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Rachel - My Cousin Rachel


Regia:Michell Roger

Cast e credits:
Soggetto: dal romanzo di Daphne du Maurier; sceneggiatura: Roger Michell; fotografia: Mike Eley; musiche: Rael Jones; montaggio: Kristina Hetherington; scenografia: Alice Normington; arredamento: Barbara Herman-Skelding; costumi: Dinah Collin; effetti: Chris Reynolds, Adam Gascoyne, Maurizio Corridori, Franco Ragusa, Union Visual Effects; interpreti: Rachel Weisz (Rachel Ashley), Sam Claflin (Philip Ashley), Holliday Grainger (Louise Kendall9, Iain Glen (Nick Kendall), Pierfrancesco Favino (Avvocato Rainaldi), Simon Russell Beale (Couch), Tim Barlow (Seecombe), Bobby Scott Freeman (John), Tristram Davies (Wellington), Andrew Havill (Parson Pascoe), Poppy Lee Friar (Mary Pascoe), Katherine Pearce (Belinda Pascoe), Adam Loxley (Adam), Andrew Knott (Joshua), Carl McCrystal (Geoffrey), Dorian Lough (Gabriel), Tobias Beer (William), Harrie Hayes (Tess), Chris Gallarus (Timothy); produzione: Free Range Films; distribuzione: 20th Century Fox Italia (2018); origine: Gran Bretagna-Usa, 2017; durata: 106'.

Trama:Il giovane inglese Philip Ashley è in cerca di vendetta contro Rachel Ashley, la bella e misteriosa moglie di suo cugino, convinto che quest'ultima abbia ucciso per interesse il marito Ambrose, con cui Philip è cresciuto. Tuttavia, dopo averla incontrata, Philip resta ammaliato dal fascino di Rachel, cambiando i sentimenti nei suoi confronti fino ad esserne ossessionato...

Critica (1):Philip Ashley è un giovane gentleman che vive nella Cornovaglia di inizio XIX secolo, orfano di entrambi i genitori. È stato cresciuto dal cugino Ambrose, che gli ha fatto da padre. Quando questi decide di sposarsi con una misteriosa cugina, Rachel, la donna si intromette nella vita del ragazzo.
L’elemento di disturbo viene introdotto dapprima soltanto nei dialoghi, poi con un chiaro simbolismo visivo: nel momento in cui il protagonista legge la lettera che annuncia la presenza della donna, le pagine di uno spartito, adagiate sul leggio del pianoforte, sono scompigliate da un’improvvisa folata di vento. È chiaro che qualcosa sta arrivando a turbare la quiete di casa Ashley. Rachel di Roger Michell è un film altamente figurativo: se deve comunicare un evento, lo fa con un uso metaforico e didascalico di immagine e suono. Così il titolo del film, che riporta il nome della protagonista/antagonista, viene presentato, su sfondo nero, tra tuoni e fulmini.
Ed eccola, Rachel, la donna che tutti stanno aspettando: fa la sua comparsa in una notte – guarda caso – tempestosa, nel buio di una camera da letto. La sua è un’epifania, dopo tanto parlare di lei: di spalle, di fronte alla finestra, quando si volta per salutare il padrone di casa ha quasi un mancamento nel vedere, nel cugino, la somiglianza con il marito defunto. È profondamente sconvolta dalla morte del marito. Ma la sua silhouette rimane ambigua: Rachel resta in ombra, incuneandosi a piccoli passi nel sottile limes tra la parte della vedova addolorata e la seducente approfittatrice. A ben vedere, si è già capito come andrà a finire: Philip è il giovanotto ingenuo e sprovveduto che rimane imbrigliato nelle reti della megera e, senza quasi accorgersene, cadrà in rovina. Il ragazzo se ne innamora e decide di lasciarle tutta l’eredità dello zio, gioielli inclusi.
La regia gioca d’astuzia e confonde lo spettatore, nel contrasto tra l’evidenza allegorica delle immagini e l’ambiguità del non visto e del non detto. La certezza diventa incertezza, dubbio, tormento. Tanto più se le parole restano in bocca e i sentimenti sono tenuti nascosti. Tra Philip e Rachel nasce un’intesa ambigua, che arriva ad assumere i toni tragici del dramma shakesperiano per eccellenza, con tanto di scalata di Romeo sul terrazzo della sua Giulietta. Non può mancare, quindi, l’ambientazione esotica di un’Italia intravista, brevemente, tra i tetti e le cupole di Firenze, in contrasto con le distese verdeggianti della Cornovaglia e le vedute naturali che riecheggiano Constable e i paesaggisti inglesi. E c’è anche il terzo incomodo, Mr. Rainaldi, interpretato da un Pierfrancesco Favino che finisce per incarnare i migliori stereotipi dell’uomo mediterraneo.
Rachel Weisz è invece proprio la Rachel del film, e prima ancora del romanzo di Daphne du Maurier da cui è tratto. L’attrice riesce a vestire i panni, contemporaneamente, dell’adorabile ragazza di sani principi e della strega di campagna, sempre alle prese con erbe e intrugli strani. Rachel ha il potere di guarire e ammalare, innamorare e farsi odiare, e il povero Philip sembra l’unico pronto a farsi vittima. Ma è tutto troppo semplice, c’è qualcosa che non torna.
Chi è il buono e chi il cattivo? Rachel lascia la risposta in sospeso fino all’ultimo, anche quando, con una ring composition ricamata alla perfezione, fa intendere che la vita va avanti, nonostante tutto. E che forse le cose non sono poi così come sembrano.
Linda Magnoni, cineforum.it, 16/3/2018

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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