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Morte di un matematico napoletano -

Regia:Mario Martone
Vietato:No
Video:Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede - Vivivideo
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Spazio critico
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Mario Martone, Fabrizia Ramondino
Sceneggiatura:Mario Martone, Fabrizia Ramondino
Fotografia:Luca Bigazzi
Musiche:Michele Campanella, Peppe Servillo
Montaggio:Jacopo Quadri
Scenografia:Giancarlo Muselli
Costumi:Metella Raboni
Effetti:
Interpreti:Carlo Cecchi (Renato Caccioppoli), Licia Maglietta (Emilia), Renato Carpentieri (Luigi), Anna Bonaiuto (Anna), Toni Servillo (l'amico matematico), Antonio Neiwiller (Don Simplicio)
Produzione:Teatri Uniti Coop (Napoli) - Angio Films (Roma) in collaborazione con Raitre
Distribuzione:Mikado
Origine:Italia
Anno:1992
Durata:

108’

Trama:

Il primo di maggio del 1959, nella sala d'aspetto di III classe della stazione di Roma, un uomo maturo e distinto, anche se sporco, trasandato e ubriaco, viene fermato dalla polizia per un controllo: è il matematico napoletano Renato Caccioppoli, professore universitario geniale, eccentrico ed ex comunista, ben noto a Napoli. Il mattino seguente, un commissario avverte telefonicamente il fratello maggiore del professore, Luigi, giudice e presidente di tribunale, appena tornato a Napoli con la moglie Emilia dal viaggio di nozze. Questi, come sempre, si occupa subito premurosamente di Renato, cercando di fargli condurre una vita ordinata e di allontanarlo dall'alcool, mentre Emilia, parlando da sola con il cognato, allude ad un rapporto amoroso, avuto con lui nel passato. Ma Renato le risponde con indifferenza, poi più tardi riceve il suo allievo Pietro, che egli prepara per un concorso ad una cattedra, e al quale ha corretto, o meglio rifatto, il lavoro che deve presentare. Luigi e Renato sono molto legati fra loro, anche se tanto diversi, e il giudice vorrebbe che il fratello prendesse libri, quadri o gioielli fra le cose di famiglia che vengono trasportate in un'altra casa. Ma Renato vuole soltanto qualche lettera del celebre Bakunin, che era loro nonno. Egli è evidentemente un uomo amareggiato, solo e infelice, che non crede più in niente: il lavoro non lo interessa, la politica lo ha deluso, il suo matrimonio con Anna è fallito. I due sono divisi da tempo. Ma ora la donna torna a Napoli e, in un incontro con l'ex marito, gli confida d'essere incinta di un altro uomo, ma di voler abortire, mentre avrebbe voluto tenere il bambino che aspettava quando era ancora sua moglie. Poi lo prega di farla tornare a vivere con lui, ma egli rifiuta: entrambi sanno di essersi feriti profondamente. In ultimo, Renato lascia ad Anna un ricco assegno, per aiutarla. Fra le lezioni all'università, gli esami, che lo annoiano, lunghe passeggiate di notte per i vicoli di Napoli, incontri con amici e con estranei, il professore trascorre gli ultimi giorni della sua vita. Va anche a salutare in una casa di cura la vecchia zia inferma, figlia di Bakunin, che lo esorta a smettere di bere. Poi, ritirata la pistola da una cassetta di sicurezza, nella notte si uccide. Lo trova morto la domestica il mattino del 9 maggio. Al cimitero, per il funerale, ci sono professori, studenti e politici, e si tengono discorsi ufficiali e retorici. Don Simplicio, l'assistente di Renato, ha ottenuto per lui dalla curia il permesso per i funerali religiosi, e il professore viene sepolto nella cappella di famiglia. Anna piange appartata. Qualcuno ricorda che, al tempo del fascismo, contro il quale Renato parlava troppo apertamente, la madre lo aveva fatto chiudere in un manicomio, per salvarlo dalla prigione. Lo scomodo personaggio, in vita, come in morte, ha turbato la città.

Critica 1:Ultimi giorni nella vita di Renato Caccioppoli (1904-59), matematico insigne, eretico e lucido compagno di strada del PCI, protagonista della vita culturale di Napoli, dandy alcolista che finì suicida. Il ritratto del personaggio un C. Cecchi di straziante intensità convive con un racconto corale che lo riflette come uno specchio in frantumi: più che il disegno di una struttura conta la forza centrifuga che da esso si sprigiona. Scritto con Fabrizia Ramondino, fotografato da un eccellente Luca Bigazzi, è l'esordio al cinema di un giovane teatrante di talento che va messo accanto alle opere prime di Visconti, Antonioni, Bertolucci, Bellocchio. È dispiaciuto ai cultori della Napoli tradizionale, è piaciuto alla giuria di Venezia 1992 che gli ha dato il secondo premio.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Debutto cinematografico di un 32 enne napoletano, uomo dell'avanguardia teatrale italiana. Ed interpretazione-monstre di un altro uomo di teatro (regista, oltre che attore), Carlo Cecchi, che vorremmo vedere più di spesso al cinema. Scritta in collaborazione con la romanziera Fabrizia Ramondino, una testimonianza "da parte di coloro che l'hanno conosciuto, ma che nella sceneggiatura si è mescolata con l'immaginazione degli autori sugli ultimi giorni di vita del matematico Renato Caccioppoli. Geniale matematico, insegnante - faro per generazioni di studenti, saggista, nipote di Bakunin, suicidatosi nel 1959.
Morte di un matematico è un film sul conforto e sull'indifferenza. Conforto di una città che offre un calore sconosciuto a tante altre; indifferenza che genera solitudine, da un medesimo ambiente che può assistere con altrettanta superficialità al dramma umano. Come spiega bene Martone stesso: "Ho cercato di rappresentare la doppia natura del rapporto di Renato con Napoli. Da un lato l'enorme generosità con la quale la città si concede ai suoi figli, come se dei personaggi come Renato non potessero che uscire dal ventre di una città così complessa, e ricca. Dall'altro, il lato oscuro di Napoli, che ti deruba, ti rifiuta qualsiasi consolazione quando più ne hai bisogno".
In un continuo, allucinato vagabondare in quegli ambienti, il protagonista - vestito dall'identico, consunto impermeabile - traduce questo rapporto di amore-odio con una commovente partecipazione, alla quale Carlo Cecchi conferisce tutta la forza dovuta. Martone traduce l'originalità, la commozione del soggetto e dell'ispirazione in una visione fin troppo sapiente, bagnata dalla luce dorata di Luca Bigazzi: la propria inesperienza la sentiamo non certo nella carica umana, civile che anima il suo film. Piuttosto in un certo compiacimento registico, una certa enfasi sottolineata, ad esempio, dai movimenti di macchina che si perdono nel nulla. Corrimano di scale, cieli azzurri inseguiti per significare solitudini e trascendenze un po' troppo ricercate.
Ma, nel quadro del cinema italiano che sappiamo, il film splende per la sua ricerca (anche politica, psicologica, oltre che esistenziale) che lo impreziosisce come pochi.
Autore critica:Fabio Fumagalli
Fonte critica:rtsi.ch/filmselezione
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

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