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Segreto di Esma (Il) - Grbavica - Grbavica


Regia:Zbanic Jasmila

Cast e credits:
Soggetto: Barbara Albert; sceneggiatura: Jasmila Zbanic; fotografia: Christine A. Maier; musiche: Enes Zlatar; montaggio: Niki Mossböck; scenografia: Kemal Hrustanovic; costumi: Lejla Hodzic; interpreti: Mirjana Karanovic (Esma), Luna Mijovic (Sara), Leon Lucev (Pelda), Kenan Catic (Samir), Jasna Beri (Sabina), Dejan Acimovic (Cenga), Bogdan Diklic (Saran), Emir Hadzihafizbegovic (Puska), Maike Höhne (Jabolka), Jasna Zalica (Plema), Minka Muftic (Vasvija), Hasija Boric (Fadila), Sanja Buric (Mirha), Sabina Turulja (Zehra), Sedina Muhibic (Maja), Dunja Pasic (Mila), Vanesa Glodo (Dzemila); produzione: Coop99 Filmproduktion-Deblokada Filmproduction-Noirfilm Filmproduktion-Jadran; distribuzione: Istituto Luce; origine:Bosnia-Erzegovina-Austria-Croazia-Germania, 2005; durata: 90’.

Trama:Esma vive con sua figlia Sara nella Sarajevo postbellica. Sara non ha mai conosciuto suo padre ed è convinta che sia un eroe di guerra come il padre di Samir, un suo compagno cui è molto legata. Un giorno Sara torna a casa da scuola e chiede alla mamma se può partecipare ad una gita scolastica. Esma inizia a lavorare in un locale notturno per guadagnare i soldi necessari anche se la scuola ha emesso un'ordinanza per cui i figli degli eroi di guerra possono prendervi parte senza pagare. Quando la bimba scopre di non essere stata inclusa nella lista degli orfani comincia ad insistere per conoscere la verità sulla morte del padre, Esma rompe gli indugi e le svela una drammatica verità...

Critica (1):Orso d'oro alla 56ª Berlinale per questo primo lungometraggio di una giovane regista bosniaca, attiva, anche come produttrice (Deblokada), dal 1997 in corti e documentari. È la storia di Esma che abita a Grbavìca, quartiere di Sarajevo, con la figlia 14enne Sara. Sopravvive facendo l'operaia di giorno e la cameriera di notte. A Sara ha fatto credere che suo padre è morto in guerra (1992-95): è un martire (shahid). Semplice, asciutto e intenso, è un film dalla parte delle donne, vittime della guerra e degli uomini, che ha il suo nocciolo nell'amore tra madre e figlia. J. Zbanic si limita a indicare, mettendo la sordina con efficace concisione, la trasformazione sociale in atto nella Sarajevo del 2000 e la violenza, anche criminale, che le fa da sottofondo. A dire il suo talento basta la lenta carrellata iniziale sulle donne dormienti, ripetuta in rima nel sottofinale con le donne che cantano una dolente canzone popolare. Entrambe finiscono sul primo piano di Esma/M. Karanovic che si esprime con gli occhi, ottima attrice di teatro e del cinema di E. Kusturica. La conclusione è catartica, puntata su Sara, sulla speranza nel futuro. L'edizione italiana del Luce ha il difetto di non avere tradotto con sottotitoli il testo della canzone finale. Era importante.
(Il Morandini – Laura, Luisa e Morando Morandini)

Critica (2):Si esce da Il segreto di Esma con la sensazione che raccontare certe storie sia possibile solo attraverso il cinema. Ecco allora che Jasmila Žbaniæ scende in profondità in una storia privata e unica, senza però mai perderne la dimensione di dramma collettivo. Storia individuale e corale, con i carrelli che iniziano e chiudono il film passando su corpi, sguardi e semplicemente parti di corpi e di sguardi che mai si mostreranno interamente, perché gliene è stata tolta la possibilità. Il segreto di Esma mostra con dignità la sofferenza, senza mai cadere né nel pietismo né nella rivendicazione, senza pietà, come non ne ha la realtà quotidiana, a tutto tondo sulle infinite sfaccettature e ricadute del trauma e del dolore. Schizza efficacemente la psiche elementare e crudele di un'adolescente. Sceglie vie simboliche (l'arma in mano a Sara, la figlia che Esma ha concepito in seguito a uno stupro) e totalmente realistiche (i colpi di Esma sulla figlia, nella stessa scena) per rappresentare una violenza che viene a galla da un abisso di passato, un po' alla volta e in crescendo, prima al lavoro, poi a scuola, fino a casa, alla rivelazione/esplosione. Opera prima equilibrata e coerente, diaristica nei silenzi, nei tempi dilatati e nelle pause che tanto la accostano alla realtà della vita quotidiana. La regia lascia spazio alle relazioni e ai volti, che – segnati, silenziosi, increspati solo per un brevissimo attimo – sono l'unico varco sul baratro della dignità sottratta e dell'amore materno incondizionato. Più di tutto è il montaggio che cuce/svela le contraddizioni di un'interiorità borderline, impenetrabile ma che affiora per frammenti, solo suggeriti ma – e qui sta il talento della regista e della protagonista Mirjana Karanoviæ (interprete di Papà è in viaggio d'affari, Underground, Go West) – implacabili nei confronti dello spettatore: gruppi di donne e branchi di trote, il sesso esibito in discoteca, il corpo circondato di difese invisibili, gestuali, invalicabili; e soprattutto il conflitto/accostamento tra, da una parte, lo spazio privato di Esma, in cui pesano lo strazio della donna e l'onnipresenza e impunità del colpevole, e che paradossalmente è davvero vissuto dalla protagonista solo nel pubblico di un autobus, di un locale, di una strada; e dall'altra lo spazio dell'amore per la figlia (Luna Mijoviæ, al suo debutto cinematografico), amore dove per ulteriore paradosso l'intimità della casa/famiglia nasconde la più ingombrante delle verità.
(sentieriselvaggi.it)

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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