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Testimone (Il)


Regia:Germi Pietro

Cast e credits:
Soggetto: Pietro Germi; sceneggiatura: Pietro Germi, Diego Fabbri, Cesare Zavattini; supervisione: Alessandro Blasetti; fotografia: Aldo Tonfi; musica: Enzo Masetti; interpreti: Roldano Lupi (Pietro Scotti), Marina Berti (Linda), Ernesto Almirante (ragioniere Giuseppe Marchi, il testimone), Sandro Ruffini (avvocato difensore), Cesare Fantoni (il padrone dell’osteria), Arnoldo Foà (impiegato anagrafe); produzione: Orbis Film, Salvo D'Angelo; origine: Italia, 1945; durata: 90'.

Trama:Un presunto assassino sta per essere condannato a morte in base alla deposizione di un testimone assolutamente convinto della infallibilità del proprio orologio. Ma quando si accorge che l'orologio, come tutte le cose umane, è soggetto ad errori e difetti, il testimone si affretta a rimangiare la deposizione portando quindi alla assoluzione dell'imputato. Questi, benché prosciolto dall'accusa e rimesso in libertà, non riesce ad essere sereno. La coscienza gli rimorde e la presenza del testimone che è stato arbitro della sua vita lo ossessiona...

Critica (1):Il testimone è la storia di un assassino che viene salvato dall'intervento della stessa persona che aveva testimoniato contro di lui e che, suggestionato dalla capziose arti oratorie dell'avvocato difensore aveva ritrattato in un secondo momento la testimonianza. Sebbene scampato al pericolo, l'autore del delitto avverte come una oscura minaccia la presenza del testimone, fino al punto di decidersi a sopprimerlo. Viene però preceduto in questo proposito dal caso, che fa morire l'uomo di morte naturale, rendendo inutile il progettato secondo delitto. Ma un insopportabile senso di colpa avrò ben presto ragione dell'assassino che vinto dal rimorso, si costituisce. L'impianto narrativo è semplice ed è facile rintracciarvi echi letterari e cinematografici. Circa la natura di questi ultimi Campari ha parlato di influenze hitchcockiane, altri del film realista francese degli anni Trenta. In verità lo schema tipico del racconto poliziesco di Hitchcock viene qui completamente ribaltato: non è infatti un innocente a subire un'ingiusta accusa come accade nei film del regista inglese, quanto l'autore di un delitto ad essere ritenuto innocente. Più pertinenti perciò sono i riferimenti letterari, com'è evidente, a Dostojewski. Se ne accorse subito Umberto Barbaro che a tal proposito, pur guardando con favore alle ambizioni rivelate dal giovane regista, avanzò alcune riserve di carattere generale che oggi ci appaiono singolarmente acute: la filmografia di Germi che ne avrebbe convalidato le ipotesi. Parlando di un Dostojewski rivoluzionario "suo malgrado", nonostante le tesi evidentemente "reazionarie" sostenute in Delitto e Castigo - lontano ispiratore del film - Barbaro affermava che nel Testimone si verificava esattamente il contrario:" non solo perché i suoi modelli sono infinitamente più alti di lui e della sua opera (nel che non c'è che, semmai da lodare) ma perché, mentre i suoi temi e le sue tesi gli sembrano avanzati e addirittura sovversivi in realtà sboccano in un risultato quanto mai triste e retrivo. Per esempio in questo film, dove non il male ma tutta quanta la vita è caluniata e colpita, con una sfiducia che se anche originariamente rabbiosa, risulta all'espressione stanca e rassegnata". La prospettiva da cui Barbaro guardava il film era chiaramente ispirata ai dettami del realismo socialista, ma a lui va il merito di aver subito individuato uno dei motivi conduttori dell'opera del regista, rilevante soprattutto nell'ultima fase della sua attività. Il testimone risente ovviamente dei limiti' dell'opera prima: la sceneggiatura denuncia l'intento di sottolineare con un dialogo spesso ridondante ogni situazione, quasi a volerne mettere allo scoperto i nascosti significati. Ma l'occhio cinematografico dell'autore è già esperto nel cogliere la verità di alcuni ambienti, la tristezza di certe periferie urbane, in cui più sensibili risultano le suggestioni del populismo di marca francese. La scelta stilistica appare del tutto eccentrica nel contesto di un cinema nel quale si stava decisamente imponendo un diverso modello espressivo. La discordanza era tanto più evidente quanto più l'analogia degli ambienti visitati dal Testimone - sobborghi, abitazioni anguste - e dei personaggi segnati da una dimessa quotidianità, avrebbe accreditato una più aggiornata sensibilità di un autore che la critica avrebbe presto, salutato come un protagonista del neorealismo. "Il solo elemento interpretabile in chiave neorealista - afferma Compari - è forse la figura del vecchio, che vive solo, del quale alla fine il protagonista visita la camera (con tutto quell'arredamento vero molto connotante) mentre l'affitta camere tesse le lodi delle qualità umane del defunto". Nel film sono evidenti i prestiti letterari e cinematografici, ma una regia attenta e misurata né dissolve in buona misura le note dissonanti. La predilezione per certi scorci del paesaggio urbano, l'interesse per la gente comune, per certi interni piccolo-borghesi sono qualità che ricorreranno sempre nella successiva filmografia del regista. Insieme con queste costanti espressive Il testimone propone un motivo tematico altrettanto ricorrente, come quello della legge e delle sue inevitabili contraddizioni. Germi raccoglìe in questa opera prima una somma di interessi che avrebbero richiesto evidentemente una più ricca esperienza cinematografica: se le ambizioni volano alte, le immagini le costringono ad un livello più basso, anche perché Roldano lupi, interprete principale, era un attore di mezzi piuttosto limitati sebbene fisicamente aderente al personaggio (un ruolo analogo aveva sostenuto qualche anno prima nel Cappello da prete - 1942 - di Ferdinando Poggioli). Germi portò a termine le riprese del film nell'estate dei '45; il neorealismo stava polarizzando l'attenzione nella critica più avvertita, ma pur tuttavia al Testimone fu accordato l'interesse che meritava. Il film ebbe comunque una circolazione limitata ad alcune città del Nord e l'esito commerciale fu come era prevedibile molto modesto.
Vito Attolini, Il cinema Di Pietro Germi, Elle Edizioni, 1986)

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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