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Scarface - Lo sfregiato - Scarface - The Shame of a Nation


Regia:Hawks Howard

Cast e credits:
Soggetto: Armitage Trail; sceneggiatura: Ben Hecht, W.R. Burnett dal romanzo di Armitage Trail; fotografia: Lee Garmes, L. William O'Connell; montaggio: Edward Curtiss, Lewis Milestone; musiche: Shelton Brooks, W.C. Handy; interpreti: Paul Muni (Antonio "Tony" Camonte), Ann Dvorak (Francesca "Cesca" Camonte), George Raft (Guino Rinaldo), Osgood Perkins (John "Johnny" Lovo ), Boris Karloff (Gaffney), Karen Morley (Poppy), Vince Barnett (Angelo), Purnell Pratt (Mr Gastone), C. Henry Gordon (Insp. Ben Guarino); produzione: Howard Hughes; origine: USA, 1932; durata: 93'.

Trama:Nella Chicago degli anni Venti, epoca del proibizionismo, la criminalità organizzata si divide la città per le forniture illecite di alcoolici. Tony Camonte inizia la sua scalata al potere arrivando a salire ai vertici della gang e facendo fuori in modo spietato e sanguinario la concorrenza. Tuttavia, accecato dalla gelosia per la sorella Cesca, commette uno sbaglio e uccide l'amico e complice Rinaldo. Il film è ispirato alle gesta di Al Capone.

Critica (1):[...[ Scarface è la vera storia di Al Capone – ha tenuto a confermare Hawks ("Cahiers", 139, 1963) – Quando chiesi a Ben Hecht di scriverla, gli dissi: «Non vogliamo fare un film di gangsters. Vorrei descrivere la famiglia Capone come se si trattasse dei Borgia di Chicago». Lui mi rispose: «Domani ci mettiamo al lavoro». Abbiamo impiegato undici giorni per scrivere il soggetto e i dialoghi. Siamo stati molto influenzati dall'atmosfera di incesto presente nella storia dei Borgia: abbiamo reso i rapporti tra fratello e sorella chiaramente incestuosi. Ma i censori non compresero le nostre intenzioni, pensavano che questo genere di rapporti fosse troppo "nobile" per poter essere attribuito a un gangster. In una scena Muni dice alla sorella che l'ama. Non abbiamo potuto darle tutto il risalto necessario, l'abbiamo girata in controluce contro una tenda, con la luce che viene dall'esterno. Era una scena troppo intima perchè si mostrassero i volti. Non si potevano correre rischi». Ricostruzione minuziosa dei passi decisivi della "carriera" di Al Capone tra il '20 e il '30 (come Missiaen ha documentato) Scarface è forse, in assoluto, il piú singolare film di Hawks. Esemplare per il rigore con cui concentra l'attenzione sul comportamento dei personaggi, ricavando solo da quello ogni elemento di giudizio, è tuttavia pervaso da un delirante senso del tragico, da un'incombente fatalità di morte. C'è in esso, come ha scritto Missiaen, «quella straordinaria felicità di girare, quell'amore cronico per il cinema e quella apparente disinvoltura che si manifestano in ogni gesto, in ogni immagine e in ogni sequenza. I successi, le mode, i generi sono sempre caduchi: restano solo i film riusciti, espressione sincera delle problematiche e delle idee dei loro autori».[...]
Nuccio Lodato,
Howard Howks, il castoro cinema 1977

Critica (2):Scarface di Howard Hawks può essere considerato il film più rappresentativo dell'intero ciclo dedicate alla malavita. Fin dalla gestazione esso non ebbe una vita facile: da tempo infatti circolava nell'ambiente un vigoroso e brutale soggetto “di denuncia”, opera di Armitage Trail, più o meno direttamente ispirato alla figura di Al Capone, ma nessun produttore osava realizzarlo. Finalmente, dopo il successo di Piccolo Cesare (Little Caesar) e di Nemico pubblico (The Public Enemy) usciti uno dopo l'altro agli inizi del 1931 (l'anno dell'arresto di Capone), Howard Hughes si lasciò convincere e il film venne messo in cantiere nella tarda primavera. Il protagonista, Tony Camonte, è un killer feroce e privo di scrupoli, che costruisce la propria carriera e il proprio destino sulla morte violenta degli avversari; i suoi delitti sono preannunciati da un'aria del “Rigoletto”, “Caro nome”, che egli fischietta con cinica naturalezza e quasi distrattamente: elemento sonoro che si fa via via sempre più agghiacciante (forse una reminiscenza del fischio di un altro mostro: quello di M di Fritz Lang?). La sua psicologia primitiva, mossa dagli istinti meno nobili della natura umana, aspira unicamente a una vita dispendiosa e a donne di lusso, mentre coltiva nel suo intimo – forse inconsapevolmente – un'insana passione per la sorella Cesca. Il risvolto incestuoso del personaggio culmina con l'uccisione dell'uomo che egli è convinto abbia “disonorato” la sorella, e nel finale, quando Cesca, che lo ha raggiunto nell'appartamento “blindato” per vendicarsi, gli muore fra le braccia ed egli la implora di non lasciarlo. Il suo motto, che egli pronuncia nel suo cattivo inglese, pieno di parole e inflessioni italiane, è: «Nel nostro “bissinìs” c'è un solo sistema per evitare dei guai: fallo per primo, fallo da te e continua a farlo»: ma ad onta delle vanterie e della sfida continuata nei confronti della polizia (si ricordi la sua risata isterica mentre scarica il mitra dalla finestra, urlando: «Mai avere paura! Volete prendere Tony Camonte? Gliela faremo vedere! Li fregheremo tutti! Fregheremo tutto il mondo!»), quando alla fine si vede perduto, quasi soffocato dal gas, implora i poliziotti perché gli risparmino la vita. Sul suo cadavere la tragica ironia dell'insegna luminosa: “II mondo ai vostri piedi”.
A dare vita a un personaggio così complesso venne chiamato un attore di teatro già sulla breccia (aveva infatti interpretato due film alla Fox), ma in attesa di una definitiva consacrazione: Paul Muni. L'attore, particolarmente portato alla caratterizzazione, riuscì a calarsi miracolosamente nella figura di Tony, rivelando in maniera completa e indiscutibile il suo forte temperamento. Ancor oggi la sua maschera virile e decisamente di taglio latino, sottolineata dal lungo sfregio sulla guancia sinistra, l'eleganza pacchiana e i capelli impomatati secondo la moda, il sorriso insinuante e sfacciato nel corteggiare una donna, è carica di una sua infida e sinistra simpatia che rammenta quella di un Valentino vistò come attraverso una lente deformante, al limite della caricatura.
Realizzato all'insegna di un realismo spinto all'eccesso, il film dovette registrare, nel corso della lavorazione, qualche sgradevole incidente, specie per l'uso di autentici proiettili durante le frequenti sparatorie: viene di solito ricordato a tale proposito il ferimento del fratello di Harold Lloyd, il quale, in visita agli studi, perse addirittura un occhio per aver voluto osservare una scena a distanza ravvicinata.
Le difficoltà più grosse, comunque, furono quelle incontrate con la censura. A parte la violenza e il sadismo di cui sono permeate non poche sequenze, vi è nel film una componente di erotismo, più o meno esplicita, di un'audacia assolutamente insolita nel cinema americano dell'epoca: basti pensare al già ricordato rapporto fra Tony e la sorella. Fatto sta che l'Hays Office preposto alla revisione e alla censura della produzione cinematografica rifiutò in un primo tempo di concedere al film il permesso di circolazione, ritenendo che esso non esprimesse abbastanza chiaramente una condanna dei personaggi e della vicenda. La censura pretese anzitutto un'aggiunta di inequivocabile significato al titolo, che divenne così Scarface, The Shame of a Nation, ovvero Lo sfregiato: la vergogna di una nazione. Quindi furono inserite un paio di “tirate” verbose e didascaliche fatte pronunciare al direttore di un giornale e al comandante dei detectives (rispettivamente gli attori Tully Marshall e Edwin Maxwell). Gli incontri e i colloqui di Tony e Cesca furono lievemente ritoccati (sono evidenti certi piccoli tagli di dialogo nelle scene più scabrose, non imputabili certo a una cattiva regia), mentre venne persino realizzato un altro finale – adottato in alcuni stati – in cui Camonte veniva processato e giustiziato, con un attore visto di spalle al posto di Muni, che si era rifiutato di parteciparvi e che nel frattempo era tornato al teatro. Tutto questo per stigmatizzare agli occhi del grosso pubblico, altrimenti morbosamente affascinato dalla figura del fuorilegge, il significato più autentico di un film che doveva rappresentare, prima di ogni altra cosa, una condanna esplicita e precisa nei confronti dei personaggio e delle sue gesta.
Nonostante tutto, Scarface può considerarsi senza ombra di dubbio il culmine del filone gangsteristico, per raffinatezza formale e intensità poetica. Sulla tragedia di Tony Camonte aleggia ancor oggi, dopo tanti anni, quella profonda pietà che solo la grande arte riesce in casi del genere a suscitare: ma capire una tale lapalissiana verità era forse chiedere troppo ai funzionari dello Hays Office del 1932.
da Cinema. Grande storia illustrata, De Agostani Novara, 1981

Critica (3):

Critica (4):
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