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Sposa promessa (La) - Fill the Void - Lemale et ha'chala


Regia:Burshtein Rama

Cast e credits:
Sceneggiatura: Rama Burshtein; fotografia: Asaf Sudry; musiche: Yitzhak Azulay; montaggio: Sharon Elovic; scenografia: Ori Aminov; costumi: Chani Gurewitz; interpreti: Hadas Yaron (Shira Mendelman), Yiftach Klein (Yochay Mendelman), Irit Sheleg (Rivka Mendelman), Chayim Sharir (Aharon), Razia Israeli (Zia Hanna), Hila Feldman (Frieda), Renana Raz (Esther Mendelman), Yael Tal (Shifi), Michael David Weigl (Shtreicher), Ido Samuel (Yossi Mendelman), Neta Moran (Bilha), Melech Thal (Rabbino); produzione: Norma Productions; distribuzione: Lucky Red; origine: Israele, 2012; durata: 90’.

Trama:Shira, appartenente a una famiglia di ebrei osservanti, è promessa in sposa a un brillante studente di una scuola religiosa. La storia d'amore sembra avviarsi verso una felice conclusione, finché l'improvvisa notizia della morte della sorella non complica la situazione...

Critica (1):Una ragazza molto giovane e inesperta in questioni di cuore, già promessa a un coetaneo che le piace molto, aspetta trepidante di potersi finalmente fidanzare quando sopravviene una tragedia. La sorella maggiore, sposata e amatissima, muore di parto. I funerali si tengono nello stesso giorno in cui la comunità festeggia l'arrivo del nuovo nato. Il dolore sembra insormontabile. Ma un giorno la madre della ragazza, vedendola accudire amorosamente il bambino e scherzare con il cognato, ha una folgorazione. Sarà lei a sposare il vedovo di sua sorella, garantendo fra l'altro che l'uomo non vada a risposarsi lontano da casa portando con sé il figlio. Seguono patèmi, complotti di famiglia, voltafaccia multipli. Ma alla fine la giustizia e l'amore trionfano.
Non siamo in un romanzo di Jane Austen, né in qualche racconto yiddish di Isaac B. Singer. Siamo a Tel Aviv, oggi, e quanto abbiamo raccontato per sommi capi (...) è lo spunto iniziale di Fill the Void (nella foto una scena del film), letteralmente «Riempi il vuoto». Forse il primo film in concorso in un festival internazionale ambientato fra gli ebrei ultraortodossi, o chassidici, da una regista che a quel mondo appartiene: Rama Burshtein, nata a New York nel 1967, ma formatasi alla Scuola di cinema Sam Spiegel di Gerusalemme e molto attiva nel «promuovere l'autonomia espressiva della comunità ortodossa» col cinema.
Detto così sembra semplice e quasi ovvio, anche se non ci pare che gli chassidici, così barricati nel loro mondo, siano grandi consumatori di cinema. Trattandosi di un buon film, raccontato con efficace semplicità di mezzi e di linguaggio, Fill the Void permette senz'altro di alzare il velo su un mondo chiusissimo, rappresentato una volta tanto dall'interno (a differenza, ad esempio, che nel violentemente critico Kadosh di Amos Gitai). Burshtein inoltre proclama a gran voce di non voler fare politica, ché la politica non la interessa, ma la fa eccome perché il suo, come lei stessa dichiara, è anche un formidabile film di propaganda per la sua comunità. Che essendo ultraconservatrice, in costante crescita (anticoncezionali proibiti) e molto privilegiata (niente servizio militare e tasse ridotte) è e sarà sempre più l'ago della bilancia della politica israeliana. Facile anche dire: «Non mi interessa raccontare il dialogo fra ortodossi e mondo laico, evito qualsiasi confronto tra i due mondi». Nel nostro mondo gli ebrei chassidici, molto aggressivi nei territori occupati, ci vivono eccome. A vedere Fill the Void sembra un mondo antico, compatto e solidale, pieno di umanità, di famiglie unite e di rabbini che risolvono ogni problema. La realtà è molto più complessa. E pericolosa.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 3/9/2012

Critica (2):Shira è emozionatissima. Al supermercato con la madre fruga con lo sguardo tra gli scaffali. «Lui è al reparto latticini», la informano al telefono.
Shira sbircia impaziente finché, tra yogurt e formaggini, scova un tipo in pastrano e cappello neri, boccoloni rossicci ai lati delle gote. Mamma e figlia si scambiano uno sguardo soddisfatto: il giovanotto è di loro gradimento, la trattativa per le nozze può andare avanti. Comincia così Fill the Void, ieri in concorso, primo film sulla chiusissima comunità degli Hassidim, i più ortodossi tra gli ebrei. Facilissimi da individuare, gli uomini sempre in nero, le donne con abiti da un po' da suora, testa coperta da foulard o parrucche. Difficilissimi da avvicinare, visto che vivono sempre e solo tra di loro, coltivando lo studio dei testi sacri anche attraverso canti e danze.
Allergici a ogni modernità, nessuno va al cinema né vede la tv, diffidenti e segreti, sono guardati con sospetto dagli stessi ebrei, che ce l'hanno con loro perché non riconoscono lo stato di Israele e perché esentati dal servizio di leva per via di una osservanza religiosa così rigida da mandare in tilt ogni operazione militare. Insomma un mondo a parte finora quasi inedito per il cinema. Sidney Lumet, che pure era ebreo, ci provò con Un'estranea tra noi, dove Melanie Griffith si infiltra tra gli hassidim di Brooklyn. Ma era fiction e folklore, gli interessati presero le distanze.
Stavolta, a schiudere per la prima volta una finestra vera, è Rama Burshtein, regista che fa parte della comunità. «Mi spiaceva che gli Hassidim, che hanno voce forte sul piano politico, fossero praticamente muti su quello culturale – spiega – Ho pensato così che una piccola ma complessa storia come questa, una giovane donna indecisa se sposare o no il marito della sorella morta, poteva aiutare a creare un ponte tra noi e gli "altri". Un invito a guardarci come siamo». Girato tutto dentro un appartamento di Tel Aviv, il film, accolto con lunghi applausi e presto distribuito dalla Lucky Red, ha visto la partecipazione di molti membri della comunità, ma ha anche creato problemi nella realizzazione. Le regole hassidiche mal si conciliano con quelle di un set.
Quando il protagonista Yiftach Klein, attore ebreo ma laico, ha sfiorato per caso una spalla di Rama, gli ortodossi presenti hanno sobbalzato: uomini e donne non devono mai toccarsi, neanche per darsi la mano. E così, come mostra il film, i fidanzati si incontrano in tinello, a debita distanza, la mamma dietro la porta, lei parla delle sue esperienze all'asilo, lui del Talmud... Usi e costumi per noi un po' talebani e un po' marziani. «Eppure le donne hanno un grande ruolo – assicura Rama – Sono loro a reggere la casa, lavorare, curare i figli e gli affari. Superdonne. Non mi sento affatto discriminata. Anzi penso che il mostro modo di intendere la femminilità sia molto sexy».Il marito barbuto, che non la perde di vista un attimo, annuisce sotto il cappello.
Giuseppina Manin, Corriere della Sera, 3/9/2012

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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