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Cittą delle donne (La)


Regia:Fellini Federico

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Federico Fellini, Bernardino Zapponi, Brunello Rondi; scenografia: Dante Ferretti; costumi: Gabriella Pescucci; fotografia: Giuseppe Rotunno; montaggio: Ruggero Mastroianni; musica: Luis Bacalov, diretta da Gianfranco Plenizio; sculture: Giovanni Gianese; pitture e affreschi: Rinaldo e Giuliano Geleng; interpreti: Marcello Mastroianni (Snąporaz), Anna Prucnal (la moglie di Snąporaz), Bernice Stegers (la signora del treno), Donatella Damiani (Donatella, la subrettina), Ettore Manni (dott. Sante Kartzone), Iole Silvani (la motociclista contadina grassa), Fiammetta Baralla ( "Ollio"); produzione: Opera Film/ Gaumont (Italia/Francia); distribuzione: Gaumont Italia; origine: Italia, 1980; durata: 148'.

Trama:Un treno attraversa la campagna: in uno scompartimento sonnecchia Snąporaz, un distinto cinquantenne. Appare un'avvenente sconosciuta e l'uomo la segue. Nella toilette i due iniziano a flirtare, poi la donna scende all'improvviso dal treno, in un paesaggio misterioso. E dietro lei, Snąporaz...

Critica (1):"Ancora Marcello? Prego maestro". Cosģ inizia La cittą delle donne. Mentre il "prego, maestro" ricorda Prova d'orchestra, Marcello collega questo film a La dolce vita e, pił in genere, al "personaggio" che, anche e non solo in Otto e mezzo, Fellini ha messo al centro del proprio cinema, prigioniero delle sue "vittime" (le donne), catturato dalla sua "cattiva coscienza" e, progressivamente, angosciato dall'invecchiamento e dal declino della virilitą. Casanova č, dunque, l'antecedente diretto e necessario di questo ultimo Marcello.
Marcello Snąporaz sogna, perciņ desidera, produce immagini, fantasmi. Che cosa, sopra ogni altra, desidera, nonostante la paura? Entrare nella donna. Per questo, nel sogno, segue la sconosciuta e "penetra" - nonostante sia vietato - nel Gran Hotel. Dopo tutto, pur non avendo fatto l'amore con la sua compagna di viaggio, un coito "simbolico" gli riesce: Snąporaz (alias Katzone) entra dunque nella grande, misteriosa casa nascosta nel bosco. Ma, dentro, il povero Snąporaz non trova il paradiso che ha sognato. Innumerevoli nemiche lo attendono, lo scovano, lo indicano come il nemico.
In tutto il cinema di Fellini, il corpo della donna, soprattutto la vagina, č il "luogo fantastico", sognato e inaccessibile, terrificante, infuocato (come succede alla maga Enotea in Satyricon). A Marcello Snąporaz riesce ciņ che ai precedenti personaggi non era mai riuscito: penetra in questo "luogo". Ma l'effetto č disastroso. Il "fantastico" cede il posto all'"angosciante". Snąporaz vorrebbe solo partire, tornare in stazione, riprendere il treno: smettere di sognare, dunque di desiderare e di produrre immagini e fantasmi.
Ma il sogno continua, sempre pił spaventoso. Snąporaz, preso per mano dalla figura materna (Donatella, con il suo grande seno), viene trascinato gił, verso l'inferno, sempre pił atterrito, finché giunge nei sotterranei. Qui incontra una "maga" - proprio come Enotea -, padrona del fuoco.
Č, questa, una grande immensa, abissale vagina risucchiante Espulso dal corpo della donna- uscito cioč dal Grand Hotel attraverso l'apertura pił sporca e scura (il parto anale č comune al patrimonio psicologico di ogni bambino e, dunque, di ogni uomo) -, Snąporaz rischia dunque di rientrarci tra le cosce della "maga". Snąporaz ha avuto paura. Questa paura - di cui aveva pur detto alla bella sconosciuta che lo incitava a seguirla - diventa ora totale. Snąporaz č smascherato. La donna č per lui un labirinto che nasconde un mostro, un Minotauro. Snąporaz č, dunque, Encolpio che, in Satyricon, vive insieme al fallimento della propria virilitą e lo scontro con il Minotauro. Le ragazzine punk sanno del suo fallimento, lo deridono, si prendono gioco del suo "grande uccello" e stanno addirittura per "abbatterlo" (la pistola puntata contro l'aereo in decollo). Occorre strappare loro di mano l'arma, riappropriarsene. Paura. Panico. Fuga. Proprio come fa la folla con Encolpio in Satyricon, il coro orgiastico delle baccanti drogate incalza Snąporaz: urla ritmiche lo sovrastano e ne mettono a nudo la sconfitta [...].
Il cinema di Fellini č sempre stato un cinema sinfonico, ottenuto orchestrando tra loro una pluralitą di elementi diversi, senza andare fino al fondo di nessuno di essi. Il suo cinema č, dunque, sinfonico cosģ come, invece, quello di Bergman č "da camera", attento a un elemento, sottile e profondo.
Con Prova d'orchestra la sinfonia si era interrotta, frammentata. Gli `orchestrali" e il "direttore" non trovavano pił l'accordo. Tutto ciņ non nel senso che - come per lo pił si disse, con una "distrazione" pari alla presunzione - Fellini aveva fatto un "brutto film", o addirittura un "film reazionario". Ma proprio nel senso che quello era un film su una sinfonia non pił possibile.
Prova d'orchestra separa e unisce due film molto simili e anche profondamente diversi, Casanova e La cittą delle donne. Il secondo mantiene i temi fondamentali del primo, onanismo mascherato ed eros funereo; varia invece l'atteggiamento fondamentale. In La cittą delle donne Fellini č molto pił diretto, molto pił semplice, molto meno preoccupato di "inventare" (di "orchestrare") che in Casanova. La sinfonia si fa meno "a effetto" meno titanica. Č diventata quasi "una cosetta, uno scherzo". Cosģ Fellini stesso avrebbe detto. C'č qualcuno veramente disposto a credergli? Comunque: prego, maestro!
Robert Escobar, Cineforum n. 195, Giugno 1980

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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