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Roulette cinese - Chinesisches Roulette


Regia:Fassbinder Rainer Werner

Cast e credits:
Soggetto, sceneggiatura
: Rainer Werner Fassbinder; fotografia: Michael Ballhaus; musica: Peer Raben; montaggio: Ila von Hasperg, Juliane Lorenz; scenografia: Curd Melber; interpreti : Margit Carstensen (Ariane Christ), Alexander Allerson (Gerhard Christ), Andrea Schober (Angela), Ulli Lommel (Kolbe), Anna Karina (lrene), Macha Méril (Traunitz), Volker Spengler (Gabriel), Brigitte Mira (Frau Kast), Armin Meier (Tankwart), Roland Henschke (Bettler); produzione: Albatros / Les Films du Losange; origine: Francia, Germania Occidentale, 1976; durata: 86'.

Trama:In una villa di campagna si trovano un uomo d'affari con la moglie, i rispettivi amanti, la figlia poliomelitica, l'infermiera, la governante con il figlio. Fra gli otto personaggi si instaura una atmosfera di profonda tensione che sfocia prima in un gioco al massacro puramente verbale, e poi in una sfida alla roulette cinese: la pistola caricata con un colpo solo che i partecipanti si puntano successivamente alla tempia. Nel finale uno sparo.

Critica (1):[...] Il film, come dice il titolo, riporta a una situazione di gioco, chiudendo i personaggi nella morsa di un reciproco condizionamento e costringendoli a spogliarsi del sentimentalismo per rivelare le trame di un rapporto di sopraffazione. Tutti coinvolti, nessun candore residuo, nessun alibi per l'immaginazione, proprio come nella lotteria di case e sesso di Lola.
Ben altro però è il rigore e la lucidità della regia e più complessa la dislocazione del punto di vista. Prima di arrivare alla conclusione claustrofobica indicata, Fassbinder crea l'illusione della pochade, inebriando i personaggi del senso di libertà raggiunto in seguito al rivelamento degli altarini. Dopo che marito e moglie si sono colti reciprocamente in flagrante adulterio, si crea una situazione di vuoto che da un lato invita a nuove trasgressioni, dall'altro prelude a una ricostituzione degli equilibri secondo strategie di alleggerimento e di progressiva digestione dell'accaduto: le due donne, messe faccia a faccia, si complimentano vicendevolmente per la propria bellezza, in seguito arrivano ad abbracciarsi, fanno toilette insieme; il marito scherza con il segretario, che ha scoperto amante della moglie: "Vuoi che ci abbracciamo anche noi?". C'è alla fine persino un ritrovamento passionale tra i due coniugi, non si sa se reale o simulato.
La ricerca borghesissima di un compromesso che occulti la frattura creatasi in una mondanità frivola, che tutto giustifica perché a tutto è indifferente, deve fare i conti però con la tensione generata dalla presenza intollerante e ipercosciente della figlia; i baci perciò si fanno vampireschi, le scene d'amore gelide. La ragazzina poliomielitica introduce la seconda regia di Fassbinder, quella di un giallo psicologico: è lei che ha orchestrato il bizzarro meeting e dispone i personaggi sulla scacchiera come le otto bambole - tanti sono gli abitanti della villa - che porta sempre con sé. L'"angelo sterminatore" però è una presenza un po' trasversale: attraversa il film senza mai completamente lasciarsi ingabbiare in una figura o in una tipologia narrativa. Ambigui retroscena premono sull'atmosfera asettica della casa: c'è l'andirivieni di un falso cieco che si allontana in Mercedes, di un falso poeta che plagia Rimbaud, e false piste sparse qua e là.
Giunge la notizia che un uomo è stato ucciso: "Adesso siamo rimasti in due", mormora il padrone di casa. Fose l'anziana governante ha avuto a che fare con i lager nazisti; il figlio di lei è una presenza sinistra (Volker Spengler dà in questo ruolo un anticipo della doppiezza sessuale che interpreterà splendidamente in Un anno di tredici lune). La stessa ragazzina semiparalitica è sdoppiata in una infermiera muta, in modo che fra le due si crea un rapporto di forzata collaborazione e complicità, mai del tutto decifrabile; vedi la scena satanica dove Traunitz balla un motivetto rock sorreggendosi goffamente con le stampelle di Angela. Durante il gioco della roulette cinese, nel crescendo di domande brucianti ("di quale morte morirebbe? che cosa sarebbe stato nel Reich?") i gesti della muta, interpretati dalla ragazza, acquistano un carattere criptico e demoniaco: la regia del match oscilla fra le due, ed è ciò che ne fa la resa drammatica. Al culmine del gioco la pistola della madre, puntata contro la figlia, si rivolge contro l'infermiera. Il cambiamento repentino di mira è forse un ultimo, paradossale tentativo del nucleo dei personaggi borghesi di sfuggire a una strategia di cui essi stessi sono il bersaglio; la tensione si scarica sui subordinati: prima sulla vecchia Kast, che viene umiliata per il proprio passato, e poi sulla muta, che grottescamente viene ferita alla gola.
Il non saper più dove colpire, dove scaricare la propria energia distruttiva è la chiave di interpretazione del film, che spiega anche lo sparo finale nel buio in fuori campo. Fassbinder, con il lavoro della macchina da presa, accentua il continuo vacillare dello sguardo e l'impossibilità di una via d'uscita. Nell'elegante soggiorno dove si consuma il finale jeu de massacre. le superfici in perspex dell'arredamento si trasformano alternativamente, con calibratissime messe a fuoco combinate all'instancabile movimento della camera, in specchi o in cornici per i personaggi: una gabbia trasparente, un labirinto di vetro (quello in cui si troverà rinchiuso anche il protagonista di Despair), come è in fondo la condizione di questi borghesi un po' buñueliani. II loro narcisismo trova un correlato cinematografico nelle lunghe inquadrature fisse, che li ritraggono in abiti impeccabili e in positure teatrali, ma la tranquillità dell'autocontemplazione, che tutte le fratture ricomporrebbe in una sorta di straniamento estetico, è rotta dal voyeurismo intrigante dei servi, dei malati, dei diversi. Il film è un continuo origliare di porte, un sbirciare dalle finestre animato dal sordo spirito di revanche dei subalterni. Roulette cinese viene dopo il cinema "popolare" di Mamma Kusters, La paura mangia l'anima, Il diritto del più forte, dopo l'infatuazione bassomimetica, ma criticamente manipolata, del melodramma (quella che ci ha dato tutto sommato il Fassbínder più nuovo e dirompente); si avvertono qui commistioni non originali, anche se perfettamente digerite, di una produzione europea d'alta rifinitura formale: Buñuel, Bergman, Losey. L'autore si prepara forse già a sposare l'idea di un cinema cosmopolita, con fondali comunque di cartapesta, anche quando elegantissimi e costosissimi. Quello diventerà il suo alibi, ma per il momento la rabbia vibra ancora e Roulette cinese la esprime in momenti di gran cinema. C'è una bella sequenza, in cui Angela di primo mattino spalanca le camere dove i genitori han battagliato con i rispettivi amanti: s'intravedono letti disfatti, scorci di solitudine e frustrazione che captano la sostanza che si annida nelle belle forme di questi alto-borghesi. Lo sguardo raggelato è quello di un Fassbinder che constata una devastazione che non è ancora diventata la sua.
Lodovico Stefanoni, Cineforum n. 217, 9/1982

Critica (2):Per Roulette cinese ci si è sbizzarriti a trovare decine di riferimenti cinematografici. È la stessa natura intellettuale del film che consente, anzi invita, a un gioco del genere. Si è parlato come sempre di melodramma, ma soprattutto di un certo tocco hitchcockiano mediato da Chabrol, un autore che Fassbinder conosce molto bene. Ma, abbastanza curiosamente, pressochè nessuno ha parlato dell'influenza di un maestro che allo scrivente appare l'indiscutibile ed evidentissimo nume tutelare del film: Luis Buñuel. Già il tema dell'infelicità e della doppiezza borghesi dovrebbe metterci sulla strada. Ma l'ispirazione buñueliana è ancora più chiara nella struttura del film. A parte il fatto che il deus ex machina della situazione si chiama Angela e che il demiurgo maschile si chiama Gabriel, il claustrofobico confinamento dell'azione in un luogo dal quale non si può uscire e nel quale i personaggi si torturano a vicenda in un isterico jeu de massacre non può non rimandare a L'angelo sterminatore. Solo Angela, Gabriel e Traunitz una volta giunti alla casa, potranno lasciarla per una breve passeggiata. Gli altri, proprio mentre celebrano la loro "progressista" concezione dei rapporti di coppia e la loro "libertà", si richiudono in una prigione mentale e morale della quale non troveranno più la chiave: il film si congela su un'immagine fissa della casa e del nuovo inconoscibile dramma che vi si sta svolgendo. Buñuelianamente Fassbinder semina inoltre una serie di indizi che non hanno rilevanza per l'azione, si parla di un misterioso arabo ucciso a Parigi, un cieco appare a chiedere l'elemosina e poi parte guidando una Mercedes, l'ombra di compromissioni col nazismo fa capolino qua e là, ma che concorrono a creare un clima di dubbio e di sfiducia,
destinato a culminare nella "roulette cinese", il gioco che denuda fino in fondo l'ipocrisia dei partecipanti. La vera protagonista del film è comunque la macchina da presa, coreografata da Fassbinder in stupende carrellate circolari e labirintiche tra l'uno e l'altro dei personaggi che, come al solito, sono inquadrati da specchi, vetrate, mobili di materiale trasparente. "È così che la vedo. I riti hanno luogo negli specchi, dove sono spezzati e rifratti, e si spera che queste fratture siano così pronunciate che il pubblico si prepari inconsciamente a spezzare egli stesso riti di quel genere" (Christian Braad Thomsem, int. cit.).
Roulette cinese si presenta come un'eccentrica danza macabra intorno al cadavere decomposto della moralità borghese: un esercizio brillante, anche se discutibile, di metacinema fassbinderiano.

Davide Ferrario, Fassbinder - IL CASTORO CINEMA nov./dic. 1982

Critica (3):

Critica (4):
Werner Fassbinder
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