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Prima cosa bella (La)


Regia:Virzì Paolo

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Francesco Bruni, Francesco Piccolo, Paolo Virzì; fotografia: Nicola Pecorini; musiche: Carlo Virzì - La canzone "21th Century Boy" di Valerio Casini è interpretata dai Bad Love Experience; montaggio: Simone Manetti; scenografia: Tonino Zera; costumi: Gabriella Pescucci; effetti: EDI - Effetti Digitali Italiani; suono: Mario Iaquone; interpreti: Valerio Mastandrea (Bruno Michelucci 2009), Micaela Ramazzotti (Anna Nigiotti in Michelucci 1970-1980), Stefania Sandrelli (Anna Nigiotti in Michelucci 2009), Claudia Pandolfi (Valeria Michelucci 2009), Marco Messeri (Il Nesi), Aurora Frasca (Valeria Michelucci 1970), Giacomo Bibbiani (Bruno Michelucci 1970), Giulia Burgalassi (Valeria Michelucci 1980), Francesco Rapalino (Bruno Michelucci 1980), Isabella Cecchi (Zia Leda Nigiotti), Sergio Albelli (Mario Michelucci); produzione: Fabrizio Donvito, Marco Cohen, Benedetto Habib, Paolo Virzì, Carlo Virzì per Indiana Production Company-Medusa Film-Motorino Amaranto; distribuzione: Medusa; origine: Italia, 2009; durata: 116’.

Trama:Livorno, anni '70. Anna Nigiotti è una giovane e bellissima mamma ignara delle attenzioni maliziose che le rivolgono gli uomini e che suscitano, invece,i sospetti rabbiosi di suo marito Mario e la vergogna del primogenito Bruno. Anni dopo, Anna è gravemente ammalata ed è giunta al capolinea della sua vivace seppur travagliata esistenza, ma la sua irresistibile e contagiosa vitalità le consente di vivere serenamente questo momento così difficile. Bruno, invece, ha ormai tagliato i ponti con la sua città, la famiglia e il passato tanto che accetta malvolentieri il richiamo di sua sorella Valeria per andare a dare l'ultimo saluto alla madre. Riluttante e senza entusiasmo, Bruno arriva a Livorno, ma l'incontro, dopo tanti anni, con quella mamma esplosiva, ancora bella e vivacissima, che a dispetto delle prognosi mediche sembra non aver nessuna intenzione di morire, costringe Bruno a rievocare le vicissitudini familiari che aveva voluto a tutti i costi dimenticare. Il ricordo delle peripezie vissute insieme alla mamma allegra e incosciente, unito a una serie di matrimoni e separazioni a sorpresa e a una scoperta scioccante, condurranno tutti i protagonisti a una inaspettata quanto necessaria riconciliazione.

Critica (1):La prima cosa bella di Paolo Virzì si muove agli antipodi della forma-racconto, ma tocca le stesse radici. Ovvero, ci ricorda il meglio della nostra storia di Italiani e di autori cinematografici, crea personaggi (la madre. Quella di Sandrelli rimane nel suo curriculum come la stella più brillante, quella di Ramazzotti come una delle grandi figure femminili del cine-novecento) indelebili, fa correre la sua macchina da presa in perfetto tempo musicale. E in fondo, anche lui ci regala una forma di 3D, quella che fa delle emozioni dei suoi personaggi qualcosa che 'si collega' alle nostre, oltre la bidimensionalità nelle profondità dei nostri vissuti più segreti. Difetto: una parte centrale più stanca e scontata, condotta da una scrittura seduta e professionale. Ma il miracolo del contatto tra autore e pubblico ne esce indenne.
Roberta Ronconi, Liberazione, 15/1/2010

Critica (2):Parte come un musical decadente, si trasforma in una commedia (all') italiana amara tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 (e forse la ‘presenza fisica’ di La moglie del prete con Mastroianni e la Loren può essere più di un riferimento) e muta ancora in un affresco impulsivo e struggente. Sembra avere più vite, più anime La prima cosa bella, forse il personale C'eravamo tanto amati di Paolo Virzì che riattraversa la memoria come se fosse un lungo sogno interrotto ogni tanto dal presente. C'è infatti un momento in cui Bruno è seduto fuori dalla porta dell'ospedale dove è ricoverata la madre. È come stordito, ipnotizzato, forse addormentato e quindi proiettato in quella sua infanzia che diventa luogo magico e fantastico, proprio come in quelle fiabe nere di Terry Gilliam dove le luci di Nicola Pecorini (...), trasformano provvisoriamente Livorno in un luogo tra 'paura e delirio', con momenti di violenza familiare alternati ad altri slanci ed abbandoni come quello di Anna (Micaela Ramazzotti) che canta la canzone del titolo sul bus dopo che è stata appena buttata fuori di casa dal marito. Lei è una donna bellissima, vitale e frivola e madre di due figli Bruno e Valeria. Il bambino si è spesso sentito a disagio con lei fin da quando, nell'estate del 1971, alla tradizionale elezione delle Miss dello stabilimento più popolare di Livorno, è stata eletta come la 'mamma più bella'. Da quel momento la famiglia Michelucci attraversa diverse traversie e laceranti separazioni nel corso del tempo e solo all'improvviso, per un evento straordinario, si troverà a riunirsi di nuovo. È ancora dentro Livorno La prima cosa bella tranne un iniziale squarcio a Milano e contiene in sé quell'aggettivo 'bella' proprio come il primo film del regista, La bella vita appunto. E quello di Virzì è un film di enorme vitalità, sotto il segno della riconciliazione come il bel finale di Tutta la vita davanti, in cui aleggia fin dall'inizio l'ombra della morte ma che è una continua iniziazione alla vita. Sulle forme del grottesco e la descrizione dei caratteri comunque sempre molto precisa (Bruni e Piccolo sono oggi tra i migliori sceneggiatori del cinema italiano) prevale una spinta passionale che forse si vorrebbe anche controllare ma da un certo momento diventa così devastante che non è più possibile arginarla. Basta solo quell'abbraccio tra Bruno e Valeria, un abbraccio così bello che si vorrebbe che non finisse mai che è così avvolgente come il rapporto tra don Giulio e la sorella in La messa è finita con cui il film di Virzì condivide quell'impeto di iniziare la canzone come colonna sonora e farla continuare dalla voce dei protagonisti. Oppure è sufficiente anche un primo piano su Valeria da cui emerge la sua insoddisfazione mentre sullo sfondo il marito da dietro continua a parlare. Mastandrea e la Ramazzotti si vivono addosso i loro personaggi con un'intensità rara nel nostro cinema, la Pandolfi offre la migliore prova della sua carriera e la Sandrelli appare quasi come la reincarnazione del personaggio di Adriana in Io la conoscevo bene. (...) L'amore con cui è inquadrata la Ramazzotti ricorda la complicità con cui Pietrangeli inquadrava la Milo in La visita e la Spaak in La Parmigiana oltre ovviamente alla stessa Sandrelli nel suo capolavoro. Ma al tempo stesso la figura di Anna ha quell'impeto, quel dolore, quella voglia di vivere come certe figure in fuga del cinema americano degli anni '70 e si attraversa, anche provvisoriamente, anche il fantasma scorsesiano di Ellen Burstyn in Alice non abita più qui. Sogni e visioni quindi. Spettri felliniani, luci avvolgenti. Dove anche un momento di dolore può essere come una festa e una riconciliazione, un “grande freddo” più che necessario in un film dove Virzì sembra aver dato tutto se stesso. Anima e corpo.
Simone Emiliani, sentieriselvaggi.it

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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