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Gangsters - Gangsters


Regia:Guglielmi Massimo

Cast e credits:
Sceneggiatura: Claudio Lizza, Federico Pacifici, tratto da un racconto di Claudio Lizza; fotografia: Paolo Russato; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Nino Baragli; scenografia: Massimo Spano; interpreti: Ennio Fantastichini (Giulio), Giuseppe Cederna (Umberto), Isabella Ferarri (Evelina), Giulio Scarpati (Enrico), Luca Lionello (Franco), Ivano Marescotti (Bava), Maria Monti (Emma), Mattia Sbragia (Proietti), Claudio Bagagli (Nicola); produzione: A.M.A. Film, Clesi Cinematografica, Cristaldi Film, Massfilm e Raidue; origine: Italia, 1992; durata: 110'.

Trama:
Genova, 1945. Quattro partigiani comunisti (gappisti) continuano a regolare i conti con i fascisti torturatori anche a guerra finita.

Critica (1):Ultimi mesi del 1945, Genova. Un piccolo gruppo di ex partigiani di città (gappisti) non ha accettato la fine della guerra e ha deciso di continuare la lotta contro i fascisti in privato. Il gruppo è formato da tre giovani poco più che ventenni: Umberto, Franco ed Enrico. Enrico lavora in una tipografia, Franco é un ex operaio con la passione del pugilato, Umberto un ex studente di famiglia borghese. La prima azione del gruppo consiste nell'esecuzione, nelle campagne piemontesi, di un ex aguzzino fascista, Sgrò. Il loro modo di agire è duro, determinato, spietato, tipico di una certa guerriglia urbana sviluppatasi nella ferocia della guerra civile... "Una polvere rossa è ancora nell'aria". Questo film é dedicato ai nostri padri. Tutti indistintamente. Quelli naturali e quelli putativi, o meglio "acquisiti": culturali ideologici, persino storici, come i cosiddetti "padri della patria". Ma é anche un film pensato, scritto, diretto, interpretato e realizzato quasi esclusivamente da una generazione nata a dieci anni dalla Liberazione, cresciuta in piena guerra fredda, maturata politicamente e culturalmente negli anni freddi del terrorismo, sopravvissuta infine, a stento, a un decennio paludoso di edonismi vacui e inconcludenti. Una generazione decisa però a riflettere, anche con un'idea personale e di parte, sul suo recente passato, sugli errori e sugli eroismi propri della generazione che l'ha preceduta. Sulle circostanze, sulle conseguenze, sulle coincidenze, impressionanti, di fatti, luoghi e persone, scelte politiche, culturali, ideologiche e militari che hanno segnato un modo determinante il destino di una Repubblica si democratica, ma fondata sul compromesso ideologico di almeno due grandi matrici sociali, probabilmente inconciliabili. Affrontare in un film una delle pagine più delicate, travagliate e confuse della nostra storia recente, mi é sembrato una sfida irrinunciabile, per chi, come me, ha ereditato una concezione storico-politica della realtà di tipo marxista, ed è stato coinvolto anche emotivamente dall'incredibile annientamento di una ideologia in cui avevamo creduto e sperato prima di tutto i propri padri, appunto.

Massimo Guglielmi

Critica (2):Bellissima storia tratta da un racconto di Claudio Lizza e sceneggiata da Lizza con Federico Pacifici, bellissima idea: rievocare, nell'immediato dopoguerra dell'Italia settentrionale, la rivolta di certi gruppi di ex partigiani che, indignati dell'indulgenza verso i criminali fascisti, delusi dalla mancata rivoluzione sociale, non deposero le armi, ma seguitarono a uccidere i nemici fascisti, osteggiati dal partito comunista ansioso di legittimazione nella legalità democratica. Al di là dell'esattezza storica, la vicenda ha una sua realtà politico-psicologica. Nel film, ambientato a Genova nel 1945, gli armati sono quattro, giovani, prodotto della guerra: un ex comandante (Ennio Fantastichini) tornato alla normalità come maestro elementare ma svuotato, disincantato, sicuro di non servire più al partito né a nessuno in tempo di pace, un piccolo superuomo estremista e nichilista (Giuseppe Cederna) che ha lasciato l'Università e il partito per arricchirsi con la borsa nera e i commerci illeciti; un operaio tipografo (Giulio Scalpati) che agisce per bisogno di giustizia e un pugile (Luca Lionello) che agisce per amicizia e per spirito gregario. Erano insieme nella resistenza, tornano a sparare insieme per compiere quello che credono sia l'incompiuto dovere partigiano, punire torturatori e massacratori fascisti collaboratori dei nazisti. È anche un modo per vendicarsi delle speranze subito cadute, per prolungare l'eccezionalità e la precarietà guerresca, per recitare un presente avventuroso che non c'é, per non accettare la mortificazione del disarmo e della fine dell'eroismo. Le azioni del gruppo preoccupano il partito comunista: "Noi dobbiamo difendere la credibilità del partito. Se non li fermiamo noi, quegli esaltati, ci penserà la polizia. Devono smettere" dice il segretario di sezione Ivano Marescotti; e quando "quegli esaltati" durante un'azione uccidono un carabiniere, il dirigente del partito, con la complicità dell'ex comandante al quale viene promessa l'impunità, consegna "quei pazzi provocatori" ai carabinieri, che li ammazzano tutti. Ma la storia è assai più ricca, intelligente, articolata e toccante di quanto una sintesi possa dire; include l'esistenzialismo d'epoca, la disperazione dei reduci, l'apparizione di una ragazza prostituta di cui l'ex comandante si innamora, lo spirito del tempo e l'allusione a un recente passato terrorista, la sentenziosità vittoriniana, la povertà fassbinderiana.

Lietta Tornabuoni, La Stampa 19/9/92

Critica (3):

Critica (4):
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