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D'amore si vive


Regia:Agosti Silvano

Cast e credits:
Fotografia: Silvano Agosti; montaggio: Silvano Agosti, Franco Piavoli, Giuliana Zamariola; produzione: Franco Piavoli; origine: Italia, 1984; durata: 93’.

Trama:Tratto da oltre nove ore di interviste prodotte per la televisione e raccolte, nella città di Parma, nel corso di due anni, il film si articola in varie sezioni dedicate ai vari aspetti e modi di vivere tematiche quali l'amore, la tenerezza e la sensualità.

Critica (1):Silvano Agosti sceglie sette figure, tutte molto diverse l’una dall’altra e contemporaneamente tutte ascrivibili a delle categorie di persone, e non a delle categorie qualunque, ma a delle categorie che per differenti motivi hanno, chi più chi meno, delle caratteristiche che rendono la loro vita non esattamente agevole: una donna che ha appena partorito, un bambino, una prostituta, due transessuali (molto diversi tra loro), per citarne alcune, e le intervista trasformando quelle categorie in individui, rendendo palese l’unicità di ognuno di essi a prescindere dal loro ruolo nella società o da qualsiasi altro vincolo o paletto che li depersonalizzi, sia esso sociale, affettivo, legale o di altro tipo.
Ne viene fuori un lavoro potentissimo nel quale Agosti riesce, semplicemente domandando loro come vivono la tenerezza e la sessualità, due istinti primari che prescindono da qualsiasi categorizzazione, a far emergere il loro essere in base a come essi si sentono, ai loro vissuti, a come percepiscono il proprio corpo e la propria anima, a come sono predisposti verso l’altro da sé.
L’aspetto più incredibile di questo documentario è la capacità di palesare come la potenza di un singolo vissuto, di una voce, di uno slancio, di un tormento, spazzi via con la più totale naturalezza qualsiasi condizionamento sociale, qualsiasi vincolo istituzionale o stereotipo che vorrebbe inglobarci tutti in gruppi di persone senza anima o quantomeno con un anima più spenta, repressa dalla paura di non essere visti o accettati, in un mondo dove l’’individualità è sempre più svalorizzata, dove l’essere sé stessi e il semplice esprimersi, parlare, vivere per quello che si è, viene visto e trattato con diffidenza, dove la diversità viene vissuta dalla maggioranza come un termine e come un concetto che, lungi dall’essere un valore, in quanto indice di unicità e quindi di ricchezza, perchè più unici ci sono più siamo ricchi, ricchi di tutto, ricchi di anime, ricchi di menti, ricchi di idee, e più cresciamo ed evolviamo, viene vista invece come un concetto che ha una connotazione negativa, dove diverso, se non è sbagliato, è strano o qualcosa da cui prendere le distanze.
E in questo film vediamo come ogni istanza di un individuo sia naturale e spontanea e come arricchisca il mondo senza poter fare male a nessuno proprio nella libertà di potersi esprimere.
E si può godere, ma veramente godere, della vitalità di un bambino di nove anni che ha una forza travolgente, ma anche degli occhi infinitamente tristi di una donna di mezza età che ha venduto il suo corpo per una vita e vedere le due cose altrettanto belle e intense. Vedere del tutto naturale un uomo che si vive come una lei senza rinnegare il suo corpo maschile mentre imbocca un uccello, o l’imbarazzo di una donna che per anni non è stata sicura di avere davvero una vagina.
E sono tutti incredibilmente belli. E ognuno di essi ha il suo nome proprio, e li conosciamo in base a quello e nient’altro, perché insieme alle proprie istanze, è l’unica cosa che li definisce.
Tutti siamo diversi, tutti, in un’infinità di cose. È il nostro più grande valore, la nostra bellezza.
Roberta Girau, ArtNoise.it

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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