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Voglio una donnaaa!


Regia:Mazzieri Luca, Mazzieri Marco

Cast e credits:
Soggetto: Luca Mazzieri. Marco Mazzieri; sceneggiatura: Maurizio dell'Orso, Linda Ferri, Luca Mazzieri, Marco Mazzieri; fotografia: Gino Sgrava; musica: Roberto Bonati; montaggio: Carlo Fontana; scenografia: Fabrizio Ferrari; interpreti: Roberto Abbati (Padre di Mario), Mary Asiride (Roxa), Rocco Barbaro (Mario Becchi), Andrea Bellanova (Autista Bus), Eva Bravo (Maestra), Ana Valeria Dini (Ida), Antonella Elia (Cecilia), Jacopo Gennari (Ermete Da Bambino), Massimo Olcese (Ermete), Stefania Rocca (Marta Piancastelli), Carlo Spocci (Gemello Tozzi), Marco Spocci (Gemello Tozzi), Ketty Vinci (Madre Di Mario); produzione: Dania Film; distribuzione: Warner Bros Italia - Bmg Video; origine: Italia, 1997; durata: 87'.

Trama:Mario Becchi, in prigione per atti osceni in luogo pubblico, racconta la sua vita a Marta, una giovane psicologa che assiste i detenuti. Mario, considerato un maniaco sessuale, è in realtà un povero diavolo la cui vita è stata un susseguirsi di episodi tragicomici. Può un bambino andare a vedere i fidanzati far l’amore in macchina e trovarci il padre con la sua maestra? Può un uomo andare in coma a 20 anni per tre volte per distrazione? Mario, sì. Perché pensa sempre alle donne. Le ama tutte, ma non ne ha mai posseduta una. Tutti i suoi tentativi di accoppiamento falliscono miseramente, finché un giorno viene sorpreso con il tipico impermeabile ad inseguire una suora nel parco. Ma è proprio un maniaco sessuale? O non sarebbe meglio definirlo un “Forrest Gump dell’amore”?

Critica (1):La sorpresa di un film indipendente e in certo modo artigianale che nello scorcio di stagione 1996 confermò una ripresa di “invenzione” del giovane cinema italiano, fu I virtuali dei fratelli Mazzieri, stralunato “metafilm” sul processo paradossale proprio dell’invenzione cinematografica, con quei personaggi che pirandellianamente invadevano la vita dei due strampalati sceneggiatori, e che Moretti volle tenesse cartellone nel suo Nuovo Sacher. Esce ora nelle sale, con una produzione più ricca e la distribuzione della Warner Bros Italia, l’opera seconda del tandem: Voglio una donnaaa!, costruito quasi su misura per quel singolare attore comico che è Rocco Barbaro (l’indolente “menefotto” del “Pippo Chennedy Show”). C’è da dire che al contrario degli “instant movie” che trasbordano supinamente un comico televisivo sullo schermo, questo film dei Mazzieri “decostruisce” la comicità di Barbaro portandola a un livello di surrealtà e di lunaticità, di innocenza tutta all’opposto del cinismo del personaggio televisivo.
Mario Becchi, il protagonista di questa favola sospesa tra un paesaggio neonaif e zavattiniano e l’acredine sarcastica di certe trovate di Achille Campanile o di Palazzeschi, è una specie di connubio tra Forrest Gump e Ligabue, un candido “maniaco sessuale” che vive solo in una casetta di periferia campagnola e che ha avuto quella che si dice una “infanzia difficile”: i genitori morti stecchiti davanti alla TV, l’innamoramento per la maestrina con trauma annesso (la scopre con il padre mentre fa l’amore in macchina), fino al coma a seguito di un incidente (tormentone del film: una corriera che lo travolge mentre va in bicicletta) e da cui si risveglia ancora bambino nel corpo di un adulto.

Critica (2):Costruito per flashback a incastro che interrompono il racconto che Mario fa a una avvenente e comprensiva psicologa (Stefania Rocca), che troverà immancabilmente nel candore di Mario la soluzione alle sue nevrosi sentimentali, il film si muove con l'andamento delle “strisce” di un Corriere dei piccoli, entro cui iniettare massicce dosi di humor noir. Le donne cui Mario dà l’assalto con il trasporto e la caparbietà innocente di un puro folle vanno dalla prostituta di colore alla ecologista un po’ matta (una Antonella Elia molto azzeccata) alla ragazza-bene in fuga da casa, sono figurette ritagliate con poco spessore che fanno da controcanto agli strampalati tentativi di perdere la verginità, e di diventare adulto, di Mario Becchi. E la “spalla” gustosa di Massimo Olcese nel ruolo dell’amico d’infanzia, perfido e profittatore, che lavora nei film porno aumenta il tono grottesco e deformato di un film che conferma una tendenza surrealista del nostro giovane cinema, dove l’umorismo paradossale si unisce alla deformazione della scrittura filmica e che, con esiti più estremi, abbiamo apprezzato in film come Tano da morire di Roberta Torre ed Escoriandoli di Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Qui la bonomia forse sovrasta una filigrana di cattiveria e di ritratto sarcastico delle nostre piccole manie e rende il film, che pur sembra partire da una “follia” padana che era quella dello zio matto felliniano di Amarcord (al cui famoso appello gridato da Ciccio Ingrassia sull’alberello sembra rifarsi il titolo), ma che poi assume lungo il film un colorato disegno fumettistico.
Bruno Roberti, Vivi il cinema n. 64, gen-feb 1998

Critica (3):

Critica (4):
Marco Mazzieri
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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