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Marcello Mastroianni, mi ricordo, sì io mi ricordo


Regia:Tatò Anna Maria

Cast e credits:
Montaggio
: Anna Maria Tatò; fotografia: Giuseppe Rotunno; musica: Armando Trovaioli; interpreti: Marcello Mastroianni; produzione: Mikado/Istituto Luce; origine: Italia, 1997; durata: 98’.

Trama:In Portogallo, nelle pause e nel tempo libero del film ("Viaggio all'inizio del mondo") che sta girando con Manuel De Oliveira, Marcello Mastroianni si confessa davanti alla macchina da presa. Come in un flash-back, ripercorre tutta la propria vita: dall'infanzia ai rapporti con i genitori alla scoperta del cinema come spettacolo, dalle prime particine come comparsa alla scelta dell'attore come 'mestierè.

Critica (1):Marcello Mastroianni ricorda: seduto, quasi sempre, davanti alla macchina da presa, immerso, spesso, nel panorama abbagliante che Manoel De Oliveira gli ha offerto come sfondo del suo ultimo film (Viaggio al principio del mondo), capace, sempre, di una tenerezza non autocompiaciuta verso se stesso, i suoi amici, i suoi registi, i suoi scrittori, le sue passioni. Mastroianni parla soprattutto di cinema («Questo è un mestiere meraviglioso: ti pagano per giocare»), ricorda gli esordi in teatro, la forza di Visconti (Le notti bianche), la magia di Fellini (tutta una vita, praticamente attraversata di pari passo), l’inventiva estemporanea di Ferreri (da La grande abbuffata a Ciao Maschio), l’esperienza travolgente del musical (Ciao Rudy), ammette di aver fatto anche tanti brutti film, e confessa di preferire da qualche tempo i film più “azzardati”, le piccole produzioni capaci di portarlo in giro per il mondo, verso nuovi paesaggi e nuove esperienze (anche se, talvolta, queste si risolvono in film sbagliati come Miss Arizona di Sando). E’ il cinema, racconta Mastroianni, ad avergli insegnato tutto; ma, in realtà, dal suo monologare quieto, emerge tutta la sua ricchezza culturale, l’amore per Cecov, Proust, la musica americana anni ‘30 e ‘40, Mozart. Le citazioni si affastellano con le emozioni e le impressioni, la vita sembra scorrergli un’altra volta davanti, ricapitolata dalla sua voce inconfondibile e “sdrammatizzata”, una voce che, sopra tutto, ha il dono impagabile dell’ironia. Ecco, la caratteristica che più di ogni altra cosa colpisce è l’umanità tranquilla con cui Mastroianni si racconta, l’understatement ostinato e incrollabile, il “basso profilo”, da ragazzo normale capitato quasi per caso in un’avventura straordinaria, che Mastroianni coltiva. Non un divo, non un signore della scena, neppure uno che “si scusa” della propria carriera e del proprio successo; piuttosto, una persona che sa ancora prendersi in giro e che si ostina a privilegiare la vita. Cita ancora Proust: «I paradisi migliori sono i paradisi perduti. Ma per me i paradisi migliori sono quelli che non abbiamo ancora vissuto». Da Mi ricordo, sì io mi ricordo, Marcello Mastroianni emerge come una figura umana e professionale, magnifica, capace di avvincere lo spettatore con un flusso emotivo costante e un fascino sottile e interiore che gli anni e la malattia non hanno appannato (a dispetto del mito effimero e stupido del latin lover, che gli americani gli cucirono addosso e che l’attore prende amabilmente in giro). Il film di Anna Maria Tatò deve tutto al suo interprete, dal vivo o attraverso gli spezzoni di repertorio che si alternano al lungo monologo (bellissimo, disagevole, capace di mostrare anche i lati oscuri e irrisolti del cinema, il provino di Il viaggio di Mastorna, il film che Fellini progettò per anni e che non realizzò mai). Cinematograficamente, come invenzione e ipotesi di docu-fiction, Mi ricordo, sì io mi ricordo non vale un granchè. Sarà forse perchè da un materiale di circa sei ore la regista ha dovuto estrarre i canonici novanta minuti, ma certo la Tatò non manifesta alcuna elaborazione registica a monte. All’idea iniziale (il profilo dell’attore come un’ombra cinese e la prima successione rapida dei suoi ricordi) non ne seguono altre; la macchina da presa si muove poco, (ma non abbastanza poco da far pensare a una presa di posizione “oggettiva”), le inquadrature e la successione dei materiali di repertorio sono piuttosto piatte. D’altra parte, il documentario non è certo una forma espressiva nella quale il nostro cinema brilli. Ciononostante, il film ha una capacità di affabulazione intensa, immerso nella memoria di Mastroianni e nella sua vitalità.
Emanuela Martini, Cineforum n. 364, maggio 1997

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Maria Tatò
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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