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Nuevo Orden


Regia:Franco Michel

Cast e credits:
Sceneggiatura: Michel Franco; fotografia: Yves Cape; montaggio: Óscar Figueroa, Michel Franco; musica: Cormac Roth; interpreti: Naian González Norvind, Fernando Cuautle, Diego Boneta, Samantha Yazareth Anaya, Luna Arboledas, Dario Yazbek Bernal, Patricia Bernal, Ayelen Bonacina, Manuel Bueno, Jorge Luis Chavez Caballero; produzione:Teorema- Les films d'ici; distribuzione: I Wonder Pictures; origine: Messico-Francia, 2020; durata: 88'.

Trama:In questo affascinante dramma distopico ricco di suspense, uno sfarzoso matrimonio dell’alta società viene mandato a monte da una rivolta inaspettata, scaturita dal confitto sociale che dà il via a un violento colpo di stato. Attraverso gli occhi della solidale giovane sposa e dei domestici che lavorano per e contro la sua abbiente famiglia, Nuevo Orden descrive a rotta di collo la caduta di un sistema politico e la nascita di uno ancora più angosciante.

Critica (1):Il cinema di Michel Franco conosce un'unica soluzione: portare lo scompiglio nel realismo della messinscena e osservare a distanza, un po’ cinicamente, il decorso di un cambiamento e la sua successiva normalizzazione. La quotidianità incontra l’orrore, ne viene sconvolta, vi si adatta e infine lo incorpora. Ci sono un prima, un durante e un dopo. Después de Lucía, «dopo Lucia», è non a caso era il titolo di un suo film del 2012, vincitore al Certain regard di Cannes.
Nuevo orden - Leone d'argento all'ultima Mostra di Venezia e dal 15 aprile disponibile in streaming sulla piattaforma IWonderful - , è solo in apparenza il film più radicale di Franco: la storia di una rivolta urbana nel Messico contemporaneo che inizia con una vendetta della popolazione di origine india contro i ricchi bianchi e benestanti e quasi subito si trasforma in una rivoluzione gestita su più livelli dalla classe militare. Ufficialmente fautori di una nuova struttura sociale, i militari si rendono segretamente responsabili di torture e sequestri e, soprattutto, agiscono con modalità segrete e tortuose che modificano di continuo i rapporti di forza e i responsabili dello stato di caos. Si è tentati di scrivere che il film mette in scena l’anarchia del potere, ma non è certo il caso di scomodare Pasolini. La visione politica del regista messicano è piuttosto semplice, o meglio ancora esplicita, pensata come un’opposizione di sistemi e una sovrapposizione di conflitti. La festa di matrimonio iniziale, in cui un gruppo di famiglie colluse col potere viene aggredito da una folla sanguinaria, racconta in maniera diretta e piuttosto efficace la più classica resa dei conti fra ricchi e poveri, con i primi convinti della propria invulnerabilità e i secondi resi disumani da secoli di sopportazione.
Nel corso del film, con un'oggettività che attesta la natura endemica di ogni forma di sollevazione in una società basata sull’ingiustizia, Nuevo orden documenta l’instaurazione di un regime militare che ricorda i colpi di stato nell’America centrale e meridionale del ’900 (e in cui sono coinvolti la sposa mancata della festa iniziale e il figlio della sua governante) e infine si chiude con un colpo di scena che riafferma scolasticamente la natura reazionaria di ogni forma di ordine.
La normalizzazione del potere va di pari passo con quella della messinscena, che dall’iniziale irruzione del colore verde come segno anche visivo del disordine arriva al grigiore del nuovo sistema rinato dalle ceneri di quello precendente. Franco gestisce a tavolino la stessa ambiguità della sua rappresentazione, usa i primissimi piani, i totali in camera fissa e i campi lunghi statici per riempire le inquadrature di elementi (corpi, oggetti, colori, macerie, violenze) e poi osservare in maniera plastica, quasi iperrealista, la scomposizione e la ricomposizione della realtà filmata.
La morte, come già accadeva in Chronic, è quasi sempre silenziosa e i delitti (personali e di Stato) sono compiuti in una zona intermedia fra il campo e il fuoricampo, la follia e la lucidità criminale (come nel caso della madre usurpatrice di Las hijas de Abril), che rende in maniera efficace l’opacità del male e l’indifferenza di chi lo compie. Resta però la superficialità di un impianto ideologico che non mostra alcuna complessità o contraddizione, ma solo una confusione che rivela un gioco di scatole in cui, semplicemente, la violenza istintiva si trasforma nella sua versione legalizzata.
Roberto Manassero, cineforum.it, 15/4/2021

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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