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Conspirator (The) - Conspirator (The)


Regia:Redford Robert

Cast e credits:
Soggetto: James D.Solomon, Gregory Bernstein; sceneggiatura: James D.Solomon; fotografia: Newton Thomas Sigel; musiche: Mark Isham; montaggio: Craig McKay; scenografia: Kalina Ivanov; arredamento: Melissa M. Levander; costumi: Louise Frogley; interpreti: James McAvoy (Frederick Aiken), Robin Wright (Mary Surrat), Kevin Kline (Edwin M. Stanton), Evan Rachel Wood (Anna Surratt), Justin Long (Nicholas Baker), Tom Wilkinson (Reverdy Johnson), James Badge Dale (William Hamilton), Alexis Bledel (Sarah Weston), Danny Huston (Jag Holt), Johnny Simmons (John Surratt), Toby Kebbell (John Wilkes Booth), Colm Meaney (Generale David Hunter), Jonathan Groff (Louis Weichmann), Stephen Root (John Lloyd), Norman Reedus (Lewis Payne),Gerald Bestrom (Abraham Lincoln), Dennis Clark (Vice-Presidente Andrew Johnson); produzione: Robert Redford-James D. Solomon-Brian Peter Falk-Robert Stone-Webster Stone- Greg Shapiro per The American Film Company-Wildwood Enterprises; distribuzione: 01 Distribution; origine: Usa, 2010; durata: 122’.

Trama:Washington, 1865. Abramo Lincoln è stato assassinato per mano John Wilkes Booth. Sette uomini e una donna, Mary Surratt, proprietaria della pensione dove l'assassino si riuniva con gli altri cospiratori, vengono arrestati con l'accusa di aver messo in atto un complotto per uccidere il Presidente, il Vice presidente e il Segretario di Stato. La difesa di Mary Surratt, considerata nemica della nazione, verrà presa dal giovane avvocato Fredrick Aiken, un valoroso ex soldato, convinto che la donna sia innocente e che sia stata usata come capro espiatorio per arrivare ad uno dei veri cospiratori, il figlio di lei John.

Critica (1):(...) Sono passati quattro anni da quando Redford aveva diretto Leoni per agnelli, intensa riflessione sulla guerra in Afghanistan e un filo evidente lega quel film, fortemente voluto e prodotto, a questo progetto non suo ma nel quale si è profondamente identificato come regista e anche come produttore.
La storia è nota. La guerra di Secessione è ufficialmente terminata con la sconfitta del sudisti confederati. Ma il conflitto ha lasciato ferite profonde e strascichi. Il 14 aprile 1865, venerdì santo, Abramo Lincoln, presidente degli Stati Uniti e artefice della vittoria, viene ucciso a Washington da John Wilkes Booth che gli spara con la pistola, gridando in latino «Sic semper tyrannis», motto dello stato sudista della Virginia, mentre il presidente assiste a una rappresentazione teatrale. Questo lo sapevamo tutti. Infatti il film non si dilunga più di tanto su questo elemento. Meno conosciuto per il grande pubblico il fatto che l'omicidio di Lincoln non avrebbe dovuto essere isolato. Avrebbero dovuto essere ammazzati anche il vicepresidente e il segretario di stato. Una decapitazione dei vertici politici degli Stati uniti appena usciti dalla Guerra fratricida da parte di chi non solo è stato nemico ma ha visto e subito soprusi e prevaricazioni dei vincito­ri, come ci era già stato raccontato in molti film western.
Ma qui siamo in un'altra storia. Nonostante solo l'assassinio di Lincoln sia riuscito, la repressione è feroce. In particolare Edwin Stanton, ministro della giustizia, mette in atto una serie di provvedimenti totalmente antidemocratici per arrestare e condannare i colpevoli. Tra loro c'è anche Mary Surratt. La sua re­sponsabilità consiste nel fatto che le riunioni per organizzare gli omicidi si sono svolte nella sua pensione e che suo figlio è l'unico latitante. A di­fendere la donna è chiamato Frederick Aiden, ufficiale eroe di guerra nordista, ora avvocato in tempo di pace. Un po' alla volta si rende con­to che la donna, nonostante sia chiusa, non ha colpe. Ma di fronte ha un tribunale militare che non è proprio specchio di democrazia, così anche la sua luminosa figura di com­battente non è più sufficiente a preservarlo dal clima che si sta instaurando a Washington.
L'abilità di Robert Redford, e dello sceneggiatore James Solomon, sta proprio nel mostrare quanto sia difficile mantenere i nervi saldamen­te democratici di fronte a un attacco durissimo. In pratica il ministro della giustizia mette in campo tutto il suo potere per perseguire un solo obiettivo, che non è quello di fare giustizia, ma di dimostrare che lo stato è in grado di reagire e di combattere i suoi nemici. Costi quel che costi. Fosse anche il sacrificio della Carta Costituzionale. In filigrana si legge quel che è avvenuto negli Stati Uniti dopo l'attacco dell'11 settembre. In nome della lotta al terrorismo, oltre a un paio di guerre off­shore, sono state sacrificate una gran quantità di libertà e di diritti individuali che hanno causato vessazioni, arresti senza motivo, galera, torture e tutto l'armamentario che ha fatto da supporto alla causa. Gli impiccati dell' ‘800 sembrano somigliare molto ai prigionieri iracheni strapazzati dai militari a stelle e strisce in epoca contemporanea.
E la lettura del film apre squarci inquietanti sui piani alti del potere, su come sia possibile modificare a proprio piacimento leggi e realtà, offrendo un contributo non banale a una riflessione che non è più legata a un periodo storico e a un evento specifico, bensì diventa occasione per un approfondimento che non si esaurisce nel tempo. Merito anche di un cast composto da attori strepitosi. Su tutti Robin Wright che interpreta la dignitosa Mary Surratt con un piglio straordinario e convincente nonostante una parte che si basa più sull'essere reticente e diffidente che non sull'esplicitazione dei propri sentimenti. (...)
Antonello Catacchio, Il Manifesto, 24/6/2011

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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