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Divorzio all'italiana


Regia:Germi Pietro

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Alfredo Giannetti, Pietro Germi, Ennio De Concini; scenografia: Carlo Egidi; fotografia: Leonida Barboni; musica: Carlo Rustichelli; interpreti: Marcello Mastroianni Barone Cefalù), Daniela Rocca (Rosalia), Stefania Sandrelli (Angela), Leopoldo Trieste (Carmelo Patanè), Umberto Spadaro (Don Gaetano Cefalù), Margherita Girelli (la serva Sisina), Angela Cardile (Agnese Cefalù), Lando Buzzanca (rosario Mulè), Pie­tro Tordi (l’avvocato De Marzi), Bianca Castagnetta (Donna Matilde Cefalù), Ugo Torrente (Don Calogero); produzione: Franco Cristaldi per la Lux-Vides-Galatea; distribuzione: Cineteca Nazionale; origine: Ita­lia, 1961; durata: 101'.

Trama:Il barone siciliano Ferdinando Cefalù, soprannominato Fefè, si innamora ricambiato di Angela, sua cugina 16enne. L'unico ostacolo al coronamento del loro amore è il fatto che Fefè sia già sposato con Rosalia, una donna brutta quanto petulante. L'arrivo inaspettato del pittore Carmelo Patanè, che in passato era stato il grande amore di Rosalia, concede grandi speranze alla coppia e Fefè cerca in ogni modo di favorire un riavvicinamento tra i due. Fefè ha ideato un piano perfetto: del resto in Italia, l'articolo 587 del Codice Penale concede miti condanne per i delitti d'onore...

Critica (1):Sto pensando da tempo ad un film sul matrimonio in Italia: i soggetti non mancano certo, se ne trovano a deci­ne, sui giornali ogni mattina: fatti di cronaca, qualche volta pittoreschi, spesso tragici. In Italia i matrimoni male assortiti vanno a finire spesso in trage­dia, con maggior frequenza che in altre nazioni, proprio perché qua da noi vigono ancora dei costumi medioeva­li, che sono troppo in contrasto con la realtà dei giorni che stiamo vivendo. Pare che certi uomini non si rendano conto che il tempo passa, e si illudono con quattro rivoltellate di poter inchio­dare le sfere dell'orologio. Può esserci una cosa più assurda del delitto d'onore? Ricordo che qualche anno fa lessi sul giornale di un tale, un ingegnere sici­liano che da Roma, dove abitava, era andato a Milano per ammazzare la moglie che lo tradiva. Poi invece ammazzò l'amante della moglie, un avvocato mi sembra, e per la strada, in pieno centro, vicino ai giardini. Son cose che sanno di favola: uno va alla stazione, compera il biglietto ferrovia­rio e sale su un treno esclusivamente con quello scopo ben fisso in mente, per andare a sparare ad uno scono­sciuto che passeggia con una donna. Anziché ricoverarlo in manicomio per tutta la vita i giudici milanesi l'han condannato ad una pena modestissi­ma, poco più di un anno, ed è uscito tra gli applausi della folla. E così altri casi analoghi, quella ragazza siciliana per esempio, che dal natio paesello è partita per Firenze dove ha ucciso il cugino che l'aveva posseduta, sparan­dogli con la rivoltella che lui le aveva regalato, secondo la tradizione dicen­dole "se ti tradisco, uccidimi". Sono soggetti straordinari per un film, colmi di allucinante follia: quanti sono gli italiani che si rendono conto che dei loro concittadini si comportano come belve feroci sotto la spinta di un tabù millenario? [...].
Inizialmente avevamo pensato ad un film drammatico: ma gli aspetti para­dossali di queste vicende non riusciva­no a fondersi con gli elementi tragici. D'altronde come si può costruire un dramma nella cornice siciliana, in un mondo dove, per fare un esempio banale, ho visto con i miei occhi un ballo di soli uomini nella sede - indovinate - di un circolo comunista? Una società simile è come un vestito fuori moda: se noi andassimo per le strade con vestiti di cinquant'anni fa, farem­mo sorridere la gente. Ed i costumi di cinque secoli fa non devono far sorri­dere? Così, man mano che la sceneg­giatura prendeva forma, ci accorgem­mo che non era possibile evitare agli elementi francamente comici di sopraf­fare quelli drammatici, sicché ci venne naturale scegliere il tono grottesco, che veramente è l'unico adatto a queste storie incredibili di delitto d'onore: è triste che vi siano lutti e sangue, ma tutto il resto, pensieri, atti, fatti che circondano e fanno da sfondo al delitto son cose non sai se più ridicole o sciocche. Una volta presa questa decisione, Giannetti, De Concini (miei collaboratori) ed io ci accorgemmo che non riuscivamo ad individuare un altro film italiano (e forse non solo italiano) il cui tono ed umore assomigliasse al nostro. E questo accese maggiormente il nostro interesse.[...]
Qual è l'emozione che sta alla radice del Divorzio all'italiana? Non un'emo­zione positiva, ma negativa: il rabbio­so rifiuto di usi e costumi (e delle leggi che li consacrano) che offendono la coscienza morale e civile. Da questo rifiuto, da questa rabbia nascono la satira, il grottesco. E perciò nonostante il tono scherzoso o addirittura comico, credo che il Divorzio sia il film più "cattivo" che io abbia fatto finora. Divorzio avevamo capito che sarebbe andato, che avrebbe divertito, ma non pensavamo mai che potesse avere suc­cesso anche fuori d'Italia, e specie nei paesi dove esiste il divorzio. Invece, sa dove ha avuto le accoglienze più tie­pide? In Italia meridionale, dove il pubblico restava disorientato e non capiva come si potesse mettere in burla un delitto d'onore.
AA. W. Pietro Germi. Ritratto di un regista all'antica, Pratiche 1989

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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