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Voci lontane… sempre presenti - Distant Voices, Still Lives

Regia:Terence Davies
Vietato:No
Video:General Video, San Paolo Audiovisivi
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Giovani in famiglia, Il lavoro
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Terence Davies
Sceneggiatura:Terence Davies
Fotografia:William Diver, Patrick Duva
Musiche:Canzoni e motivi popolari d’epoca
Montaggio:William Diver
Scenografia:Jocelyn James, Miki van Zwanenberg
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Freda Dowie (la madre), Pete Postlethwaire (il padre), Angela Walsh (Eileen), Dean Williams (Tony), Lorraine Ashbourne (Maisie), Sally Davies (Eileen bambina), Nathan Walsh (Tony bambino), Susan Flanagan (Maisie bambina)
Produzione:Jennifer Howarth - British Film Insitute - Channel Four -ZDF
Distribuzione:Mikado
Origine:Gran Bretagna
Anno:1988
Durata:

85’

Trama:

Il film è il ritratto di una famiglia operaia di Liverpool negli anni Quaranta e Cinquanta: il padre violento e collerico, la madre paziente e amorosa, spesso tumefatta per le botte del marito, Eileen e Maise, le due figlie a cui piace molto ballare, e Tony, il figlio. In un libero flusso di memoria, come usciti da un album fotografico di famiglia, scorrono i ricordi attorno ad alcuni momenti salienti: il funerale del padre, il matrimonio di Eileen, il battesimo della figlia di Maise, il matrimonio di Tony, la sua morte in un incidente di lavoro. È un mosaico in cui si accostano lutti e feste familiari, ricordi d’infanzia, episodi di vita domestica e soprattutto di violenza verbale e fisica, la discesa nel rifugio durante i bombardamenti aerei, il rapporto con le amiche, battibecchi e liti con i mariti, scanditi dalle canzoni trasmesse dalla radio o cantate collettivamente dai personaggi.

Critica 1:Il film autobiografico racconta la quotidianità di una famiglia di Liverpool nell’arco di un ventennio, rappresentativa di un modo di vivere della classe operaia inglese, che ha segnato l’infanzia del regista. Nella prima parte del film, Distant Voices, centrale è la figura del padre, brutale e collerico, che picchia a colpi di scopa, che rovescia la tavola imbandita, che urla. Il film ritorna sulla sua figura insopportabile in continuazione, freddamente. Ne mostra la violenza e racconta le reazioni nella famiglia alla sua dura tirannia: la rassegnazione silenziosa della madre («Perché lo hai sposato mamma?» « Perché era un bel tipo e ballava bene»), l’odio di Maise («Se dovesse accadere qualcosa a mamma giuro che ti scanno, maiale»), la ribellione di Tony («Vieni fuori e affrontami! Sei un bastardo»), il rimpianto di Eileen («Vorrei che papà fosse qui»). L’influsso negativo del padre viene in parte neutralizzato dalla solidarietà interna alla famiglia e dalla figura materna che, se non può opporglisi manifestamente, con sguardi e gesti silenziosi manifesta il suo amore al figlio e alle figlie. La seconda parte del film, Still Lives (Nature morte), mostra il rapporto tra Eileen, Maise e le amiche, lucide su se stesse, e i loro mariti, anch’essi figure di un mondo maschile sgradevole anche se non violento, che sembra interessato soprattutto al calcio o alle corse e volgare. Costretti a vivere allo stretto, quando parlano tra loro brontolano, si insultano, litigano. Le amiche trovano momenti di evasione nel loro rapporto e al cinema. Meno drammatica della prima parte, la seconda apre spiragli sul sorriso, sull’umorismo.
Lo sviluppo narrativo del film segue le modalità non cronologiche del ricordo. La memoria gira su se stessa, come gira la macchina da presa, altre volte fissa, dentro e fuori la piccola casa, e senza rispettare il procedere lineare del tempo recupera tra i ricordi lutti e feste, episodi dell’infanzia e della giovinezza, i bombardamenti e il servizio militare di Tony, il parto di Maise, luoghi come la scala e le stanze anguste, le corsie dell’ospedale, la chiesa cattolica con la luce delle candele, l’interno polveroso di un cinema, la pioggia scrosciante; e sempre ritorna la figura del padre, impossibile da dimenticare, che neppure la malattia e la morte cancellano. I ricordi sembrano prendere corpo da fotografie di famiglia che improvvisamente si animano, da immagini cristallizzate che si illuminano, senza commento, senza retorica. Sono flash di un’esistenza dolorosa al limite dell’insopportabilità, ma il dolore e la rabbia si placano nella prospettiva del ricordo. Perfino la figura incombente e terribile del padre ritorna con imprevedibile dolcezza nella scena della notte di Natale quando appende i poveri doni al letto dei bambini, e la nostalgia di lui si esprime nel sentimento di rimpianto di Eileen il giorno del suo matrimonio.
Una costante presenza nel film è la radio con i suoi annunci, le previsioni del tempo, la musica e le canzoni; e soprattutto la canzone è un lessico familiare che sostituisce il dialogo, un filo che unisce i personaggi, i loro pensieri, le loro preoccupazioni quotidiane. Al pub o in casa essi cantano in coro canzoni che conoscono a memoria, attraverso cui esprimono i loro sentimenti, i loro sogni, le loro paure. Per tutto il film le canzoni popolari, depositarie della memoria collettiva, sono utilizzate a fini narrativi e scandiscono la successione delle poche gioie e dei tanti dolori familiari. Sono ballate irlandesi e scozzesi, blues, canzoni yiddish, canzoni americane degli anni Venti e Cinquanta, brani famosi del music-hall inglese, una canzone per ogni giorno, per ogni circostanza.
Autore critica:Carla Colombelli
Fonte criticaAiace Torino
Data critica:



Critica 2:È un film particolare perché è uno dei pochi prodotti cinematografici riusciti, e tuttora citato come esempio, di storia raccontata per frammenti e associazioni di idee, come un ritorno alla luce di ricordi rimasti seppelliti nella memoria, un film quindi senza una trama esplicita, senza dialoghi, senza alcun rispetto della cronologia, e senza alcun ricorso alle regole consolidate di scrittura cinematografica. Si può dire che da un certo punto di vista che è un film in forma di poesia, contrapposto ai film tradizionali in forma di prosa. La storia quindi viene ricostruita dallo spettatore stesso, che integra mentalmente le parti mancanti e le interconnessioni, esattamente come avviene nei video, solo che nei video questo avviene per raccontare una storia in tre minuti, in questo notevole film invece tutta la scrittura cinematografica è costruita intorno a questo metodo. La storia in sé stessa è suddivisa in due parti, proprio come il titolo, Distant Voices (Voci lontane), è il ricordo angosciante del padre etilista e violento, interpretato magistralmente dall'attore inglese Pete Postlethwaite, dittatore in famiglia, dove cerca la rivalsa da una vita grigia, il tutto ambientato in una Liverpool grigia e popolare, prima dell'era Beatles, negli anni '40 e nei primi anni del decennio successivo, fotografata in modo impressionistico da Patrick Duval. L'altra parte del film, "Still Lives", tradotto in italiano con qualche libertà "sempre presenti", è incentrato sul voltare pagina della famiglia, dopo la morte del padre, e tutta la vicenda ruota intorno al matrimonio del figlio e protagonista semi-autobiografico Tony, momento simbolico di nuovo inizio. Un nuovo inizio che però il film ci fa capire essere sempre all'interno degli stessi meccanismi, come se i protagonisti fossero forzati a ripetere gli errori dei quali hanno subito le conseguenze, e riprodurre nella loro famiglia, la famiglia di origine. Per marcare la differenza i frammenti di ricordi sono separati dallo schermo nero nella prima parte, e dallo schermo bianco e pieno di luce, nella seconda. Nei fatti quello che vediamo di questa vicenda sono frammenti, piccoli eventi quotidiani, gesti consueti, riunioni di famiglia, insomma quei momenti che per motivi tipici o casuali si fissano nella memoria di tutti noi, e spesso in questi ricordi vediamo i protagonisti cantare o sentiamo la radio suonare le canzoni dell'epoca. Non è un modo di cantare tipo musical, cioè fuori contesto, è un cantare realistico, coerente con le situazioni, che nasce per il proprio piacere o in riunioni conviviali, nei pub, dove in un'era pre-discoteca e pre-karaoke gli avventori facevano in modo attivo la colonna sonora della serata. La musica fa quindi da sottofondo e collante, è il rifugio della famiglia, della madre, delle sorelle Eileen e Masie, che si ritrovano la sera fuori casa, ed esprimono cantando le canzoni commerciale dell'epoca, il loro desiderio di astrazione dalla loro vita di tutti i giorni, una musica quasi terapeutica, una via di fuga dalla realtà.
Autore critica:Alberto Truffi
Fonte critica:musicaememoria.altervista.org
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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