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Ragazzo più felice del mondo (Il)


Regia:Gipi (Gian Alfonso Pacinotti)

Cast e credits:
Regia: Gipi (Gian Alfonso Pacinotti); soggetto e sceneggiatura: Gipi (Gian Alfonso Pacinotti), Gero Arnone; fotografia: Vanni Mastrantonio; musiche: Valerio Vigliar; montaggio: Chiara Dainese; scenografia: Francesca Vitale; costumi: Stefano Ciammitti; suono: Ivano Staffieri; interpreti: Domenico Procacci, Gipi (Gian Alfonso Pacinotti), Davide Barbafiera (Davide), Chiara Palmieri (Chiara), Gero Arnone, Nathanaël Poupin (Nat), "i sacchi di sabbia" (I cavernicoli), Michele Rossi ("il rosso"), Mauro Uzzeo (la sensitiva), Francesco Daniele (Francesco), Anna Bellato (la direttrice di "megaproduzioni"), Kasia Smutniak, Jasmine Trinca; produzione: Domenico Procacci per Fandango; distribuzione: Fandango Distribuzione; origine: Italia, 2018; durata: 90’.

Trama:È una storia vera. C'è una persona che da più di vent'anni manda lettere cartacee scritte a mano a tutti gli autori di fumetti italiani spacciandosi per un ragazzino di 15 anni. Nelle lettere, piene di complimenti, chiede sempre "uno schizzetto" in regalo. Per agevolare il compito ogni busta contiene un cartoncino bianco e un francobollo per la risposta. C'è un fumettista italiano, Gipi, che inizia a indagare su questa persona. Chi è veramente? Perché si nasconde dietro la falsa identità di un adolescente? Vuole girare un documentario, trovare questa persona, intervistare gli altri autori che hanno ricevuto la lettera: come si sono sentiti quando l'hanno ricevuta? E come quando hanno scoperto che si trattava, sostanzialmente, di una truffa? Per realizzarlo, recluta degli amici. Sono solo degli amici. Completamente incompetenti. Nessuno di loro ha mai lavorato a un documentario. Il fonico, per esempio, non sa neppure che non deve stare in campo. Ma c'è una storia da raccontare e, per Gipi, raccontare storie è la cosa più importante che ci sia.

Critica (1):Gipi è un fumettista. Quindi se fa un film, è per divertimento, letteralmente. Per volgere altrove il proprio sguardo, esplorare con un mezzo diverso il mondo, mantenendo intatto l’effetto straniante. Un film è per lui principalmente la bozza di una storia. E Il ragazzo più felice del mondo è la bozza dichiarata di un film, ovvero la genealogia e la provvisoria impresa di rappresentare una storia (vera). Lo spettatore, di fronte al film sul film che l’autore sta preparando, abbozza a sua volta. Questo sguardo incrociato tra due forme provvisorie di condivisione della medesima storia, dell’autore e dello spettatore, funge da trama.
Il ragazzo più felice del mondo è dunque il frutto di una negoziazione tra lo spettatore preso in contropiede da un umorismo misurato e infallibile e un autore autoironico che mette in scena e in campo la versione provvisoria del film da fare, ovvero il backstage che sostituisce la forma definitiva dell’opera, con le sue incombenze tecniche e i suoi imprevisti. Donde il ribaltamento dei ruoli, tra il fan ossessivo che da decenni scrive ai fumettisti fingendosi un adolescente (incarnando quindi la figura dello spettatore compulsivo e assente) e il regista-fumettista che ossessivamente vuole stanarlo, raccontare la storia di cui è diventato involontariamente protagonista.
Un film complesso, stratificato. Come si dice in questi casi: meta-filmico. Anche nel senso che è filmico solo a metà, essendo l’altra in pectore una sorta di fumetto prolungato, strutturato per vignette animate con attori/personaggi/autori nel ruolo di se stessi. Forse Gipi, interpretando in pratica lo stalker dello stalker, avrebbe potuto mescolare il disegno e l’immagine cinematografica, confondere il tutto, creare un risultato persino più caleidoscopico, ibrido. Ha scelto invece la modalità del film live action, sia pure di necessità in veste sperimentale e autoriflessiva. Ma ciò non toglie che è riuscito nell’impresa più difficile, di questi tempi. Far ridere, in continuazione. Tra tantissime commedie e film comici italiani asfittici e programmatici, avvinti nello stress di dover far ridere, Il ragazzo più felice del mondo ci riesce davvero, di continuo, senza sforzi. E in piena libertà. (…)
Anton Giulio Mancino, cineforum.it, 6/11/2018

Critica (2):Dopo Smettere di fumare fumando Gipi torna dietro la macchina da presa e realizza con II ragazzo più felice del mondo un altro film autobiografico, dove il racconto di sé, la libertà e il tono divertito della narrazione non ostacolano uno sguardo più vasto e non impediscono a qualche freccia di col-pire il bersaglio, ironizzando, in maniera veloce ma non inerte, su storture della società e soprattutto del mondo delle industrie e delle produzioni culturali.
Il film è stato da molti accostato ai brevissimi sketches che Gian Alfonso Pacinotti interpreta e dirige per Propaganda Live; certamente molto simili sono lo stile comico e la centralità dell'autore/personaggio, ma allo stesso tempo i lavori per la trasmissione televisiva sono epigrammi evidentemente satirici e ancorati all'attualità politica, mentre nel lungometraggio l'approccio è diaristico e tutto, anche le questioni del "contesto", dipende dai rovelli del personaggio/autore. Semmai, il film può ricordare alcuni dei primi cortometraggi diretti dal fumettista (per esempio, Cercare Dio a Rovate o Un'idea geniale, entrambi del 2012). L'andamento è quindi quasi quello del flusso di coscienza in cui la comicità paradossale e talvolta demenziale, in più di un'occasione esilarante, mette alla berlina l'ossessione dell'autore/personaggio di raccontare storie e le sue paure di rimanere imprigionato in questo tormento isolandosi e non riuscendo più a comunicare. Comicità che, ridicolizzando e venendo accompagnata da un sottofondo più sommesso crescente nella seconda parte, permette così in qualche modo la rielaborazione e il superamento. Ben lontano dallo stile poetico, amarognolo ed evocativo dei romanzi a fumetti di Gipi, II ragazzo più felice del mondo però paradossalmente si avvicina alla poetica di molta graphic novel, italiana e non, per la narrazione allo stesso tempo compatta e rapsodica, per l'approccio schietto a toni e tematiche e per la capacità di utilizzare l'io più intimo per parlare di sé come per allargare lo sguardo al contesto.
Edoardo Peretti, Cineforum n.577, 9/2018

Critica (3):Nella sua opera prima, L’ultimo terrestre, i protagonisti si trovavano in balia di un’invasione aliena. Nel secondo lungometraggio, Il ragazzo più felice del mondo, in programma a Venezia 75, sezione Sconfini, Gipi racconta una storia vera. Vera ma incredibile. Supportata dai racconti di tanti, al pari di lui, protagonisti involontari. In principio, una lettera scritta a mano da un ragazzino. Gipi — al secolo Gian Alfonso Pacinotti, autore di fumetti, il primo a ricevere una candidatura al premio Strega (nel 2014 con «Unastoria») — la ricevette vent’anni fa. «Ero agli inizi del mio percorso di fumettista — racconta — allora non mi considerava nessuno. Apro la busta e leggo lodi incredibili. Allegato c’era un cartoncino bianco con francobollo. Se mi mandassi un tuo schizzo, dice l’autore, Francesco, 15 anni, sarei il ragazzo più felice del mondo».
Salto di vent’anni. Siamo al 2017. «Su Facebook un mio amico e collega posta una foto con la lettera di un ragazzino di 14 anni che gli dice che lui è il suo autore preferito. Stessa calligrafia, stesse parole scritte a me nel 1997. Lo contatto e poi scrivo a tutti gli autori di fumetti. La mattina dopo ho cinquanta messaggi, foto, scansioni». Un ammiratore seriale che da più di vent’anni manda lettere a tutti gli autori di fumetti italiani spacciandosi per una ragazzino. «Il raccontatore patologico di storie che è in me si mette in moto. Volevo trovarlo, caricare su un pullman tutti quelli a cui aveva scritto e fargli passare la giornata più bella della sua vita. E girare un documentario buffo». Il risultato di quella scoperta e della successiva ricerca è il film che Barbera ha voluto a Venezia. «A un certo punto ho mandato le lettere a una grafologa. E quando abbiamo ricevuto il profilo psicologico dell’autore la storia ha preso una strada tutta sua. E film man mano si staccava dal documentario e diventava fiction. Dove racconto uno come me, che nei fumetti ha raccontato madre, padre, sorelle, amori, amici senza pudore o vergogna e si trova a 54 anni preso dal dubbio se sia lecito o meno usare gli altri per raccontare».
Come sempre nel caso di Gipi – che anche il pubblico televisivo ha imparato a conoscere, grazie ai suoi corti a «Propaganda live» su La7 — la realtà non ha confini netti. Nel cast ha radunato gli amici che nella vita fanno altro, chiamato a raccolta fumettisti, la moglie Chiara e il suo produttore (e amico) Domenico Procacci nei panni di se stesso. Non mancano incursioni di attori professionisti, come Jasmine Trinca e Kasia Smutniak, amiche anche loro. Girare L’Ultimo terrestre fu come prendere la patente, ricorda. «Questo, in compenso, è come fare la Parigi Dakar con una 500. Veramente un film pazzo». C’è dentro quasi tutto il suo mondo. «Manca una cosa che però è l’argomento numero uno della mia esistenza, l’immigrazione. Per quanto i sostenitori di Salvini amino definirsi gli italiani, anche io sono italiano: voglio pensare che potremo ancora essere chiamati brava gente».
Stefania Ulivi, corriere.it, 21/8/2018

Critica (4):Basta poco a Gipi per mettere a proprio agio il pubblico, per portarlo dentro al suo nuovo film Il ragazzo più felice del mondo e farlo sentire comodo. Gli basta una prima esilarante sequenza faccia a faccia con Domenico Procacci e un esilarante remake di La vita di Adele. Una volta riuscitoci, Pacinotti (Gian Alfonso, vero nome dietro allo pseudonimo del cineasta e fumettista) è libero di raccontare la sua storia, come spesso tra diario, biografia e invenzione.
Qui Gipi cerca il modo di realizzare un documentario su una storia curiosa che gli è capitata: la lettera di un fan 14enne che lo adora e gli chiede un disegno è arrivata con minime variazione a tantissimi disegnatori e fumettisti nel corso degli anni.
Chi è questo fan misterioso e perché si camuffa dietro bugie e inganni? Gipi assieme a Gero Arone scrive il film come un meta-documentario che è al tempo stesso una commedia auto-riflessiva sul significato della fama e sul rapporto di un artista con il proprio pubblico e la propria ispirazione.
Come sempre Pacinotti, tra sincerità e furbizia, si mette a nudo e si riveste di humour per cercare di trovare lo spettatore spiazzato – così come fa con il lettore dei suoi romanzi grafici – quando deve farsi serio, quando si ferma e si mette a riflettere: è un gioco magari facile, o in qualche caso può sembrare vuoto per il minimalismo dei temi messi in campo. Ma è efficace senza dubbio e soprattutto Il ragazzo più felice sa spogliare alcuni di questi minimi temi e renderli condivisi, se non universali, raccontarli attraverso le sfumature di tono, parlare di una generazione che non riesce o non vuole crescere e di farlo con affetto e un pizzico di commozione, di quelle bolle che ci creiamo ogni giorni nei rapporti personali con sarcasmo discreto.
E alla fine, pur nell’apparenza di non aver raccontato davvero nulla, di aver chiuso il film con un “nulla di fatto”, Gipi è riuscito a descrivere una porzione di mondo e di averlo fatto in modo diretto e comico, onesto e umano. Nonostante gli alti e bassi, gli sbalzi di ritmo, le incertezze e gli inciampi di un film che segue le cose come vengono o è abile a farcelo credere, anche sbagliando.
Mirko Granata, cinematografo.it, 1/9/2018
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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