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Rapsodia satanica


Regia:Oxilia Nino

Cast e credits:
Soggetto: Alberto Fassini, Fausto Maria Martini; sceneggiatura: Alberto Fassini; fotografia: Giorgio Ricci; interpreti: Lyda Borelli, Andrea Hobay, Ugo Bassini, Giovanni Cini; produzione: Cines; origine: Italia, 1917; durata: 42/’36”.

Trama:La storia è una variazione della vicenda faustiana da un poema di Fausto Maria Martini del 1915.
Una anziana dama dell'alta società, Alba d'Oltrevita (Lyda Borelli) stipula un patto con Mefisto (Ugo Bazzini), per riacquistare la giovinezza in cambio della quale però lei ha il divieto di innamorarsi. Alba è corteggiata da due giovani fratelli, Tristano (Andrea Habay) e Sergio (Giovanni Cini). Quest'ultimo minaccia di uccidersi se lei non lo amerà: lei tuttavia non s'interessa a Sergio, il quale dunque si uccide, e si prepara a sposare Tristano. A questo punto però Mefisto torna per riprendersi la giovinezza che aveva concesso e restituendo la vecchiaia ad Alba che non aveva rispettato il patto.

Critica (1):Rapsodia Satanica è un componimento estremamente libero, suonato con un piglio luciferino, dove le componenti tipiche della rapsodia, dell'improvvisazione, della libertà compositiva e delle variazioni ritmiche ed armoniche sembrerebbero promanare da Mefisto in persona. Trasportati dal volto cereo di Lyda Borelli, seducente musa dell'inizio del XX secolo, ascolteremo "Rapdosia Satanica", una lunga suite strumentale che riporta in musica la voce di un moderno rapsodo, con il suo canto tra lirismo ed epicità; avvertiremo influenze blues, sonorità mediterranee e orientali, influenze di musica contemporanea e ambient, il tutto all'interno di quelle trame musicali che caratterizzano il suono dei Giardini di Mirò sospeso tra post rock, elettronica, psichedelica e noise. Un'amalgama sonoro razionale ed epico tra cuore e cervello.

Critica (2):Rapsodia satanica (…) fu l’ultimo film diretto da Nino Oxilia ed è indubbiamente una delle migliori realizzazioni del cinema italiano delle origini. In esso, Oxilia sviluppa una variazione del mito di Faust, incarnato qui dalla diva Lyda Borelli. Esempio tipico dello stravagante estetismo dannunziano al suo massimo livello, fu una delle massime espressioni di quello che fu successivamente chiamato “tail coat film” (letteralmente “film in frac”, ndr). Diametralmente opposto al “cinema della realtà” nel quale si espressero Serena, Martoglio e altri, i “tail coat films” collocano le loro storie melodrammatiche in saloni e ville della classe medio-alta e dell’aristocrazia, dispiegando strutture narrative atte a mettere in evidenza i loro attori e specialmente le loro attrici. Questo aveva l’effetto di accentuare la loro presenza fisica trasformandole in star – probabilmente le prime star della storia del cinema. Il successo delle “dive” contribuì allo sviluppo della grammatica cinematografica per il suo speciale uso del “close-up”.
(testo tradotto dal sito di Fondazione Cineteca Italiana-Cineteca di Milano)

Critica (3):Tornano i Giardini di Mirò alle prese con la sonorizzazione di Rapsodia satanica, film muto di Nino Oxilia del 1917, una sorta di rielaborazione al femminile del Faust.
Non è facile confrontarsi con cose del genere (la colonna sonora originale era di Mascagni), ma i Giardini di Mirò confermano di cavarsela alla grande con un determinato tipo di atmosfere dando vita a un commento, tutto strumentale, capace di avere la sua ragion d’essere anche senza l’ausilio delle immagini.
A differenza della loro precedente sortita nel campo, Il fuoco del 2009, l’album è meno avventuroso dal punto di vista della produzione, ma anche più centrato e omogeneo.
Emiliano Colasanti, Rolling Stone, 19/9/2014

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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