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Face addict


Regia:Bertoglio Edo

Cast e credits:
Sceneggiatura
: Edo Bertoglio, Gaia Guasti; montaggio: Gilles Dinnematin, Jacopo Quadri; musiche: John Lurie, Franco Piersanti; scenografia: Andrea Frisanti; fotografia: Edo Bertoglio; interpreti: Walter Steding, Glenn O'Brien, John Lurie, Maripol, Deborah Harry, Wendy Whitelaw, James Nares, Victor Bockris; produzione: Downtown Pictures, Amka Films; distribuzione: Istituto Luce; origine: Italia - Svizzera, 2005; durata: 102'.

Trama:Alla fine degli anni Settanta, New York fu il palcoscenico di un gruppo di artisti al di là di ogni establishment: pittori, scrittori, compositori, registi e fotografi formarono una vera e propria comunità artistica, insediandosi pacificamente nelle ex fabbriche dismesse a sud di Manhattan, nell'East Village e a Soho. Nasceva la Downtown Scene, che contava nomi quali Jean-Michel Basquiat, Keith Haring, Jim Jarmusch, Debbie Harry, John Lurie, Laurie Anderson e molti altri. Sperimentazione, eclettismo, in un'indifferenziazione tra arte e vita, a volte fatale. Il fotografo svizzero Edo Bertoglio, uno di loro, ritorna dopo vent'anni sulle tracce di quell'epoca scomparsa.

Critica (1):Inizia a Milano la carriera di questo imperdibile documento di storia culturale, la generazione Downtown, vita di Bohéme, arte droga e follie nelle aree industriali dismesse del Village. Bel titolo: la dipendenza dai volti. Riapre i suoi archivi e confessa in diretta col tam tam della memoria e i travasi di nostalgia, il fotografo Edo Bertoglio che nel ' 76 partì da Lugano bella per New York snob-corrotta. Vi passò 15 anni leggendari e scostumati, diventando l' anima di quel gruppo di belli e dannati di cui Andy Warhol con la Factory fu Maschera e Volto. Plusvalore di sofferenza, pop art e Studio 54: è la recherche bellezza. Genio e sregolatezza visti mentre la droga conquistava la Grande Mela, rosicchiandola. Un documento di vitaminica malinconia per capire l'oggi. Vip sullo schermo, da Basquiat a Maripol a John Lurie, un'umanità varia e pittoresca.
Maurizio Porro, Corriere della Sera, 12/11/2005

Critica (2):1976. La scena culturale underground di New York è in pieno fermento e vive un periodo di straordinaria vitalità. Da Manhattan a Soho e nell'East Village convergono giovani artisti, compositori, registi e scrittori da ogni parte del mondo pur di poter respirare quel fermento. Sono passati quasi trent'anni dai giorni in cui New York era la capitale artistica del mondo underground. Andy Warhol, artista e mecenate, rappresentava una factory celebre ancora oggi, attorno alla quale si sono formati giovani talenti come Keith Haring e Jean Michel Basquiat o musicisti come Laurie Anderson e Philip Glass. Oggi New York ha forse ritrovato quel suo ruolo di capitale dell'arte, anche se molte cose sono cambiate e il regista Edo Bertoglio, attraverso il grido della sua esperienza, vuole farci percepire cosa è accaduto in tre decenni. La comunità artistica degli anni settanta era libera da ogni legame istituzionale e chiunque poteva lanciarsi del tutto autonomamente alla ricerca di nuovi stili e idee. La sperimentazione avveniva a 360° e l'ispirazione era inseguita e ricercata con ogni mezzo. New York non dormiva mai, giorno e notte a rincorrere l'effimero e capace di destare il demone creativo che ciascuno sentiva assopito nelle proprie viscere. E il modo migliore per svegliarlo fu trovato nelle droghe. La carica artificiale prodotta da ogni tipo di sostanza stupefacente ebbe come risultato un impatto devastante sul mondo dell'arte, ormai diventato un unico, grande mercato dominato dalle leggi non scritte dell'industria culturale. Ma gli anni Ottanta segnano la fine di questa età dell'oro (e dell'eroina): la società cambia e l'Aids diventa lo spettro più temuto. Gli eccessi di un decennio furono pagati ad un mietitore fino ad allora sconosciuto, invisibile ma spietato. Dopo quasi trenta anni Bertoglio torna sui luoghi della propria giovinezza con l'intento di porre l'accento su un'altra faccia del decennio, in cui arte e vita si confondevano, ponendo sotto i riflettori la storia di protagonisti meno conosciuti ma che hanno contribuito a dare vita a quel periodo eccezionale. Il viaggio nella memoria autobiografica di Edo Bertoglio nasce da questa necessità e si perde nei meandri di una New York che, forse, non dà più spazio ad un mondo de-istituzionalizzato come quello vissuto dal fotografo svizzero. Ne risulta un documento di memoria storica molto importante legato a un periodo che, proprio per la sua sregolatezza, non ha saputo, o voluto, sfruttare il forte impatto mediatico dei suoi personaggi. Un film fatto col cuore ma che si perde nel flusso sanguigno corrotto dalla droga e dal marcio da cui è stata generato.
Carlo Prevosti, Hide out

Critica (3):Chi è Edo Bertoglio
Nato nel 1951, Edo Bertoglio si diploma in regia e montaggio al Conservatoire Libre du Cinéma Français di Parigi nel 1975. In seguito parte per Londra, dove frequenta la Jones School of English per poi trasferirsi a New York. Trascorrerà quattordici anni nella grande mela, lavorando come fotografo per diverse riviste di moda e d'arte americane e internazionali, tra cui Rolling Stone, Art Forum e Vogue. Dal 1978 al 1981 collabora regolarmente alla rivista Interview di Andy Wharol - esperienza da cui nascerà il film Downtown 81. Ritratto del pittore Jean-Michel Basquiat, il film mette in luce la vitalità della comunità artistica newyorchese dei primi anni '80.

Critica (4):
Edo Bertoglio
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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