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Uomo che sapeva troppo (L') - Man Who Knew Too Much (The)


Regia:Hitchcock Alfred

Cast e credits:
Sceneggiatura: John Michael Hayes e Angus McPhail, da una storia di Charles Bennett e D.B. Wyndham-Lewis; fotografia: Robert Burks, A.S.C. (Vistavision); Technicolor; consulenza: Richard Mueller; effetti speciali: John P. Fulton, A.S.C.; scenografia: Hai Pereira, Henry Bumstead, Sam Comer e Arthur Krams; musica: Bernard Herrmann; montaggio: George Tomasini, A.C.E.; costumi: Edith Head; suono: Franz Paul e Gene Garvin, Western Electric; interpreti: James Stewart (dott. Ben MacKenna), Doris Day (Jo, sua moglie), Daniel Gelin (Louis Bernard), Brenda de Banzie (signora Drayton), Bernard Miles (signor Drayton), Ralph Truman (ispettore Buchanan), Mogens Wieth (l'ambasciatore), Alan Mowbray (Val Parnell), Hilary Brooke (Jan Peterson), Christopher Olsen (il piccolo Hank MacKenna), Reggie Malder (Rien, l'assassino), Bernard Herrmann (il direttore d'orchestra) Yves Brainville, Richard Wattis, Alix Talton, Noèl Willman, Caroline Jones, Leo Gordon, Abdelhaq Chraibi, Betty Baskomb (Edna), Patrick Aherne, Louis Mercier, Anthony Warde, Lewis Martin, Richard Wordsworth; produzione: Alfred Hitchcock-Paramount-Filmwite Prod.; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: U.S.A., 1956; durata: 119'.

Trama:Ben MacKenna, un medico americano, è in vacanza in Marocco, accompagnato dalla moglie Jo, un'ex diva della canzone, e dal figlio Hank. Fanno amicizia con un francese gentilissimo, Louis Bernard e con i signori Drayton, una tranquilla coppia inglese. Dopo una cena inaspettatamente "andata a vuoto" con Bernard, i MacKenna, al mattino successivo, visitano il bazar. Improvvisamente compare davanti a loro un arabo con un pugnale conficcato nella schiena. Ben si piega sul ferito e riconosce, con stupore, il francese, travestito da indigeno. Prima di spirare, Louis mormora un nome: "Ambrose Chapel". Il segreto ricevuto da MacKenna trova la sua prima terribile conseguenza al ritorno in albergo: ripartendo per Londra, i Drayton hanno rapito Hank.
Ben e Jo, arrivati in Inghilterra, cercano disperatamente il misterioso Ambrose Chapel. Credono di averlo trovato in un impagliatore, il quale, però, è completamente innocente. Ambrose Chapel, infatti, non corrisponde a una persona, ma è una piccola chiesa, dove ci sono la signora e il signor Drayton, membri di un'organizzazione spionistica che Bernard combatteva, eche hanno sequestrato Hank per impedire al padre di rivelare l'informazione passatagli da Louis morente. Mentre Ben è tenuto prigioniero, Jo riesce ad allontanarsi. Vuole rintracciare un ispettore di Scotland Yard; il funzionario di polizia è di servizio all'Albert Hall per un concerto della Corona. Ma durante l'esecuzione della partitura, al colpo di cembali, un killer punterà Il suo revolver su un diplomatico straniero. All'auditorium è arrivato anche Ben, dopo una funambolica fuga dall'Ambrose Chapel. Jo vede spuntare dalla tenda di un palco la pistola dell'attentatore e con un urlo, proprio al momento dello sparo, salva la vita dell'ambasciatore. In seguito, nell'ambasciata (dove il figlio è sorvegliato dai suoi carcerieri), il diplomatico si congratulerà personalmente con Jo e le chiederà di cantare. Lei sceglie "Que sera, sera" la canzone preferita daHank. La signora Drayton, commossa e pentita, invita il bambino a fischiettare il motivo: Ben lo sente, lo raggiunge e lo libera.

Critica (1):L'uomo che sapeva troppo porta a Hollywood il "climax" inglese delle spie e della sublimazione della suspense. Il "sipario" è strappato (subito dopo il "direct by") da una scritta che si sovrappone all'immagine degli strumenti fatidici: "un colpo di cembali può sconvolgere la vita di una famiglia americana". È la dichiarazione d'apertura di una stressante partita con l'angoscia. Il bianco e nero, le luci e le penombre impressioniste della prima versione (con l'ossessione del candore della neve, quale terreno per l'impronta del peccato) svaniscono nel technicolor, nel cromatico, acceso, abbagliante segmento condotto da Robert Burks, il terzo "direttore" dopo Hitchcock e Herrmann, l'operatore che controlla e guida lo sguardo. Non la Svizzera, ma il Marocco, non Saint-Moritz, ma Marrakesh. Il fondale è sfrondato dalla citazione familiare, da ricordi personali di Alfred e Alma: il luogo è da turisti americani, anche se, come allora, sarà il figlio a sparire, a lasciare marito e moglie nella condizione "privilegiata" della coppia. La turbativa investe ancora un'ingannevole "oasi": la vacanza. Ben e Jo MacKenna vengono bruscamente risvegliati dal "sogno" e la donna vi tornerà solo ingerendo un sonnifero: uno "stratagemma" voluto dall'uomo perché la dimensione onirica la salvi dall'orrore del presente e perché lui possa piangere senza spettatori. Ma lo spettacolo è "l'oggetto sacro" del film: Hank e il velo della donna in autobus, l'imbarazzo di Ben al ristorante, l'incontro con il francese pugnalato (il "trucco" del viso resta sulle mani del medico che vengono mostrate in primo piano e in soggettiva), gli animali impagliati di Ambrose Chapel, la funzione nell'Ambrose Chapel, il "crescendo" dell'Albert Hall, la canzone "Que sera, sera".
Nella parabola, tracciata nello spazio e nel tempo della "vertigine", il volto di James Stewart è il "Vistavision" dei sentimenti: la maschera sulla quale sono modellati i passaggi, le incrinature, le pieghe, i risvolti, le ansie di una sceneggiatura "furiosa". La faccia di Stewart è come la macchina fotografica de La finestra sul cortile: permette un'indagine al di là di un "vuoto", di una zona proibita al dialogo e ai movimenti della macchina da presa. Ecco: la carrellata sulla partitura orchestrale, è lo stacco fremente e prolungato da un montaggio parallelo, segmentato dalla corsa nei corridoi, delle battute coi poliziotti, tutte coperte dalla musica, la stessa che non fa udire il concitato scambio di informazioni tra Ben e Jo. Il "minuetto" di palco in palco lascia che l'ironia mitighi la tensione, ma lo scorrere dell'obiettivo sui pentagramma verso il momento dei cembali raccoglie la teoria della suspense e la codifica in un allestimento di sovrana incandescenza.
L'urlo di Doris Day "è la prima manifestazione della sua libertà e il mezzo della salvezza finale... esprime la rivolta della sensibilità contro la fredda logica della macchinazione. È il granello di sabbia che inceppa il meccanismo" (Rohmer e Chabrol). È il momento in cui la madre sembra "sacrificare" il figlio (la minaccia - in caso di un sabotaggio della congiura - era la morte del rapito). Quel grido si unisce alla ribellione di altre eroine hitchcockchiane: i delitti di Murder e Sabotage, per esempio. Ma Jo non uccide: salva il diplomatico e può così essere ospite dell'ambasciata, proprio dov'è tenuto prigioniero Hank. L'intrigo, infatti, è all'interno dei giochi politici e di massacro del paese della vittima designata: ora, il "sopravvissuto" non rinuncia alla possibilità di continuare lo "spettacolo" interrotto. E Jo deve cantare. E Hitchcock ricorre a un'ennesima "confessione-purificazione" del colpevole, così che davanti alla "clemenza" della signora Drayton, Ben rinsalda la famiglia con la liberazione del "terzo lato" della coppia. Bernard Herrmann ripone la bacchetta.
Natalino Bruzzone, Valerio Caprara, I film di Alfred Hitchcock, Gremese 1982

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Alfred Hitchcock
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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