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Fiammiferaia (La) - Tulitikkutehtaan tyttö


Regia:Kaurismäki Aki

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Aki Kaurismäki; fotografia: Timo Salminen; musica: canzoni varie; montaggio: Aki Kaurismäki; suono: Jouko Lumme; interpreti: Kati Outinen (Iris), Elina Salo (la madre), Esko Nikkari (il patrigno), Vesa Vierikko (l'uomo), Reijo Taipale (il cantante), Silu Seppälä (il fratello), Outi Mäenpää (il compagno di lavoro), Marja Packalén (il medico), Richard Reitinger (l'uomo nel bar); produzione: Aki Kaurismäki /Villealfa Film productions/The Swedish Film Institute; distribuzione: Lucky Red; origine: Finlandia/Svezia, 1989; durata: 70'.

Trama:Operaia presso una fabbrica di fiammiferi, Iris è Bruttina, taciturna, solitaria. Maltrattata in famiglia, tenta timidamente di evadere. Resta incinta del primo uomo con cui va a letto ma si ritrova ancora più sola. A causa di un incidente, perde il bambino. Risoluta, acquista del veleno per topi, mandando al creatore chi s'è preso gioco di lei.

Critica (1):Si fa un gran parlare del finlandese Aki Kaurismäki e il bene che se ne dice trova ampia conferma in questo film, ottavo lungometraggio del Nostro (attivo nella regìa dall'81) e primo ad uscire commercialmente in Italia. Non sappiamo se sia il migliore, né se lo stile qui adottato gli sia caratteristico; quel che vi possiamo scorgere è una gran bella lezione di cinema, per nulla tirato via, come vorrebbe il côté rockettaro del giovane regista, ed anzi rigoroso, quasi un Bresson rivisitato in chiave wendersiana. Pochissimi dialoghi, rarefazione interpretativa degli attori-modello, procedure diegetiche fortemente ellittiche, ricchezza semantica dei particolari, crudità delle immagini in un contesto di crudeltà sociale tanto più evidente in quanto visivamente esibita: ce n'è a sufficienza per sentirsi kaurismakiani e guardare con simpatia a questo nipotino della Nouvelle Vague, cresciuto in anni di astenia cinematografica.
La fiammiferaia è un film apparentemente nudo, che offre in realtà una quantità incredibile di informazioni: su quello che avviene in quel momento (1989) in Finlandia e nel mondo (l'arrivo di Woytila a Helsinki, la morte di Khomeini, la strage di Piazza Tien'an Men), su quello che accade tutti i giorni nella fabbrica dei fiammiferi dove lavora Iris (la catena di montaggio del bellissimo attacco iniziale), fuori (il grigiore di Helsinki d'estate) e dentro (la famiglia, la bruttezza come diversità estrema) l'esistenza della giovane protagonista. La quale implode, taciturna, per suo conto, gesto dopo gesto, sogno (inconfessato) dopo sogno (inconfessabile), sino a sfociare nella lucida - epperò soltanto "suggerita" - misantropìa omicida. Dice il regista: "E' stato difficile arrivare a settanta minuti. Non sapevo davvero cos'altro girare, non c'era nient'altro da dire". Ingenuità o modestia? Forse soltanto sincerità. Da tempo non assistevamo a silenzi così gravemente espressivi, allo squallore di una "normalità" piccolo-borghese vanto eloquente, al laidume di rapporti interpersonali così spietatamente rappresentanti. Nulla di inverosimile, intendiamoci. Solo che il cinema corrente sembra aver perso la voglia di occuparsene, preferendo trastullarsi in oziosità esistenziali di poco conto, salvo cavalcare miti trasgressivi di comodo assorbimento. Mentre il Kaurismäki de La Fiammiferaia se ne occupa, affidando alla sua "eroina" (il termine va più che mai virgolettato) il compito di testimoniare che la pietas, semmai è esistita, è davvero morta e sepolta.
Il tragitto fenomenico di Iris si apre e chiude fra le parevi della fabbrica, luogo sociale dell'alienazione cui è soggetta la protagonista. Acqua passata? Un patrigno la tiranneggia, sotto gli occhi indifferentemente complici della madre. Vecchi armamentari? La ragazza s'illude di trovare un po' d'amore nel primo venuto, non chiede un matrimonio "riparatore", s'accontenterebbe di un po' d'affetto ogni tanto e di una gravidanza e, magari, di un puerperio non così gelidamente "celibi". Roba d'altri tempi? Soldi, soldi, sempre soldi: il magro stipendio che la ragazza passa alla famiglia; i pochi che trattiene per comprarsi un vestito minimamente decente; quelli che ritrova sul comodino all'indomani della (presumibile) prima notte d'amore; l'assegno che riceve per abortire e mettere fine ad una relazione più che improbabile, impossibile. Soldi che svelano rapporti di dominio, che rivelano la vacuità dei sentimenti, che inverano l'inconsistenza dell'illudersi. La fiammiferaia è un film senza speranza ma con ancora un pizzico di salutare ironia, come quando Iris liquida con un sorso di veleno il nuovo occasionale corteggiatore che le si affianca al bar. Povera, brutta, disgraziatissima Iris... il mondo è una schifezza ma non l'hai inventato tu. Assolta!
Roberto Ellero, Segno cinema n. 47, gennaio-febbraio 1991

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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