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Mondovino - Mondovino


Regia:Nossiter Jonathan

Cast e credits:
Soggetto: Jonathan Nossiter; sceneggiatura: Jonathan Nossiter; fotografia: Jonathan Nossiter; montaggio: Jonathan Nossiter; interpreti: Yvonne Hegoburu, Lina Columbu, Battista Columbu, Michel Rolland, Aimé Guibert, Mondavi, De Montille, Robert Parker, Aubert De Villaine, Bill Harlan, Patrick Leon, Neal Rosenthal, Michael Broadbent, Jean-Lu Thunevin, Jean-Charles Boisset, Bernard Magrez, Frescobaldi, Antinori, Salvatore Ferravamo, Etchart, James Suckling (se stessi); produzione: Goatworks Films – Emmanuel Giraud per Les Films de la Croisade; distribuzione: Bim; origine: Francia / Usa, 2004; durata: 135’

Trama:Attraverso tre continenti Mondovino intreccia le saghe familiari dei broker milionari della Napa Valley, con la rivalità di due aristocratiche dinastie fiorentine e gli sforzi di tre generazioni di una famiglia per mantenere la propria tenuta di pochi acri in Borgogna. Il clamore di queste lotte viene, però, superato dagli allegri traffici di un pirata dispettoso di Bordeaux, mentre diffonde il vangelo della modernità dall'Italia, all'Argentina, fino a New York.

Critica (1):Il mondo in un bicchiere di vino, liquida lente di ingrandimento per leggere le trasformazioni globali, Mondovino dell’americano Jonathan Nossiter (inserito all’ultimo momento in concorso) ci trascina ai quattro capi del globo in tre continenti con il leit-motiv "in vino veritas". Reportage scosso dalla camera a mano che ubriaca lo spettatore e lo trascina nelle cantine di Napa Valley tra i vigneti di una famiglia bourguignonne, a Brooklyn e tra le dinastie aristocratiche fiorentine, rivali fino all’ultima goccia. Nossiter (Sunday) – quarantenne di Washington – è l’intervistatore in campo con la sua troupe leggera, attore di questa incursione nel regno dell’uva – filari, botti e calici – che da documentario effervescente si trasforma in un atto di accusa alla Michael Moore. Due ore e trentotto minuti di incontri con i protagonisti di una fabbrica molto particolare fatta di terra, sole e cielo, come dice un anziano vinicoltore francese: «Il vino è una relazione quasi religiosa dell’uomo con gli elementi naturali. Con l’immateriale. Produrre un buon vino è un mestiere di poeti...». Era. Perché Nossiter scopre un’infernale organizzazione a delinquere dislocata nelle centrali di controllo internazionali, a capo gli ideologhi della modernità stile Monsanto che mirano all’omologazione della bevanda. Come ridurre un Bordeaux a Cocacola, fatto in serie, vino bariccato, dolcificato alla vaniglia per tutti i palati. Il gioco di incastri per il dominio del mercato è paradigma di ogni truffa alimentare, sotto il segno della razionalizzazione. Con Nossiter scopriremo che la «modernità» equivale all’atteggiamento reazionario più estremo da parte di famiglie miliardarie, proprietarie di grandi aeree in California, Argentina, Toscana, Patagonia, Brasile. Il progetto prevede l’acquisto dei piccoli produttori e il livellamento del gusto. Il vino, racconta una giovane paladina di Borgogna, figlia d’arte, Alix De Montille, viene imbottigliato con etichette diverse ma è sempre lo stesso, e questo nel migliore dei casi. Basta che sia garantito dal «grande livellatore» di turno, il wine consulent Michel Rolland. La «centrale» alcolica è popolata da signorotti, la famiglia californiana anticomunista Mondavi in testa, pronti a tutto per imporre a prezzi vertiginosi (si parla di bottiglie che da 35 euro passano a 110 per un solo cenno del critico del Robert Parker) il vino delle loro tenute, sempre «il migliore». Complici sommelier accolti alla Casa Bianca, guru di ogni guida e di riviste specializzate, che impartiscono stellette di gradimento secondo convenienza. I vini doc senza pubblicità scompaiono dagli scaffali e dalle tavole. E mentre i tutori del nettare prelibato passano per conservatori, nostalgici di tecniche tradizionali, i baroni si accordano in nome dell’appiattimento totale del prodotto, speculano, vendono e comprano in una triangolazione micidiale. Un esempio, Nossiter lo trova in Italia, dove l’azienda Frescobaldi si trova ad acquistare le vigne Antinori passando per un colosso americano che ha avuto via libera all’acquisizione grazie alle leggi liberiste berlusconiane. In Francia, sostengono alcuni vinicoltori, sarebbe illegale vendere parte del territorio ad aziende straniere. Forse per questo Frescobaldi fa atto di fede monopolistico: «Noi non aderiamo al fascismo nella sua totalità. Ma come garanzia di ordine. Dello status quo». E poi «Mussolini ha fatto grandi cose», aggiungeranno le rampolle. Cin cin. Gli rispondono dalle terre ancora libere gli amanti dell’uva: «Dove c’è la vigna c’è la civiltà, non c’è la barbarie» (Battista e Lina Columbu, produttori sardi della sublime Malvasia di Bosa). La battaglia per la libertà tra gli acini bianchi e rossi del mondo «è una battaglia tra collaborazioni e resistenti». I primi si fanno sedurre dal business, gli altri difendono strenuamente la loro indipendenza. Il vino ha un’anima, dicono, e mai la lotta per difenderla è stata così feroce.
Il film di Nossiter ha una forma «ama-toriale», tanto per stare nella tendenza del cinema oggi, ovvero «sporco», traballante, in diretta. Strappa alla realtà la sua fragranza immediata, non è bariccato.
Mariuccia Ciotta, il manifesto, 15/5/2004

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Jonathan Nossiter
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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