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Vita Activa: The Spirit Of Hannah Arendt - Vita activa


Regia:Ushpiz Ada

Cast e credits:
Fotografia: Ada Ushpiz; montaggio: Hadas Ayalon; produzione: AU Films; distribuzione: Cineagenzia; origine: Israele-Canada, 2015; durata: 124’.

Trama:Hannah Arendt, la nota filosofa ebreo-tedesca, che causò un grande tumulto nel 1960 coniando il concetto sovversivo di “banalità del male” facendo riferimento al male nazista. La sua vita privata era non meno controversa grazie alla sua storia d’amore con il filosofo tedesco di fama mondiale Martin Heidegger, noto sostenitore nazista. Hannah Arendt è stata uno dei pensatori più influenti del xx° secolo, che ha sia vissuto che scritto sulle le ferite aperte nei tempi moderni. Oggi, Hannah Arendt evoca un rinnovato interesse in tutto il mondo, soprattutto tra i giovani che trovano le sue intuizioni sulla natura del male, sul totalitarismo, sulle ideologie e sulle tematiche dei profughi, risultano essere più attuali che mai. Il film offre un ritratto intimo di Hannah Arendt come un viaggio nei luoghi dove ha vissuto, lavorato, amato e dove fu tradita. Attraverso l’uso creativo di materiali d’archivio, il film fa rivivere anche la sua brillante analisi delle turbolenze del XX° secolo.

Critica (1):Hannah Arendt, morta nel 1975, fu una maestra di pensiero prolifica e inclassificabile, un teorica politica, filosofa morale e polemista di ineguagliabile livello e rigore. Almeno al di fuori dei circoli accademici, la sua fama postuma - o notorietà – si fonda su "Eichmann in Jerusalem", un vasto reportage che scrisse per The New Yorker nel 1963, e in una sola frase ad esso associata: la banalità del male.
Quelle parole sono evocate così spesso, e in così tanti contesti, che il loro specifico e controverso significato originale è facilmente dimenticato. La Arendt, seguendo il processo per crimini di guerra di Adolf Eichmann, un nazista di alto rango catturato in Argentina da agenti israeliani, fu colpita dalla sua ordinarietà, dal blando contegno burocratico apparentemente in contrasto con l'enormità dei suoi crimini. Anche se la ricerca successiva ha suggerito che la Arendt valutò male Eichmann - che fu, in primo luogo, un antisemita molto più accanito di quanto sembrasse quando era seduto sul banco degli imputati - l'idea che un grande orrore possa spuntare da radici ordinarie e banali si è dimostrata salda e sempre pertinente.
Vita Activa: The Spirit of Hannah Arendt, il nuovo documentario molto profondo ed efficace girato da Ada Ushpiz, mette a fuocola sua inchiesta sulla carriera della Arendt attraverso il suo incontro con Eichmann. Ma la sua attenzione è molto più ampia rispetto al dibattito sempre rilevante su "Eichmann in Jerusalem," che è stato ampiamente e ferocemente attaccato per quello che i critici hanno interpretato come una sua banalizzazione degli atti di Eichmann e una sua mancanza di simpatia per le sue vittime. Anche se sia i difensori che i detrattori della Arendt vengono ascoltati, il film della Ushpiz situa l'episodio Eichmann all'interno di un ampio e ricco ritratto di un' intellettuale determinata a utilizzare gli strumenti della razionalità per comprendere eventi storici che sembrano sfidare ogni ragione.
Il titolo, come la Arendt stessa ha sempre fatto, insiste sull'idea che il pensiero sia una forma di azione. Lo "spirito" evocato - attraverso le parole della Arendt, i ricordi di studenti, discepoli e amici e immagini d'archivio scelte con cura - è quello di un'attività mentale instancabile e appassionata. La Ushpiz è determinata a salvare il suo soggetto dalla banalità della biografia. I dettagli dell'infanzia della Arendt, della sua educazione, della vita sentimentale e dell'attività professionale non vengono ignorati, ma sono quasi sempre un modo per mettere in luce le sue idee.
La Arendt nacque nel 1906 in una famiglia ebreo-tedesca assimilata. La sua precoce relazione con il filosofo Martin Heidegger - fu la sua amante, come pure sua allieva - è stata un'altra fonte di polemiche, data la successiva collaborazione di lui con i nazisti e le loro politiche razziali. La stessa Arendt invece fuggì dalla Germania nel 1933, e gran parte dei suoi scritti successivi lottano con le contraddizioni letali di una patria che sembrava di volta in volta rappresentare l'apice della civiltà e l'abisso della barbarie.
"Le origini del totalitarismo", la sua imponente opera del1951, rappresenta il tentativo più sostenuto di capire il fascismo tedesco e il comunismo sovietico non come catastrofi metafisiche, ma come sviluppi politici, come aspetti della modernità piuttosto che come mostruose eccezioni al suo progresso. Studi recenti hanno messo in discussione alcuni dei suoi argomenti, ma il quadro analitico del libro rimane potente e di sconcertante attualità.
(...)
Ne emergono dolorosamente due intuizioni. La prima è l'affermazione di Arendt che la logica letale, disumanizzante del totalitarismo ha avuto origine in parte dallo spostamento massiccio di popolazioni dopo la Prima Guerra Mondiale. I profughi creati da quel conflitto non erano solo senza stato, ma "senza diritti", considerati dalle nazioni europee non come cittadini che necessitavano protezione, ma come un problema da risolvere. Un secolo dopo quella guerra, l'Europa è ancora una volta al centro di una crisi dei rifugiati, le conseguenze politiche della quale non sono ancora completamente note.
La Arendt era anche preoccupato riguardo al modo in cui certe tendenze e atteggiamenti totalitari potevano persistere nelle società democratiche, e Vita Activa include alcune implicazioni particolarmente agghiaccianti riguardo all'attuale stato della politica americana. Il totalitarismo si fonda, dal punto di vista della Arendt, soprattutto sul rifiuto sistematico di affrontare realtà, sulla sostituzione della fantasia ideologica e della finzione ad essa conforme alla ragione e all'empirismo. Per rischiare un eufemismo, queste tendenze sono tutt'altro che scomparse dalla società moderna, e possono anche essere più forti di quanto lo fossero alla fine della vita della Arendt.
A.O. Scott, The New York Times, nytimes.com, 5 /4/2016 (Trad.)

Critica (2):12/4/2017

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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