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Non conosci Papicha - Papicha


Regia:Meddour Gens Mounia

Cast e credits:
Soggetto: Fadette Drouard; sceneggiatura: Mounia Meddour Gens; fotografia: Léo Lefèvre; musiche: Rob – (originali); montaggio: Damien Keyeux; scenografia: Chloé Cambournac; costumi: Catherine Cosme; effetti: Anthony Lestremau, Maxime Poidevin; suono: Guilhem Donzel; interpreti: Lyna Khoudri (Nedjma), Shirine Boutella (Wassila), Amira Hilda Douaouda (Samira), Zahra Doumandji (Kahina), Yasin Houicha (Mehdi), Nadia Kaci (Madame Kamissi), Meryem Medjkane (Linda); produzione: The Ink Connection, High Sea Production, Tayda; distribuzione: Teodora Film; origine: Francia-Argentina, 2019; durata: 105’.

Trama:Algeria, anni '90. Nedjma, una studentessa di 18 anni appassionata di design della moda, rifiuta di lasciare che i tragici eventi della guerra civile algerina le impediscano di vivere una vita normale e di uscire la sera con la sua amica Wassila. Mentre il clima sociale diventa più conservatore, rifiuta i nuovi divieti posti dai radicali e decide di lottare per la sua libertà e indipendenza allestendo una sfilata di moda.

Critica (1):Algeri, fine anni novanta. I piedi corrono, le mani schivano ostacoli, gli occhi osservano e si muovono sicuri. È notte e Nedjma e Wassilla raggiungono il taxi fermo mentre la voce notturna del muezzin in preghiera si espande per le strade. Si cambiano abito, si truccano, ridono, fumano. Devono arrivare in discoteca dove ad attenderle alla toilette ci sono le papicha, le amiche “hipster” che aspettano gli abiti cuciti di Nedjma e si sfidano in balli e dialoghi sferzanti.
Sono belle Nedjma e Wassilla. Di una bellezza verginale, di quella che non ha bisogno di nascondere i puntini rossi sul viso e di addomesticare i capelli che il vento e l’umidità spettina. E di loro si accorgono due ragazzi. Anche loro universitari, perfetti nei loro vestiti ed eleganti nei loro modi. Ballano, si divertono, le accompagnano poi poco distante dal collegio dove Nedjma e Wassilla vivono. Le due amiche studiano Lingue all’Università, non sono religiose come invece religiosa lo è la loro amica Samira, che porta lo hijab e prega ogni mattina.
La loro debordante allegria si scontra con la paura che genera il terrorismo islamico. I soldati costruiscono posti di blocco, uccidono civili, le donne assaltano l’università, i ragazzi, spesso armati, occupano i muri attaccando manifesti che forzano le donne a vestirsi con lo hijab completo.
Nedjma disegna, crea, cuce abiti. Sa di avere un talento e sa che vuole rimanere in Algeria. Non vuole abbandonare la sua terra per inseguire sogni che meritano di essere vissuti nel posto dove è nata. Anche quando il terrorismo ruba la sua felicità, la pace esteriore e anche quella, poi, interiore.
A dirigere questo emozionante lungometraggio è un’esordiente algerina, Mounia Meddour, che ha voluto, dopo un’esperienza maturata nel documentario, percorrere il territorio della finzione con una vicenda ispirata alla sua vita. Realtà storica e realtà personale diventano un tutt’uno: la Meddour, forte della sua esperienza, non stacca la macchina da presa dai suoi personaggi. Coglie allegria e sofferenza, rabbia e caparbietà, registrando le inquietudini di una generazione che ha tutta la vita davanti ma il cui presente è minacciato dal radicalismo religioso e dal conseguente odio per la ribellione intellettuale.
La tensione cresce, quasi in parallelo al dolore, perché la catarsi concepita non è fine a sé stessa. La drammaturgia si estende e svela, libera dall’asserzione, il coraggio, l’uniformità, la remissione, e l’ostinazione che si incarnano, ciascuna, nei personaggi. Papicha è un universo pienamente femminile e non c’è spazio per la commiserazione o per il lamento. Gli uomini sono assenti e quelli che ci sono rimangono violenti, ostinati, insistenti nei loro giudizi e incapaci di accettare che un altro bene è possibile. E il desiderio di rimanere, anche se nel posto apparentemente sbagliato, non è un semplice desiderio emotivo. Papicha è un film che rimane nel cuore perché Mounia Meddour riesce a raccontare quell’Algeria “libera” che non vuole essere annientata da una società che fa dell’intimidazione e della morte la sua affermazione.
Emanuela Genovese, cinematografo.it

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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