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Diavolo in corpo (Il) - Diable au corps (Le)


Regia:Autant-Lara Claude

Cast e credits:
Soggetto:
dal romanzo omonimo di Raymond Radiguet; sceneggiatura: Pierre Bost e Jean Aurenche; fotografia: Michel Kelber; scenografia: Max Douy; costumi: Monique Dunan e Claude Autant-Lara; musica: René Cloérec; montaggio: Madeleine Gug; interpreti: Gérard Philipe (François), Micheline Presle (Marthe), Jean Debucourt (sig. Jaubert), Germaine Ledoven (sig.ra Jaubert), Denise Grey (sig.na Graugier), Palau (sig. Marin), Jeanne Perez (sig.ra Marin), Michel François (René), Jean Varas (marito di Marthe), Richard Francoeur (il maître d’hotel), Marthe Mellot, Jacques Tati, Lagrénée, Alberi Michel; produzione: Transcontinental/Universal films; origine: Francia, 1947; durata: 122’

Trama:François, un giovane dal volto sofferente, segue a distanza, un funerale. È l’11 novembre 1918. L’allegria della gente che festeggia la fine della guerra contrasta con la tristezza della cerimonia. François ripensa alle vicende e alla passione che ha condiviso con Marthe, la giovane donna di cui si stanno celebrando le esequie. L’ha conosciuta a sedici anni, studente in un liceo della provincia francese. Lei, Marthe, ha appena qualche anno piú di lui. È la prima donna di cui si innamora. Ma la timidezza e la goffaggine del corteggiamento da adolescente non bastano a conquistarla. Cosí, Marthe finisce con lo sposarsi con quello che da tempo è il suo fidanzato, ora in procinto di partire per il fronte. Sarà proprio la guerra a far incontrare di nuovo Marthe e François: lei sarà infatti crocerossina in un’infermeria per i feriti allestita nel liceo di François. Tra i due scoppia un amore appassionato, ma anche felice e spensierato, come se la guerra non esistesse. Ma la guerra c’è e ora sta per finire. Si annuncia imminente il ritorno del marito, mentre Marthe scopre di attendere un bambino da François. È l’angoscia irrimediabile, che sfocerà in tragedia. Marthe morirà di parto e François sparirà nell’ombra.

Critica (1):Nell’affrontare con i suoi fedeli sceneggiatori Jean Aurenche e Pierre Bost quel piccolo capolavoro letterario che è Il diavolo in corpo di Raymond Radiguet (libro anche mitico, perché la sua uscita nel 1923 coincise con la precoce morte dei suo autore a soli 20 anni) Claude Autant-Lara dichiarava di volerne rispettare scrupolosamente lo spirito sia pure modificandone la lettera. Ma non è parso che i risultati effettivi abbiano corrisposto dei tutto a tale dichiarazione. Anzi, c’è chi ha sostenuto che il film, mentre non modifica granché la lettera, addirittura capovolge lo spirito e la direzione del romanzo dal momento che trasforma in un amore romantico, idealizzato e giustificato da uno slancio fervido dei sentimenti, quello che il razionale Radiguet, educatosi con Montaigne e Stendhal, ma con l’occhio attento anche alle Liaisons dangereuses di Chordelos de Laclos, aveva freddamente descritto e analizzato come il rapporto sostanzialmente arido e vizioso tra un François cinico e libertino, in qualche tratto anche perverso, e una Marthe catturata dal gusto eccitante dell’infrazione e dal fascino accattivante del proibito. Il fatto è che Radiguet, se da una parte pone i due giovani in posizione di “sfida” rispetto alle regole convenzionali e al conformismo sociale, dall’altra non li dipinge certo migliori dei mondo “sfidato”e, anzi, li prospetta come precoci campioni della classe cui appartengono, nel grigio e torpido clima di una borghesia francese egoista e indifferente davanti alla prima guerra mondiale. Mentre Autant-Lara ha invece strappato i due ragazzi dalle loro radici sociali, isolandoli nella loro diversità da un ambiente che è soltanto antagonista e nemico, per cui a condizionamenti d’ogni tipo essi oppongono la libertà istintiva di un amore che ha tutte le ingenuità, gli abbandoni, le tenerezze, ma anche l’avidità impaziente e persino sfrontata della giovinezza. Così l’autore cinematografico coglie soltanto un aspetto del romanzo, ma è quanto gli basta per farsi ispirare da Radiguet un’opera che ricerca e ottiene un suo spicco autonomo e una sua propria vitalità. Con ingegnosa accortezza sceneggiatori e regista poco hanno tolto dal libro (alleggerendo, certo, le tinte più crude) e poco, in fondo, hanno aggiunto, ma con invenzioni eccellenti e quanto mai appropriate al loro modo d’intendere la situazione e i personaggi. Così l’idea del funerale, posto come tetro contenitore della storia d’amore, non potrebbe meglio rappresentare la crudeltà della morte che castiga una fiammata intensa di vita, mentre suggella con profonda malinconia il senso estremo della solitudine cui proprio quella fiammata doveva condannare i due giovani amanti Ma è un senso di solitudine che si avverte, come un brivido, anche sullo sfondo di ogni quadro e momento di una storia che ha talora i tratti della rovente passione ma spesso anche i colori leggiadri e persino ameni di un ingenuo idillio giovanile: il primo appuntamento per un giro in barca, la prima notte d’amore nella casa di Marthe dove François arriva fradicio di pioggia, il pranzo in un ristorante di lusso dove la coppia buffamente ostenta un tono mondano e raffinato, le passeggiate lungo la Marna con tutta la dolcezza del paesaggio fluviale che può essere colta da due giovani innamorati e, infine, la confusione dei bar dove anche François e Marthe si trovano a festeggiare l’armistizio e sembrano mescolati alla folla esultante mentre in realtà mai sono stati così soli, isolati e già perduti. Tutto questo è raccontato, esposto, illuminato da Autant-Lara con una grande finezza analitica e con una squisita eleganza figurativa, che nei toni grigi e teneri della fotografia, nelle morbide sfumature dei quadri e delle dissolvenze (spesso parallele ad altrettanto suggestive sfocature di suoni e di voci), riesce preziosamente intonata allo spirito di un film che pone i suoi risultati espressivi nelle tensioni sentimentali e nelle risonanze liriche di una storia che ha già in se stessa una forza di semplice e dolorosa verità. Ma Il diavolo in corpo resta un film indimenticabile anche e soprattutto grazie a due interpreti talmente congeniali ai personaggi sui piano psicologico e sentimentale da fare apparire persino un fatto secondario il loro pur perfetto physique du rôle: la non bellissima eppure affascinante Micheline Presle e un ancora giovanissimo ma già straordinario Gérard Philipe, interprete eccezionalmente espressivo e sensibile, capace di rendere con pari bravura le intemperanze passionali e i turbamenti pervasi di timidezza e di esitazioni di un amore adolescente.
Il Cinema - Grande storia illustrata vol. 3°, Istituto Geografico De Agostini, 1981

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Claude Autant-Lara
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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