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Climax


Regia:Noé Gaspar

Cast e credits:
Sceneggiatura: Gaspar Noé; fotografia: Benoît Debie; montaggio: Denis Bedlow, Gaspar Noé; scenografia: Jean Rabasse; costumi: Fred Cambier; effetti: Rodolphe Chabrier, Mac Guff Ligne; suono: Ken Yasumoto; interpreti: Sofia Boutella (Selva), Romain Guillermic (David), Souheila Yacoub (Lou), Kiddy Smile (Daddy), Claude Gajan Maull (Emmanuelle), Giselle Palmer (Gazelle), Taylor Kastle (Taylor), Thea Carla Schøtt (Psyche), Sharleen Temple (Ivana), Lea Vlamos (Lea), Alaia Alsafir (Alaia), Kendall Mugler (Rocket), Lakdhar Dridi (Riley), Adrien Sissoko (Omar), Mamadou Bathily (Bats) Alou Sidibe (Alou), Ashley Biscette (Ashley), Mounia Nassangar (Mounia), Tiphanie Au (Sila), Sarah Belala (Sara), Alexandre Moreau (Cyborg), Naab (se stesso), Strauss Serpent (Strauss), Vince Galliot Cumant (Tito); produzione: Rectangle Productions, Wild Bunch, in coproduzione con Les Cinemas De La Zone, Eskwad, Knm, Arte France Cinema, Artemis Productions, in associazione con Vice Studio; distribuzione: Europictures; origine: Francia, 2018: durata: 96’.
Vietato 18

Trama:Una ventina di giovani ballerini di street dance si ritrovano in una scuola abbandonata per fare le prove. Ben presto, dopo aver bevuto una speciale sangria, il gruppo cade preda di nevrosi e psicosi. Alcuni si sentono in Paradiso, ma la maggior parte si tuffa nell'Inferno... La nascita e la morte sono esperienze straordinarie. Vivere un piacere fuggente.

Critica (1):Diretto e sceneggiato da Gaspar Noé, Climax racconta l'andamento ipnotico, allucinatorio e in un'ultima analisi da capogiro di una festa che nel corso di una singola notte d'inverno si trasforma in un incubo. A metà degli anni Novanta, una troupe di giovani ballerini si riunisce in un edificio scolastico, vuoto e isolato, per provare. Dopo un indimenticabile numero, il gruppo dà il via alla festa ma ben presto i ballerini scoprono che la sangria che hanno bevuto contiene un potente LSD. Caos e anarchia prenderanno il sopravvento, facendo emergere affinità, rivalità e violenza.
Con la direzione della fotografia di Benoît Debie, le scenografie di Jean Rabasse e i costumi di Frédèric Cambier, Climax viene così raccontato dal regista: "Ci sono a volte eventi che sono simbolici di un'intera epoca. Tali eventi deflagrano, spontaneamente o in altro modo, fino a raggiungere le forze dell'ordine e, talvolta, anche le agenzie di informazione, diventando notizie su larga scala. Assumono così una nuova dimensione: sono ingranditi, ridimensionati, travisati, metabolizzati o meno da coloro che li diffondono o apprendono. Le vite, gloriose o vergognose di chi vi è coinvolto, finiscono sulla carta dei giornali prima di scomparire rapidamente nell'oblio collettivo. L'esistenza non è altro che un'illusione fugace che ognuno si noi si porta nella tomba. Quando leggiamo una biografia, vi troviamo tutto e il contrario di tutto. Lo stesso accade ogni volta che viene rivelata una tresca o una nuova storia. Le moderne forme di comunicazione, nell'arco degli ultimi vent'anni, hanno reso l'obiettività qualcosa di ancora più illusorio. Gli umani, come gli animali, nascono, vivono e muoiono senza lasciare tracce diverse da quelle che lascia una piccola margherita in mezzo a un campo. Gioie e dolori, risultati ed errori, occupano una percezione virtuale, un presente che non esiste al di là della nostra memoria. Nel 1996, sono state divulgate milioni di storie, storie che già oggi sono state dimenticate e che domani lo saranno ancora di più. Alcuni di quelli nati o in vita in quell'anno sono ancora tra di noi ma della maggioranza di coloro i cui cuori hanno smesso di battere non rimane nulla: un nome in un cimitero o in un vecchio giornale perso nel profondo di qualche cantina. I piaceri del presente ci permettono di colmare il vuoto che hanno lasciato. La gioia e l'estasi, costruttive o dannose che siano, fungono da antidoto al vuoto. Amore, arte, danza, guerra e sport sembrano giustificare il nostro breve passaggio sulla terra. Di queste distrazioni, quella che mi ha sempre reso più felice è la danza. Di conseguenza, nel fare un film sulla danza, mi è sembrato più eccitante basarmi su una notizia vera e propria in cui erano coinvolti ballerini dal talento ipnotizzante. Con Climax posso dire ancora una volta che ho rappresentato i miei sogni e i miei incubi sullo schermo. Il 1996 era l'altro ieri. Non c'erano i telefoni cellulari o internet ma stavano venendo al mondo cose che ancora oggi ricordiamo: in Francia, i Daft Punk pubblicavano il loro primo disco, nei cinema era appena uscito L'odio e il mensile Hara-Kiri non era in grado di riprendersi. Il massacro degli adepti del Tempio solare veniva insabbiato da occulte forze dello stato e si sognava di costruire un'Europa potente e pacifica proprie mentre al suo interno divampava una guerra barbarica. Le guerre creano movimento, le popolazioni cambiano e con loro anche le credenze e i modi di vivere: Dio, però, sarà sempre lì, con la pistola dal lato giusto".
"Mi hanno sempre affascinato – ha continuato Noé – le situazioni in cui caos e anarchia prendono improvvisamente il sopravvento, come le risse in strada, le sedute sciamaniche potenziate psicotropicamente o le feste in cui gli invitati perdono il controllo a causa dell'eccessivo uso dell'alcool. Lo stesso può dirsi del mio modo di effettuare le riprese. I miei più grandi piaceri vengono nel non aver scritto o preparato nulla in anticipo, lasciando che le situazioni prendano piede in maniera naturale, come in un documentario. E ogni volta che entra in scena il caos mi sento ancora più felice, sapendo che genererà immagini dalla reale potenza, più vicine alla realtà che alla finzione. Per tale ragione, al posto di una vera sceneggiatura, opto per una storia raccontata a grandi linee. In Climax, un gruppo di ballerini si riunisce in un edificio isolato per preparare un'esibizione. Dopo l'ultima prova, scoppia il caos. A partire da una sola pagina di trama, ho potuto cogliere momenti di verità e trasmettere immagini degli eventi che si generano. Se si vuole che ballerini, attori e non professionisti, si esprimano fisicamente e verbalmente in modo caotico, l'improvvisazione è essenziale. Per quanto riguarda la danza, a eccezione della prima sequenza che è tutta coreografata, i ballerini sono stati lasciati liberi di esprimersi ognuno con il proprio linguaggio e le proprie tecniche, lasciando che venissero fuori il loro inconscio e i loro tumulti interiori. Le sequenze sono state girate in maniera cronologica sia per far sembrare tutto vero sia per far sì che la competizione spingesse i ballerini a dare vita a spettacoli sempre più psicotici. Contrariamente a ciò che accade nelle performance di danza in cui ogni passo è studiato alla perfezione, ho cercato di spingere i miei protagonisti a simulare uno stato di possessione come quelli che si vedono nelle danze rituali. Sebbene le droghe siano presenti nella storia, l'idea era quella di rappresentare gli stati alterati della percezione con un punto di vista esterno ai personaggi. Un'altra delle mie prerogative è stata quella di effettuare riprese rapide e campi lunghi, una scelta resa possibile dal fatto di girare su un solo set. Parlare di danza, inoltre, significa anche parlare di musica. Al fine di rispettare l'epoca in cui il film è ambientato, la musica – elettronica o melodica – risale a non oltre la prima metà degli anni Novanta. E, per creare uno stato emotivo familiare, ho cercato di includere tracce note a un pubblico più vasto possibile".
Filmtv.it

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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