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Agenzia matrimoniale (ep.)


Regia:Fellini Federico

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Federico Fellini, Tullio Pínelli; scenografia: Gianni Polidoro; fotografia: Gianni Di Venanzo; musica: Mario Nascimbene; interpreti: Antonio Cifariello e altri attori del CSC; produzione: Faro Film; origine: Italia, 1953; durata: 15'.

Trama:A un giovane giornalista viene affidata un'inchiesta sulle agenzie matrimoniali. Scettico, si finge cliente di una di queste, alla ricerca di una moglie per un suo ricco amico. E sebbene racconti che questi è malato di epilessia, costretto a vivere in campagna perché durante le notti di plenilunio si trasforma in lupo mannaro, riesce a trovare una ragazza disposta al matrimonio. Una ragazza dolce, ingenua, che mette in crisi il cinismo del protagonista.
Episodio de "L'amore in città". Gli altri episodi del film sono: "L'amore che si paga" di Carlo Lizzani, "Paradiso per quattro ore" di Dino Risi, "Tentato suicidio" di Michelangelo Antonioni, "Storia di Caterina" di Francesco Maselli e Cesare Zavattini, "Gli italiani si voltano" di Alberto Lattuada.

Critica (1):Presentato dalla stesso autore (voce fuori campo) come un fatto capitatogli veramente nella sua attività di giornalista, Agenzia matrimoniale assume subito l'andamento "favoloso" della migliore narrazione felliniana, dove l'interesse dello spettatore non è attratto dalla concatenazione lineare delle sequenze ma piuttosto dal fascinoso dilatarsi dell'inquadratura, prima a scoprire e subito a trasformare i dati concreti in una visione tutta interiore e arbitraria. Pensiamo alla "visita" nella vecchia casa romana, sulle orme di Antonio Cifariello (il giovane giornalista), con la macchina da presa "imbambolata" per i lunghi corridoi e davanti alle porte. Fellini se ne ricorderà in Otto e mezzo e soprattutto in Roma, anche se con altri esiti artistici. E, subito dopo, pensiamo all'incontro con il titolare dell'agenzia, che racconta a Cifariello il metodo della ditta: le ricerche, soprattutto sulle donne, per via di qualche bambino... gente che viene dalla provincia, con richieste strane cinque o sei matrimoni al mese. L'uomo cammina per i corridoi, inquadrato di spalle e seguita a parlare; mezzo primo piano, carrello a seguire il personaggio, la musica sale fino a coprirne la voce, lui fa un gesto con la mano: una porta aperta dalla quale sventola, per la corrente d'aria, una tenda. Nella stanza c'è la "Signora", conduttrice dell'Agenzia. Sono inquadrature tipiche della costruzione del "mistero" felliniano. In Otto e mezzo ne troveremo tantissime. La storiella che Cifariello racconta alla "Signora" è anch'essa rivelatrice del metodo affabulativo dell'autore. Seduto con le spalle alla finestra (spalancata con panni stesi) e più in là un manichino da sarta, Cifariello narra d'un compagno d'infanzia, figlio di proprietari terrieri ricchissimi, costretto a vivere in campagna soggetto a violente crisi di epilessia in periodo di luna piena: un lupo mannaro. I medici hanno consigliato, come ultimo rimedio, il matrimonio. La realtà va oltre l'immaginazione. Cifariello, convinto di aver "provocato" al massimo la situazione, rimane invece sbigottito dalla pronta risposta della "Signora", la quale, quasi con indifferenza, annuncia che può risolvere il caso: ci sono ragazze che fanno voto alla Vergine di sposare un cieco o un minorato di guerra... Il vecchio agente spiega, tagliando con le forbici un foglio bianco come un rito magico: "tempo fa è capitato un muto e gli abbiamo trovato una muta". Nel pomeriggio stesso. Cifariello farà la conoscenza della "piccola" a cui è stata trovata la sistemazione. Rossana ha nove, fratelli, è di Olevano; gli altri sono tutti piccoli. Quando il giovane giornalista le rivela il segreto del suo "amico", non sa dire altro che: "poverino"! - Cifariello: "Mi dica sinceramente, signorina, ma perché farebbe una cosa simile?" - Rossana: "Quale cosa?". Come non vedere in questa semplice ragazza di paese una prefigurazione già abbastanza precisata del classico personaggio felliniano: la creatura candida, capace di disarmare con la sua inconsapevolezza qualsiasi sfiducia, qualsiasi giudizio negativo sul prossimo? Che poi proprio questo aspetto della poetica felliniana, questo voler scaraventare addosso a teneri mostri tutta la cattiveria del mondo nell'inutile tentativo di liberarsene o, peggio, di fare avvertito lo spettatore di certe responsabilità di redenzione che gli si offrono sol che egli presti un po' di attenzione alla "poesia" di alcune creature; che proprio questo discorso centrale di Fellini non ci interessi, è un altro discorso. "Io sono venuta via da casa mia l'altro anno. Sono povera figlia di poveri, mio padre fa il contadino ma non lavora mai e siamo tanti in casa a mangiare...". Due sono le cose: o tutto questo è letteratura, oppure la poesia di un'anima candida in questi casi non ci interessa, giacché non si tratta di trovare la via per andare tutti in "Paradiso". Si tratta di ben altro. Se però, vogliamo fare la storia di Fellini, allora questa ragazza seduta sul ciglio della strada, che racconta in primo piano con dietro lo sfondo della campagna le sue patetiche aspirazioni, diventa importante: "Lo so come sono fatta, io mi affeziono... e poi, poverino, è malato. Lo so che sarà brutto starci assieme, ma così sono sistemata per tutta la vita... e poi non sarà tanto brutto, perché io mi affeziono". Come non pensare a Gelsomina, a quelle diecimila lire con cui Zampanò se la porta via dalla madre? A questo punto, è anche evidente l'intento polemico di Fellini nei confronti del progetto-inchiesta zavattiniano. Di fronte alla figura "favolosa" di Rossana, il personaggio interpretato 'da Cifariello finisce per essere, come ha ben visto Brunello Rondi, la caricatura dello stesso documentarista di inchiesta (satira avanti lettera del regista del 'cinema-verità')"
Il cinema di Fellini, Bianco & Nero, Roma, 1965)

Critica (2):L'inquadratura di Rossana è fissa, il tempo si dilata, il senso si fa "universale". Fellini, con la sua voce fuori campo, ammonisce: "Avrei voluto dirle di aver fiducia in se stessa, che si guardasse intorno, che aprisse gli occhi alla infinite possibilità di incontri che la vita presenta ogni giorno...". Rossana scende dalla macchina nera di Cifariello proprio alla stazione Termini e rimane sola e si guarda intorno: buona fortuna.
Franco Pecori, Fellini, Il castoro cinema, 1974

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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