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Simon Konianski - Simon Konianski


Regia:Wald Micha

Cast e credits:
Soggetto: Micha Wald; sceneggiatura: Micha Wald; fotografia: Jean-Paul de Zaetijd; montaggio: Susana Rossberg; scenografia: Anna Falguères; costumi: Nadia Chmilewski; effetti: Jean-François Bachand; interpreti: Jonathan Zaccaï (Simon), Nassim Ben Abdeloumen (Hadrien), Abraham Leber (Maurice), Irène Herz (Mala), Judka Herpstu (Ernest), Marta Domingo (Corazon), Ivan Fox (Jorge), David Bass (Tevie), Lise De Henau (Sonia), Michel Laubier (Dan Salik), Jean Lescot (Rabbi Berger), Stefan Liberski (Samy Rebenski), Gustavo Miranda (Karl), Mohamed Ouachen (Signor Timour), Lise Roy (Dottoressa Lalonde), Denyse Schwab (Signora Hirschfeld); produzione: Jacques-Henri Bronckart, Olivier Bronckart Per Versus Prduction, Carole Scotta, Richard Lalonde, Arlette Zylberberg per Haut Et Court-Forum Films-Rtbf; distribuzione: Fandango; origine: Belgio- Francia-Canada, 2009; durata: 100’.

Trama:Simon ha 35 anni e un figlio di 6, ma per un caso del destino si trova a dover tornare a vivere per un periodo a casa di suo padre Ernest, un anziano ebreo sopravvissuto ai campi di sterminio. Sin da subito la convivenza risulta difficile e a complicare le cose ci si mettono gli zii Maurice e Mala, onnipresenti e decisi a trovare una brava ragazza ebrea per Simon. Quando però Ernest muore, Simon decide di esaudire le sue ultime volontà: essere sepolto nel suo villaggio natale. Il viaggio nel cuore dell'Ucraina rurale, con a seguito il paranoico zio Marcel, il suo figlioletto e il fantasma 'conviviale' di suo padre, sarà pieno di sorprese...

Critica (1):Ai terribili ricordi del lager raccontati dal nonno, ormai è appassionato solo il nipotino. Anzi, li «impone» ai suoi compagni di scuola facendoli giocare a «nazi contro ebrei». Il papà, invece, trentenne appena mollato dalla bella moglie, delle memorie dell’Olocausto non ne può più. È filo palestinese e non perde occasione di scatenare risse familiari a proposito dell’ultimo raid israeliano nella Striscia di Gaza. Mentre il vecchio padre, ex deportato, cerca di «accasarlo» di nuovo nascondendo sotto il suo letto i magici amuleti che gli fornisce il rabbino. Si ride di gusto con Simon Konianski, il film del belga Micha Wald che, passato nella sezione Extra, si è già imposto come il caso del festival di Roma. «In Belgio, in Francia - spiega il regista trentacinquenne di origini ebree polacche - c’è ormai una saturazione rispetto a certi temi. Se ne parla troppo e male e, intanto, le recrudescenze antisemite e naziste crescono. Se ne parla come di questioni da museo o da accademia. Così che i giovani non hanno alcuna voglia di andare a vedere Schindler’s List». Meglio l’ironia, dunque, come strumento di testimonianza. Lo abbiamo già visto con La vita è bella, con Train de vie. E Simon Konianski (nelle sale in primavera per Fandango) ne è l’ulteriore ed originalissima prova. Si tratta di una moderna commedia yiddish in cui il valore della memoria affiora attraverso un rocambolesco viaggio alla volta del lager di Majdanek. È da queste parti, infatti, che il vecchio nonno, morto improvvisamente, chiederà di essere sepolto. Per «abbattere» i costi del funerale la famiglia decide per un trasporto clandestino del cadavere. Ecco dunque salire a bordo dell’auto il figlio Simon, quello filo palestinese, i due vecchi zii, il nipotino e il cadavere del nonno chiuso in un sacco. Tutti on the road, attraverso l’Europa, cercando di sfuggire ai controlli di posti di blocco e frontiere. E alle telefonate dell’ex moglie che minaccia di mandare la polizia a prendere il ragazzino. Fino al passaggio cruciale nel campo di concentramento, dove Simon non sarebbe mai voluto entrare. È nel silenzio di quel luogo di morte che l’uomo riscopre il valore di tutta l’esistenza del padre. Compreso il dramma della Shoah. «Non so se la commedia – spiega il regista – sia il modo più efficace per raccontare l’Olocausto. Io non ho ricette e questa è stata la mia. Per me è venuto facile perché ho semplicemente raccontato la mia famiglia con autoironia, prendendo in giro anche me stesso e seguendo l’humour ebraico che è tragicomico». Uno spirito che Woody Allen ha percorso in lungo e in largo, ma che il giovane Micha Wald non trova vicino a sé: «Lui è legato agli ambienti intellettuali newyorkesi, i miei nonni, invece, erano sarti polacchi, non hanno studiato ed erano comunisti. Per questo il mio spirito è più semplice, popolare. Magari più vicino a Wes Anderson e ai fratelli Coen». E quello che gli premeva di più, conclude, «era raccontare come sia variegato il mondo ebraico: buoni, cattivi, gente di destra, di sinistra. Insomma, persone normali». Di cui testimoniare la memoria.
Gabriella Gallozzi, L’Unità, 19/10/2010

Critica (2):Volevo che Simon partisse alla scoperta delle sue radici, della sua famiglia, di quello che ha sempre rifiutato in blocco semplicemente perché aveva soltanto la versione di suo padre, quella logorrea sulla guerra, sui campi. Quello che Simon ha sempre rinnegato tornerà durante del viaggio. È come se scoprisse che tutto quello che suo padre gli ha sempre raccontato, è parte della sua stessa vita, della sua storia, delle sue nevrosi, dei suoi fallimenti…Come se il fantasma di suo padre gli dicesse: «Devi accettare, devi affrontare. Non poi rifiutare tutto.» Questo viaggio in cui si è imbarcato un po’ forzatamente gli consentirà di vedere le cose per quelle che sono. Scoprirà le vestigia di una comunità ebraica polacca un tempo fiorente, che assomiglia oggi ad una riunione di fantasmi. Attraversa questo paese affranto quale è la Polonia postcomunista per arrivare in Ukraina, nel piccolo paese natale di Ernest, dove si riconcilia in parte con suo padre e con la sua storia. Non volevo fare di Simon un “bravo ragazzo”, è un ribelle, che ama e amerà sempre essere contro tutto e contro tutti. Il fatto che abbia preso in ostaggio Hadrien ci lascia pensare che intraprenda il viaggio anche per lui, anche se spesso si nasconde dietro il figlio, come quando arriva nella sala comunitaria e si ritrova di fronte agli anziani che gli parlano in Yiddish tutto il tempo. Simon è traumatizzato ed è suo figlio ad aiutarlo a superare queste esperienze più facilmente, è come se Simon sapesse di non poter mollare perché suo figlio è presente. Hadrien invece è più incline ad ascoltare le storie del nonno, vuole vedere il campo in cui è stato deportato, ecc. È in un percorso ludico ma curioso, vuole sapere cosa è successo. Hadrien appartiene alla terza generazione, è molto meno teso di Simon…
(da un’intervista al regista, fandango.it)

Critica (3):Benvenuti nel mondo beffardo ma commovente di Simon Konianski, il film rivelazione del 34enne belga Micha Wald, che applica allo schema sempre cauto del cinema-sulla-Shoah una cura esplosiva. Gag perfette da cinema muto, irresistibili musiche tropicali, energia contagiosa da videoclip. E un'irriverenza che non risparmia niente e nessuno. (...) Un divertimento, un ritmo, una golosità (in filigrana si sente il cinema dei fratelli Coen e di Wes Anderson), che non escludono affatto la serietà dell'impresa e testimoniano tutta la vitalità di una cultura in continua trasformazione.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 19/10/2009

Critica (4):Film di finzione paragonabile alla splendida scoperta dell'anno scorso Louise Michel. La bellissima opera di Micha Wald è un'antologia dell'ebraismo presente, passato e futuro, dalla diaspora all'ortodossia, dal laicismo filo palestinese allo scontro generazionale che in una cultura in guerra diventa un fattore antropologico e politico esplosivo. Un romanzo di formazione, una saga familiare grottesca, uno scalcagnato road movie che ti lavora dentro, dissacrando dogmi, orgogli e pregiudizi con irriverente e incosciente genialità. All'altezza di un alfiere del cine-ebraismo critico e comico di Dany Levy.
Boris Sollazzo, Liberazione, 22 /10/2009
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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