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Moolaadé - Moolaadé


Regia:Sembene Ousmane

Cast e credits:
Sceneggiatura: Ousmane Sembene; fotografia: Dominique Gentil; musiche: Boncana Maiga; montaggio: Abdellatif Raiss; scenografia: Joseph Kpobly; interpreti: Fatoumata Coulibaly (Colle' Ardo Gallo Sy), Maimouna Helene Diarra (Hadjatou), Salimata Traore' (Amsatou), Aminata Dao (Alima Ba), Dominique T. Zeida (il Mercenario); produzione: Ousmane Sembene per Filmi Domirew; distribuzione: Lucky Red; origine: Senegal, 2004; durata: 120'.

Trama:In un villaggio del Burkina Faso, Colle' Gallo Ardo Sy ha subito la Purificazione (infibulazione) e per questo vuole sottrarre la sua unica figlia alla stessa tortura. Quando quattro ragazzine di un altro villaggio si rifugiano in lacrime da lei per scampare a questa pratica, Collé riesce a salvarle grazie al potere del Moolaadé. Il villaggio esplode nello scontro tra due valori: il diritto d'asilo e il rispetto di un'antica tradizione.

Critica (1):"Ci sono donne che danno la vita e quelle che la tolgono". Ci sono madri e purificatrici, che con i loro rozzi coltelli tagliano il sesso e mutilano le ragazzine per purificarle, portandole spesso alla morte. Eppure l'escissione che ancora oggi sfregia 120 milioni di donne è ancora soprattutto il segno del potere degli uomini, che si fanno forza della tradizione per imprimere attraverso la carne viva l'impronta della loro autorità. C'è tutto questo in Moolaadé, il bel film di Sembene Ousmane, già premiato a Cannes nel 2004 nella sezione "Un certain reguard". Dall'8 marzo è nei cinema italiani, distribuito dalla Lucky Red e con il patrocinio di Amnesty International.
Un film dove si fondono tanto dolore e altrettanta dolcezza e dove le donne, divise tra il timore di violare la tradizione e quello di perdere se stesse e le proprie figlie, riusciranno a riscrivere la trama del loro destino. Moolaadé è lo spirito che vigila sul diritto di asilo, quello che una donna, Collé Ardo, concede a quattro ragazzine fuggite dalla cerimonia della purificazione, che le chiedono aiuto sapendo che lei stessa ha già rifiutato di "far tagliare" sua figlia, dopo aver perso - lei mutilata - due bambine al momento del parto. Parte da qui il racconto di Sambene, che rimanda alla banale atrocità dell'esistenza delle donne che soprattutto in Africa - dove la pratica è diffusa in 25 paesi - ma anche nella penisola arabica e in Indonesia continuano ancora ad essere sottoposte all'amputazione di parte o tutti i genitali esterni: donne che nel migliore dei casi non conosceranno mai il piacere sessuale, che moriranno per le infezioni o le emorragie provocate da un taglio rudimentale.
Donne che ad ogni parto dovranno farsi riaprire e poi cucire di nuovo il sesso sfregiato, mettendo a repentaglio la vita propria e quella del bambino. Collé ha il coraggio di rifiutare alla figlia tutto il dolore che è stato imposto a lei e di segnare, con un cordone di tessuto colorato, il confine invalicabile - dell'onore e della superstizione - che vieta di infrangere il diritto di asilo. Difenderà contro le loro stesse madri quelle bambine che le hanno chiesto aiuto, come se fossero sue. O come avrebbe voluto che qualcuno avesse difeso lei, quando un coltello le aveva inciso la carne. E il suo coraggio - insieme alla morte di una delle piccole sottrattale di nascosto - riuscirà ad aprire un varco nella comunità delle donne del villaggio, che si troveranno schierate contro la maggioranza degli uomini, smentendo il presunto richiamo dell'islam ad una pratica che offende l'integrità del corpo femminile e che Maometto non ha mai suggerito.
Film senegalese, girato nel Burkina Faso, con attori del Mali e della Costa d'Avorio, Moolaadé è una sintesi voluta di quell'unità africana che il regista auspica ma che è ancora di là da venire ed una testimonianza dell'"eroismo quotidiano" nel continente. Lo stesso che nell'ottobre scorso - come ha ricordato ieri Emma Bonino - è approdato al Protocollo di Maputo sui diritti delle donne africane, che definisce le mutilazioni genitali come una violazione dei diritti della persona.
Anche in Italia, dal 22 dicembre scorso, c'è una legge che vieta questa pratica e la punisce con pene che arrivano a 12 anni di carcere: era questo uno degli obiettivi della campagna "Mai più violenza sulle donne" promossa da Amnesty.
"In Africa non si fa del cinema per vivere ma per comunicare, per fare militanza", spiegava Sambene in un'intervista di qualche tempo fa, in cui raccontava anche della sua abitudine a parlare con le radio dei piccoli villaggi, per interi popoli una finestra aperta sul mondo. Quella che gli uomini vorrebbero chiudere in Moolaadé. E che le donne - quelle che pagano per tutti - chiedono di tenere aperta.
Marina Mastroluca, l'Unità

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Ousmane Sembene
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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