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Roma


Regia:Fellini Federico

Cast e credits:
Soggetto
: Federico Fellini, Bernardino Zapponi; sceneggiatura: Federico Fellini, Bernardino Zapponi; fotografia: Giuseppe Rotunno; musiche: Nino Rota, Carlo Savina; montaggio: Ruggero Mastroianni; scenografia: Danilo Donati; effetti: Adriano Pischiutta; interpreti: Peter Gonzales (Fellini a 18 anni), Fiona Florence (Dolores), Britta Bernes, Anna Magnani, Pia De Dodes (la principessa), Alvaro Vitali, Federico Fellini, Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Gore Vidal, Alfredo Adami, Marcelle Ginett Bron, Dante Cleri, Angela De Leo, Mario Del Vago, Libero Frissi, Renato Giovannoli, Mardou Khiess, John Francis Lane, Elisa Mainardi, Marne Maitland (guida alle catacombe), Gudrun Mardou, Stefano Mayore, Paola Natale, Mimmo Poli, Paule Riut, Galliano Sbarra (il presentatore), Giovanni Serboli; coproduzione: Ultra Film (Roma) Artists Associes (Parigi); origine: Francia/Italia, 1972; durata: 119’.

Trama:Primi anni trenta: a Rimini, un ragazzo ospite di un collegio di religiosi immagina Roma descritta dai suoi insegnanti e dalla retorica del regime fascista. Nel 1939, a venti anni, parte per la capitale e scopre il suo vero volto: i piccoli personaggi di una pensione popolare, le prostitute sulla via Appia, i bambini nelle strade. Poi si passa al 1972, agli ingorghi del raccordo anulare, con Fellini che gira un film in una città colma di turisti, tra giovani che lo rimproverano per il suo disinteresse per la politica. Torna alla memoria l’immagine di un teatrino d’avanspettacolo rionale, con il pubblico vociante in fuga per un allarme aereo. Poi la scena si sposta nella galleria della metropolitana in costruzione, quando la scoperta di reperti archeologici fa sospendere i lavori. Quindi gli hippie di Piazza di Spagna, e la fauna variegata dei frequentatori, ricordo ormai lontano, dei bordelli degli anni quaranta. C’è anche una sfilata di moda ecclesiastica, il ritrovarsi di divi del cinema e di scrittori in un locale a Trastevere, vecchio rione romano, la confusione generale, con la polizia che manganella e i motociclisti rombanti nella notte.

Critica (1):Davanti a questo film magmatico bisogna saper subito di non dovervi cercare solo Roma, ma forse soprattutto Fellini: il Fellini di oggi [...] Le muse felliniane sono qui la memoria (la rievocazione di Roma durante la guerra) e la deformazione fantastica (il grande raccordo anulare visto come l’anticamera dell’inferno o forse addirittura come la sua bolgia più dannata). In questi episodi [...] Fellini porge la misura del suo immenso talento, cioè della sua forza nell’evocare e nel rappresentare, forzando e modificando. Qui la realtà felliniana [...] prende il posto della realtà, diventa la realtà [...] Più si sente lo sforzo del regista nel coordinare, e più tale sforzo appare artificioso e velleitario. Meglio, allora, seguire il film, indipendentemente dalla fatica unitaria di Fellini, come una serie di quadri a sé stanti, lasciando allo spettatore il compito di sentirli unificati nel fluire di un discorso sotterraneo continuativo e coerente. Da un simile approccio il film non ci perde, anzi ci guadagna. Bisogna lasciare il film disperdersi in tanti rivoli per poi, a distanza, percepire la tensione unitaria di questo disordine. Sergio Frosali, La Nazione, 17 marzo 1972 Sequenze come quelle dell’autostrada, delle case di tolleranza, del défilé ecclesiastico sono cinema allo stato puro, prorompente, esemplare. Quello stile che mescola la cronaca finta ai ricordi inventati tocca, in più momenti, la poesia: in altri s’impone con una furia barocca che si sposa, maliziosamente, con il gusto del kitsch, del deformato, dell’orrido; ed anche se, qua e là potrebbe tendere a più meditati equilibri, raggiunge sempre, egualmente, i risultati voluti. In una sequenza che alterna gli incubi di Bosch, ai neri orrori di Goya, ai graffi sferzanti di Grosz.
Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 19 marzo 1972

Critica (2):Un film su Roma sembrava ai più impresa disperata. Da dove si comincia, dove si finisce? Per interposta città, ne è infatti derivato un film su Fellini. Soltanto Fellini può credere che bastino poco più di due ore di spettacolo quando sono occorsi trenta secoli per dar corpo all'immensa materia. Ma bastano per raccontarsi, per confessarsi in pubblico. Con fiuto di strega, un'immagine di Roma Fellini l'ha dunque annusata, alcuni dei suoi sapori segreti li ha provati, ne ha frugato gli orrori feroci, si è riconosciuto in quel caos dove si schiudono oasi d'incanto. Roma non è a parer nostro un grandissimo film, della stazza per intendersi di La dolce vita e di Otto e mezzo, ma fra tutti i ritratti che di quella fonte perenne di memorie e fantasia il cinema ci ha dato sinora è uno del più doviziosi, anche dei più divertenti: quello, senza dubbio, in cui la personalità dell'autore, nel bene e nel male, si esprime con maggior prepotenza, e dice la fertilità d'un talento che continua a cercarsi. La Roma di Roma non è quella dei libri di storia, dei dépliants turistici, o, peggio, dei romanisti, tanto meno quella cruda di Pasolini o quella torbida di Moravia. E' la Roma d'un artista che pur avendo fatto carriera è rimasto nei suoi confronti il Moraldo dei Vitelloni, e ora tenta, rovesciando fiumi di parole sugli amici al caffè, evocando fantasmi privati e cedendo a tutti i ricatti della memoria, di fissare i caratteri d'una delle più enigmatiche matrici della storia, e tuttavia la sa indefinibile e misteriosa. E perciò ne è soggiogato, perciò identifica col proprio il mito di lei. Guardando Roma, Fellini è affascinato dal suo turgore, in cui si confondono la fissità mortuaria della pietra e l'empito sguaiato dell'ingiuria; è conquistato dal suo scetticismo, parente stretto del cinismo degli artisti, e dalla idea del provvisorio che essa incarna sotto l'etichetta dell'eterno. Finalmente è vinto dalla sua virtù di trasfigurare un mercato levantino in “bella confusione”, una cialtronata in imperiosa invenzione. La Roma di Fellini è il perfetto antidoto contro la solitudine dell'uomo moderno, e il rifiuto di ogni utopia ideologica, e insieme il rifugio degli increduli e lo stagno d'ogni Narciso."
Giovanni Grazzini, Corriere della sera, 17/3/1972

Critica (3):

Critica (4):
Federico Fellini
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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