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Shame - Shame


Regia:McQueen Steve

Cast e credits:
Sceneggiatura: Steve McQueen, Abi Morgan; fotografia: Sean Bobbitt; musiche: Harry Escott; montaggio: Joe Walker; scenografia: Judy Becker; arredamento: Heather Loeffler; costumi: David C. Robinson; interpreti: Michael Fassbender (Brandon), Carey Mulligan (Sissy), JamesBadge (Dale David), Nicole Beharie (Marianne), Hannah Ware (Samantha), Alex Manette (Steven), Mari-Ange Ramirez (Elexis), Rachel Farrar (Rachel), Eric T. Miller (Michael); produzione: See-Saw Films-Film4; distribuzione: Bim; origine: Gran Bretagna, 2011; durata: 99’.

Trama:Brandon è bello, giovane, ha un buon lavoro. Vive a New York, frequenta i posti giusti. Non ha difficoltà con le donne: dalla ragazze che incrocia in metropolitana alla colleghe d'ufficio, in tante sembrano volerlo conoscere meglio. Eppure quest'uomo è infelice perché è malato di sesso. In tutte le sue forme: prostitute di ogni tipo, incontri casuali per strada, perfino gli uomini. Il piacere, però, quasi non c'entra. È solo dipendenza. Che provoca tormento. Disperazione. Vergogna. Mentre Brandon sta cercando di curare la sua logorante dipendenza, l'arrivo della sorella minore nel suo appartamento rischierà di mandare all'aria i suoi propositi.

Critica (1):E proprio la versione inglese della parola "vergogna", Shame, dà il titolo a questo film scandalo annunciato (...), diretto dal regista afroamericano e artista visuale Steve McQueen, applaudito alla proiezione stampa della mattina. Pellicola-shock non tanto per i nudi integrali, frontali e posteriori, del suo protagonista, che vediamo all'inizio; e nemmeno per le varie sequenze hot della parte finale, visto che i festival ci hanno abituati a scene anche più esplicite. La vera provocazione è nella scelta stilistica del regista: far capire allo spettatore, quasi da subito, che ci troviamo di fronte a un caso clinico, a una sofferenza esistenziale. Per traumi familiari che la storia fa intuire ma non spiega mai.
Così, dallo schermo, facciamo conoscenza con Michael e il suo mondo. Apparentemente ordinato, pur nella routine di sesso mercenario, online o occasionale. A sconvolgere tutto è l'arrivo della sorella Sissy (la Carey Mulligan di An education e Wall Street - Il denaro non dorme mai): ragazza sbandata e ferita, reduce da tentativi di suicidio. Legata al fratello da un rapporto di dipendenza, morboso, sul filo dell'incesto. "Non siamo cattivi, veniamo solo da un brutto posto", dice lei a lui, per consolarlo. Ma l'universo di Brandon va comunque in pezzi: tra vergogna, tragedia, cocaina. E disperati tentativi di redenzione.
Un film forte, ben girato, un po' prevedibile in alcuni passaggi, diretto da un autore che aveva stupito tutti col suo esordio, Hunger. E anche quella pellicola era interpretata dall'emergentissimo Fassbender, già visto alla Mostra in A Dangerous Method di David Cronenberg. "Per me è un privilegio essere qui con ben due pellicole, Venezia è speciale", commenta lui. E quanto alla scene hot: "Mi sono sentito poco a mio agio, ma dovevo farle e le ho fatte. Per fortuna, non sono quel tipo di sequenze che vanno provate più volte!".
Il regista, invece, commenta il titolo Shame: "Viene dal fatto che le persone che hanno avuto i problemi simili a quelli di Brandon ripetono continuamente questa parola riguardo alla loro esperienza, 'vergogna'". Poi il significato della storia: "È un film politico-emotivo, parla di come interagiamo, di come è cambiata la nostra sessualità, anche con l'avvento di internet. La libertà, l'accesso a tutto, può diventare una prigione". E infine ammette la sua vicinanza col protagonista: "Lo amo, non è cattivo, è un po' come tutti noi, anche se a volte è difficile da capire. Fa parte del mondo attuale. Familiare a molti, riconoscibile da chiunque". Come dire: non giudicatelo, comprendetelo.
Claudia Morgoglione, laRepubblica.it, 4/9/2011

Critica (2):Dal carcere di Hunger alle aperture solo apparenti di Shame. Lo spazio è ancora opprimente nel cinema del londinese Steve McQueen. Gli interni dell'abitazione ma anche i palazzi sulla strada di NewYork tolgono l'aria. Michael Fassbender (Coppa Volpi a Venezia come miglior attore) dopo essere stato Bobby Sands nella sorprendente opera prima del regista che ha vinto la Camera d'Or al sessantunesimo Festival di Cannes, è Brandon, un trentenne di successo ma incapace di controllare i suoi istinti sessuali. L’arrivo della sorella minore Sissy nel suo appartamento porta a galla un'instabilità faticosamente trattenuta. Quello di Shame è un cinema che gioca ancora una volta sull'interazione tra figura e ambiente, sulle deformazioni visive, sulle diverse angolazioni in cui viene guardato il protagonista. Dalla scultura, alla fotografia al cinema, l'opera di Steve McQueen sembra comunque avere una coerenza, una continuità nel passaggio da un'arte all'altra. Uno sguardo che si sofferma sui dettagli (la seduzione in metropolitana, la masturbazione sotto la doccia) in un'opera sapientemente controllata che però stavolta, rispetto all'esordio, rischia di diventare prigioniera del proprio stile.
Per questo l'energia sembra prevalentemente indirizzata sulla forma, su un'esteriorità evidente, per esempio, nel modo di inquadrare i palazzi dall'esterno, nelle traiettorie geometriche che seguono Brandon mentre fa footing, nell'evidenziare le cicatrici sui corpi come quello di Sissy, dove la disperazione di Carey Mulligan prevale sulla pur invidiabile tecnica di Fassbender. Di lei si vedono il sangue (altro elemento compositivo nel rosso che contrasta sulle superfici bianche del bagno dove si è tagliata le vene) e le lacrime che segnano uno dei rari momenti davvero emozionanti mentre si esibisce come cantante con un'interpretazione di New York New York, frammento da brividi che si prolunga ma che potrebbe non finire mai e che surriscalda un film esemplare e glaciale che rischia di scivolare nel finale in un sospettoso tentativo di normalizzazione.
Simone Emiliani, Cineforum n. 508, ottobre 2011

Critica (3):

Critica (4):
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