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Taxi to the Dark Side - Taxi to the Dark Side


Regia:Gibney Alex

Cast e credits:
Sceneggiatura: Alex Gibney; fotografia: Maryse Alberti, Greg Andracke; musiche: Ivor Guest, Robert Logan; montaggio: Sloane Klevin; interpreti: Alex Gibney (voce narrante), Brian Keith (Allen Soldato), Greg D'Agostino (soldato), Karyn Plonsky (soldato), Maan Kaassamani (detenuto); produzione: Alex Gibney, Eva Orner, Susannah Shipman per Jigsaw Productions in collaborazione con Tall Woods e Wider Film Projects; distribuzione: Ripley's Film; origine: Usa, 2007; durata: 106’.

Trama:Il regista Alex Gibney cerca di mettere in luce la politica attuata dall'amministrazione di George W. Bush dopo l'11 settembre 2001. Negli ultimi anni, 104 prigionieri sotto la custodia americana sono morti in circostanze sospette. Uno di questi è Dilawar, un tassista afghano, ucciso nella base militare americana di Bagram in seguito alle percosse subite durante gli interrogatori.

Critica (1):Il documentarista Alex Gibney ha un padre militare che nella II Guerra Mondiale interrogava i prigionieri. Un vecchio soldato inorridito dalle foto arrivate dal carcere iracheno di Abu Grahib. E' il suo ribrezzo il centro morale di Taxi to the Dark Side di Alex Gibney (già autore dell'eccellente Enron), Oscar 2008 come Miglior Documentario. In più c'è anche la storia di Dilawar, tassista afgano preso prigioniero per sbaglio, accusato erroneamente di attività terroristica e torturato fino alla morte nel carcere di Bagram in Afghanistan nel 2002. La storia di un ignoto taxi driver per indagare sulle torture effettuate dai militari americani fino all'esplosione mediatica di foto e video provenienti da Abu Grahib nel 2004, che ora anche Obama si preoccupa di oscurare. Il doc cerca di capire se quei torturatori fossero "poche mele marce" (come sosteneva Washington) o se gli ordini venissero dall'alto. Tutto perfetto, compreso il finale agghiacciante: che fine ha fatto Janis Karpinski, il generale che nelle foto di Abu Ghahib faceva il gesto della pistola sui genitali di una pila di prigionieri nudi? L'hanno rimandata in America. A insegnare come si interrogano i prigionieri.
Francesco Alò, Il Messaggero, 24/10/2007

Critica (2):Premio Oscar 2008 e Tribeca 2007 come miglior documentario, Taxi To The Dark Side si cala nei bui anfratti dell’America di Bush. Tratto dal saggio Una questione di tortura dello storico Alfred McCoy, il film di Alex Gibney è una dura inchiesta sulle torture perpetrate ai danni di presunti terroristi arabi all’interno delle carceri militari americane in Afganistan e Iraq (...).
Il regista americano ha preso spunto dall’indagine giornalistica di Tim Golden del New York Times sulla misteriosa morte di Dilawar nella prigione statunitense di Bagram. Giovane taxista afgano, Dilawar il primo dicembre 2002 caricò sulla sua vettura tre passeggeri, per non fare poi mai più ritorno a casa. Da questa vicenda Gibney parte per muoversi tra torture e soprusi, svelando la vera natura di gravi episodi di violazione dei diritti umani. Arriva fino a Guantanamo e ai metodi di interrogatorio della CIA negli anni ‘50, ‘60 e ‘70, per toccare il lato oscuro della politica anti-terrorismo dell’amministrazione Bush dopo l’11 settembre.
“La storia di Dilawar si è rivelata cruciale per scoprire come dietro la rete detentiva e gli interrogatori, ci fosse una politica basata sulla tortura” spiega il filmaker. “Ci consentiva in altre parole di connettere Bagram con Abu Ghraib e, attraverso i passeggeri del suo taxi, con Guantanamo. Il tutto, ovviamente, rimandava direttamente a Washington”.
panorama.it

Critica (3):Li abbiamo visti sbarcare dagli aerei in tute caki, ammanettati insieme in un grottesco girotondo prima di finire in celle d’isolamento a Guantanamo dopo aver perso ogni senso d’orientamento e ogni legame con forme di umanità e legalità. Presentato in anteprima europea al Festival di Roma 2007 e successivamente vincitore dell’Oscar e del Premio Ilaria Alpi, girato da una specie di marine del documentario di investigazione (Alex Gibney, lo stesso di Enron. L’economia della truffa), il film rivela come quelle creature di incappucciati presunti terroristi, oggetto di interrogatori e torture, che sembrano usciti dalla fantasia di un Moebius in vena sinistra, sono il risultato di esperimenti messi in atto da Cia e militari in Afghanistan. Il caso di un giovane, innocente tassista, ucciso a percosse sugli arti, consente a Gibney di risalire alle istruzioni che diedero il via libera a queste pratiche, teorizzate addirittura negli anni 60, e alla loro adozione (soprattutto ad Abu Ghraib). Ritmo incessante, ricerca a 360 gradi di fonti e documenti, cinema di robusta esecuzione. Lo chiamano documentario, ma ormai è un genere più avvincente del thriller. Anche se il finale è sempre lo stesso: a pagare non sono mai i pezzi grossi.
Mario Sesti, Film Tv, 4/11/2008

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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