successo (“Dignità, dignità, sempre dignità”), mentre le immagini di miseria e di locali d’infimo ordine che sfilano sullo schermo smentiscono ogni parola del suo racconto. Oppure ancora l’inarrestabile esuberanza con cui Don e i suoi amici, una volta trovata la soluzione del loro problema - quello di trasformare in un musical il disastroso film in costume - si mettono a cantare “Good Morning” e a ballare in lungo e in largo per la splendida e maestosa casa hollywoodiana di Don.
È comunque vano voler mettere in risalto le suite più “preziose” di Cantando sotto la pioggia senza fare menzione di tutto il resto. Nessuno dei suoi protagonisti fu mai altrettanto valorizzato, e mai la formidabile macchina della MGM riuscì a superare il grado di efficienza e di spettacolarità allora raggiunto fin nei più minuti dettagli.
Autore critica:
Fonte critica:Il cinema, Grande storia illustrata
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

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