RETE CIVICA DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA
Torna alla Home
Mappa del sito Cerca in Navig@RE 


Panico al villaggio - Panique au village


Regia:Patar Vincent, Aubier Stéphane

Cast e credits:
Soggetto: Vincent Patar, Stéphane Aubier; sceneggiatura: Vincent Patar, Stéphane Aubier, Vincent Tavier, Guillaume Malandrin; musiche: Dionysos; montaggio: Anne-Laure Guegan; produzione: Gebeka Films-La Parti Production-Made In Pm-Mélusine Productions-Beast Production; distribuzione: Nomad Film; origine: Belgio-Francia-Lussemburgo, 2009; durata: 75’.

Trama:Il cowboy e l'indiano sono veri e propri professionisti nel commettere disastri: ogni volta che decidono di fare qualcosa, sono in grado di scatenare un vero e proprio caos. Decisi a preparare un bel regalo di compleanno per l'amico cavallo, un barbecue che potrà montare da solo, ne combineranno una delle loro e tutti insieme si troveranno ad affrontare una serie di mirabolanti e pericolose avventure.

Critica (1):Muniti di follia lunatica e genialità creativa si può fare miracoli con poco. Prendi una varietà di «soldatini», neanche fossero miniature dei Village People, spostali un passo per volta e riprendi tutto a scatto singolo ed ecco uno dei lungometraggi più curiosi e divertenti della stagione. Panico al Villaggio è tratto da una serie tv belga, popolarissima anche in Francia e persino nell'isolata Inghilterra, dove a curarne l'adattamento e la distribuzione è la blasonata Aardman di Wallace & Gromit. A dire il vero, qualche forzatura plastica c'è, nel senso che i modellini dei singoli personaggi sono più d'uno, come lo sono le espressioni, i gesti, le posizioni e messi in successione si muovono da matti. Anche se a vederli da fermi in fotografia non si direbbe, quei figurini manipolati a dovere possono essere carichi di dinamismo e provocare ilarità a dismisura. Cowboy, indiani, cavalli e altri animali da fattoria, nonché un postino in bicicletta, un poliziotto e altre figure improbabili su piedistallo sembrano usciti alla rinfusa dal sacchetto per essere messi in scena per il classico gioco di ruolo. Ma nelle mani agili di Stéphane Aubier, Vincent Patar e tutta la loro troupe la plastica inanimata si trasforma in frenesia ad alto potenziale. Miglior titolo non si poteva trovare per questo bizzarro film animato che rimanda nello spirito alle farneticazioni dei fratelli Marx, dei Monty Python e a tutta una scuola di demenzialità surreale su pellicola. Stile e tecnica inedita per un lungometraggio di successo, ma ha già vinto vari premi come serie fra cui un grand prix ad Annecy e supera anche la prova della durata lunga.
La strampalata storia ruota attorno alla strana coabitazione fra Cowboy, Indiano e Cavallo che vivono in un villaggio di nome Villaggio e dove ogni cosa o essere sono banalmente chiamati per quello che sono. Nemmeno fossimo nell'ultimo dei quattro viaggi di Gulliver, i due umani si adoperano per fare una sorpresa di compleanno al quadrupede cool. Sbagliando però ordinazione come solo due cretini da comiche sanno fare; invece del barbecue da montare, si ritrovano con un miliardo di mattoni rossi (quelli piccini da modellismo, beninteso). Ogni rimedio è inevitabilmente peggio del male originato, causa ed effetto di una delirante e vorticosa escalation di eventi folli. Fra questi spicca la love story fra Cavallo e la puledra maestra di musica dalla fulva criniera che si produce in un inedito erotico equino.
Volutamente mostrato al grezzo, dell'artigianale imperfezione il film fa virtù. I movimenti nevroticamente barcollanti delle statuine in plastilina, gli assurdi oggetti di arredo, compresi un phon enorme e una caffettiera sproporzionata, gli incoerenti trasferimenti di ambientazione dal centro della Terra al Polo per tornare al Villaggio diventano cifra stilistica inconfondibile e fonte di comicità geniale. Non a caso questo insolito oggetto cinematografico è stato incluso nelle selezioni ufficiali di Cannes, dell'Oscar e dei César francesi.
Thomas Martinelli, Il Manifesto, 25/6/2010

Critica (2):Il postino suona sempre due o tre volte. Ed ha parecchi pacchi da consegnare nel villaggio ideato e creato dal duo di registi belgi Stephane Aubier e Vincent Patar. Sfondo agreste pitturato e bidimensionale, più personaggi di plastica alti qualche centimetro con piedistallo tondo. Si chiamano Indien, Coboy e Cheval, soldatini fanciulleschi, memorabilia colorata, depositari del mondo continuamente capovolto di Panique au village . Premessa narrativa: Indien, indiano Cherokee con copricapo in piume, e Coboy, carabina sempre appresso alla Steve McQueen, vivono con Cheval, aitante purosangue che legge il giornale e si fa il bagno spaparanzato nella vasca. Al compleanno di Cheval, i due decidono di regalargli un barbecue ordinandolo su internet, ma qualcosa va storto e il villaggio composto da sei anime umane e decine di anime animali va in tilt. Il trio protagonista inizia un viaggio al centro della terra e ritorno: inferi, ghiaccio, fondali marini, pionierismo sognatore alla Melies e finissima animazione in stop motion. Panico al villaggio è film sorprendente, carico di borbottii gramelot (la versione italiana ci manca, scusateci) e ruoli comici ben definiti, depositati su un mondo/fondale freneticamente montato, smontato, rimontato e rismontato. Ritmo alto, gag spesso esilaranti (le mucche che chiedono di spegnere la luce all'asino prima di dormire sono da antologia), poche pretese contenutistiche e una grande irriducibile passione per un cinema acceso dal fuoco sacro dell'animazione.
Davide Turrrini, Liberazione, 25 giugno 2010

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
Valid HTML 4.01! Valid CSS! Level A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0 data ultima modifica: 08/06/2010
Il simbolo Sito esterno al web comunale indica che il link è esterno al web comunale