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Memory Box


Regia:Hadjithomas Joana, Joreige Khalil

Cast e credits:
Sceneggiatura: Gaëlle Macé, Joana Hadjithomas, Khalil Joreige; fotografia: Josée Deshaies; musiche: Radwan Ghazi Moumneh, Charbel Haber; montaggio: Tina Baz; scenografia: Maïa El Khoury, Mary Lynn Deachman, Franckie Diago; arredamento: Louis Cyr; costumi: Lara Khamiss; effetti: Laurent Brett; suono: Guillaume Le Braz, Rana Eid, Olivier Goinard; interpreti: Rim Turki (Maia adulta), Manal Issa (Maia negli anni Ottanta), Paloma Vauthier (Alex), Clémence Sabbagh (Téta), Hassan Akil (Raja); produzione: Haut Et Court, Abbout Productions; distribuzione: Movies Inspired; origine: Francia, Canada, Libano, Qatar, 2021; durata: 102'.

Trama:Montréal. Il giorno di Natale Maia e la figlia Alex ricevono un misterioso pacco proveniente da Beirut. Contiene quaderni, cassette e fotografie, un'intera corrispondenza che Maia, dai 13 ai 18 anni, ha spedito da Beirut alla sua migliore amica rifugiatasi a Parigi per fuggire dalla guerra civile. Maia rifiuta di affrontare quel passato, ma Alex vi si immerge di nascosto. Scopre così, tra fantasmi e realtà, l'adolescenza tumultuosa e appassionata della madre durante gli anni Ottanta e dei segreti ben custoditi.

Critica (1):Montreal, è la vigilia di Natale. Maia riceve dal Libano, da dove era partita molti anni prima, una scatola piena di ricordi, nastri, diari, fotografie. A mandarla è la sua migliore amica, a cui l’aveva affidata prima di lasciare il paese. Ora l’amica è morta e questo terremoto dal passato le ripiomba addosso. La donna è titubante nell’affrontare quella macchina del tempo, ma sua figlia, l’adolescente Alex, vuole invece mettere le mani in quel mondo che non conosce ma che rappresenta le sue radici, desidera vedere la madre con altri occhi, arde di curiosità verso un paese e una storia che la riguarda e che, senza saperlo o volerlo, la ha plasmata.
Inizia così, per la ragazza, un’immersione totale – fatta di oggetti, di suoni, di scritti – in una terra lontana e in una storia comune, di guerra e di vita, di speranza e di disillusione. In Memory Box, Joana Hadjithomas e Khalil Joreige si mettono in gioco utilizzando materiali d’epoca personali: diari e cassette, foto e filmati ci portano nella Beirut degli anni Ottanta, grondante vita e minacciosa di morte, per creare l’immagine in movimento di una generazione. Davanti ai nostri occhi, che coincidono nell’incredulità e nel desiderio di sapere a quelli di Alex, si srotolano i sogni di una gioventù in pericolo, che reagisce con brusca vitalità alla tragedia in corso, che ostenta spavalderia e coraggio, che ama ride e si commuove. Musica e parole, voci e immagini attraversano il film, si riverberano dall’esperienza degli autori ai nostri occhi e alle nostre orecchie. Perché Memory Box è una sorta di narrazione frammentata, come i meccanismi del ricordo, che assume un’unità (e un’unicità) grazie all’attenzione e all’empatia di chi recepisce il messaggio – Alex nel film, noi spettatori dal film – e accoglie a cuore aperto la testimonianza di un tempo apparentemente lontano. L’espressività stilistica è multiforme, sfaccettata, alla ricerca di una continua ibridazione.
La memoria è languida e brutale, ma non cede il passo a un sentimentalismo di facciata, anzi confonde i piani temporali per rendere il racconto un eterno presente. Il passato bussa alla nostra porta – nelle case addobbate a festa per il Natale – come un ospite inatteso, un convitato che sembra di pietra ma che invece è fatto di carne e sangue. Memory Box ragiona quindi per immagini teorizzando una tracciabilità sensoriale: i mezzi di comunicazione, seppur obsoleti, sono trasmittenti tra epoche diverse, tra generazioni che si conoscono poco e che non devono rimuovere o dimenticare. È così possibile per Alex perdersi e fondersi con il passato di sua madre, capirne la storia, accettarne le scelte, ripensare sé stessa. È attraverso il cinema, nelle sue declinazioni più fantasiose (fotografie che prendono vita, pagine di diario che raccontano per immagini), che si tramanda il vissuto, pubblico e privato, di ciascuno di noi, come in una lanterna magica capace di evocare, esorcizzare, esaltare i fantasmi del nostro passato.
Federico Pedroni, cineforum.it, 28/11/2021

Critica (2):

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Critica (4):
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