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In guerra per amore


Regia:Pif (Diliberto Pierfrancesco)

Cast e credits:
Soggetto: Michele Astori, Pierfrancesco Diliberto; sceneggiatura: Michele Astori, Pierfrancesco Diliberto, Marco Martani; fotografia: Roberto Forza; musiche: Santi Pulvirenti; montaggio: Clelio Benevento; scenografia: Marcello di Carlo; costumi: Cristiana Ricceri; interpreti: Pif (Arturo), Andrea Di Stefano (Philip Catelli), Miriam Leone (Flora), Sergio Vespertino (Saro Cupane), Maurizio Bologna (Mimmo Passalacqua), Samuele Segreto (Sebastiano), Stella Egitto (Teresa), Antonello Puglisi (Agostino), Vincent Riotta (James Maone), Maurizio Marchetti (Don Calo'), Orazio Stracuzzi (Zio Alfredo), Mario Pupella (Don Tano), Lorenzo Patanè (Carmelo Piazza), Aurora Quattrocchi (Annina), David Mitchum Brown (Franklin Roosevelt), Forest Baker (Generale Patton), Rosario Minardi (Lucky Luciano), Salvatore Ragusa (Tommaso Lo Presti), Domenico Centamore (Tonino); produzione: Mario Gianani, Lorenzo Mieli per Wildside, con Rai Cinema; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia, 2016; durata: 99'.

Trama:New York 1943. Mentre il mondo è nel pieno della seconda guerra mondiale, Arturo vive la sua travagliata storia d'amore con Flora. I due si amano, ma lei è promessa sposa al figlio di un importante boss. Per convolare a nozze, il ragazzo deve ottenere il sì del padre della sua amata che vive in un paesino siciliano. Arturo, giovane e squattrinato, ha un solo modo per raggiungere l'isola: arruolarsi nell'esercito americano che si prepara per lo sbarco in Sicilia: l'evento che cambierà per sempre la storia della Sicilia, dell'Italia e della Mafia.

Critica (1):Per la sua opera seconda, Pif alza il tiro del racconto mantenendo però lo stesso bersaglio, la polipesca morsa della mafia sulla sua Sicilia. Oltre a conservare gli stessi personaggi (...) per ribadire anche dai nomi una (encomiabile) continuità di discorso. (...) a fare da leva narrativa è sempre la figura dell'involontario «Candide» che non sembra volersi accorgersi di quello che gli sta avvenendo d'intorno. Un percorso dalle evidenti ambizioni «pedagogiche» che Pif prende tutto sulle proprie spalle (...). Dove il film mostra qualche falla è nella riproposizione di un passato un po' cartolinesco, dove le atmosfere «astratte» dell'America si scontrano con la ricostruzione più piattamente realistica della Sicilia in guerra e che lo stesso Diliberto si ingegna a ravvivare (...), ma le cui responsabilità coinvolgono evidentemente anche altre persone. Dove Pif torna a volare alto è nel finale, quando denuncia politica, ricostruzione storica e indignazione morale si intrecciano saldamente per ricordare agli spettatori di oggi le responsabilità e le connivenze che hanno soffocato e martoriato negli anni la sua Sicilia.
Paolo Mereghetti, Corriere della Sera, 13/10/2016

Critica (2):Sicilia 1943. Gli americani sbarcano bombardanti dall’aria e invasivi dal mare.
Con loro il soldato Arturo Giammarresi (Pif), catapultato là da New York per caso e soprattutto per amore dovendo chiedere ad un vecchio e morente padre siciliano la mano della figlia, innamorata di lui ma promessa sposa in America al rampollo di un ricca famiglia mafiosa.
In guerra per amore (in sala dal 27 ottobre), secondo film di Pif dopo il bell’esordio con La mafia uccide solo d'estate, racconta due avventure in una. Da una parte quella sentimentale e privata, dall’altra parte quella bellica e storica nel cuore della Seconda guerra mondiale. Incrociandole e impastandole in buona armonia narrativa nel soggetto scritto con Michele Astori e la sceneggiatura anche con Marco Martani.
Arturo, dunque. Palermitano, emigrato, fa il lavapiatti a NY, non ha un soldo ed è pazzo di Flora (Miriam Leone) e lei di lui. Di matrimonio, però, neanche a parlarne. Anzi, a parlarne si rischia, perché la ragazza, per volere di suo zio deve sposare un altro, ricco figlio di un boss cui è complicato fare sgarbi.
Per uscire dall’impasse c’è un solo modo: strappare il “sì” al padre di Flora, la volontà del quale conta ovviamente più di quella dello zio. Il problema è che quest’uomo, peraltro anziano e morente, vive in un paesino della Sicilia e ad Arturo, che non può pagarsi il viaggio per arrivare fin laggiù, non resta che partire – arruolatosi più per sbaglio che per scelta - con le truppe da sbarco americane in procinto di invadere l’Italia a cominciare proprio dall’isola, forti dell’appoggio e dei contatti influenti di Lucky Luciano, che da esiliato in America può impartire ordini ai fedelissimi della sua terra.
Trascinato, per così dire, dall’onda, il giovanotto innamorato con divisa ed elmetto va alla ricerca di una soluzione alla sua storia d’amore, mentre l’esercito Usa, con ben altri obiettivi, intraprende il suo percorso italiano, “facilitato” dalla mafia che per poco non gli srotola davanti un tappeto rosso.
Di qui la vicenda squaderna un’ampia diramazione, portando i soldati americani alla conquista dell’Italia, non senza aver prima pagato il debito alla mafia facendo scarcerare un gran numero di “picciotti”, molti dei quali destinati alle poltrone del potere negli anni a seguire; e il soldato Arturo – aiutato dalla bella amicizia con il tenente Philip Catelli (Andrea Di Stefano) - alla conquista della sua Flora, convincendo il padre di lei – proprio all’ultimo respiro - a concedergliela in sposa.
Semplificando molto, Pierfrancesco Diliberto in arte Pif racconta così la nascita della nuova Italia. E della sua democrazia. La quale, nel vestirsi di coppola e lupara, diventa “Cristiana” e s’identifica con Cosa nostra. Conclusioni un po’ sbrigative e senza passi intermedi, forse troppo spicciole per trasformarle in una piccola lezione di storia italiana da diffondere, com’è stato chiesto, nelle scuole.
Anche perché la traccia ideologica non è così chiara e forse rispecchia, se diamo a Pif il credito di aver studiato e approfondito a lungo la materia, il marasma di allora. Sicché sono gli americani – anche bombardieri - a liberare i mafiosi incarcerati dal fascismo, buoni e cattivi a parti invertite e futuro nero, anzi nerissimo.
Insomma quest’Italia nata dal caos e da un patto scellerato Pif la rivela mescolando la commedia con il genere bellico e l’intento didattico, riuscendo a formulare, nel suo stile, un film dall'aria leggera, celeste, educata, angelica, dominato in pari misura dalla tesi storico-politica e dalle ansie amorose del protagonista. Impegno sì, ma con levità, souplesse e uno spizzico di spensieratezza: a governare un racconto convenientemente calibrato in tutte le sue parti e spesso divertente nella giusta misura, recitato con grande ricchezza di toni dal suo protagonista-regista.
Graffiare senza ferire, pare esserne lo slogan. E nella felice convivenza di questi due elementi la vicenda trova coerenza, saldezza e proporzioni. (…)
Claudio Trionfera, panorama.it, 24/0/2016

Critica (3):1943, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale. Arturo Giammaresi (Pif), siciliano, lavora a New York nel ristorante di Alfredo. Arturo ama Flora (Miriam Leone), ricambiato. Lei però è la nipote di Alfredo, nonché promessa sposa del figlio di un boss, tra l’altro braccio destro di Lucky Luciano. C’è un unico modo per scongiurare questo matrimonio forzato: chiedere la mano della ragazza al padre. Che però vive a Crisafullo, sperduto paesino in Sicilia. Che, guarda, caso, è l’imminente meta dell’esercito USA deciso a liberare l’Italia, e l’Europa, dal nazifascismo. E Arturo, che non ha un soldo, coglie al volo l’occasione, arruolandosi proprio alla vigilia dello sbarco: evento che cambierà per sempre la storia della Sicilia, dell’Italia e della mafia. Sì, perché per favorire lo sbarco i vertici dell’esercito americano chiedono a Lucky Luciano di intercedere presso i suoi amici mafiosi rimasti in Sicilia. E per ripagare questo aiuto il governo alleato affiderà loro ruoli chiave nelle amministrazioni locali.
In guerra per amore conferma quanto di buono il Pif regista (e attore) aveva già dimostrato con La mafia uccide solo d’estate: parlare di temi scottanti (la mafia) attraverso il filtro della favola, di un realismo magico che prova a rendere “contemporanei” fatti ed eventi storici ben circoscritti (lo spunto è dato dal Rapporto Scotten, redatto nel 1943 da un ufficiale americano che scrisse una relazione sul problema della mafia in Sicilia), adagiando il tutto sui binari della commedia, sia essa romantica o di costume, con qualche sprazzo di slapstick rafforzato anche dalla forte territorialità di alcuni personaggi e interpreti.
Non stupisce, allora, che i protagonisti abbiano lo stesso nome del film precedente (Arturo Giammarresi e Flora, con Miriam Leone stavolta, anziché Cristiana Capotondi), perché – ci sembra di poter dire – l’intento di Diliberto è proprio quello di costruire un macroracconto, una “saga”, che riportando all’oggi le radici (e lo sviluppo) del nostro malaffare riesce a spiegare meglio, e con più profondità di molti altri prodotti cosiddetti “alti”, i perché di molti (presunti) misteri che contraddistinguono l’Italia. Ambizione che era propria della nostra commedia migliore, quella dei Comencini (e Tutti a casa è qualcosa di più che una semplice ispirazione) e Monicelli, dei Risi e – naturalmente – Scola. Al quale, naturalmente, Pif dedica il film. E che, immaginiamo, avrebbe apprezzato (oltre all’opera nel suo insieme) quell’incredibile finale in cui il mafioso Don Calò, un ottimo Maurizio Marchetti, neoeletto sindaco dell’immaginario Crisafullo, spiega ai concittadini i fondamenti della novità denominata “democrazia”, un “pargolo che dobbiamo far crescere, aiutare, proteggere per evitare che si faccia male, perché a noi questi russi, questi comunisti mica ci piacciono…”. Mentre, su una panchina di fronte alla Casa Bianca, un soldato semplice attende invano una risposta dall’alleato americano.
Valerio Sammarco, La rivista del cinematografo-cinematografo.it, 27/10/2016

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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